Bozzarelli: «Alcuni quartieri, come le Crispi e la collina est, si sono mostrati più propensi al cambiamento. In altri, vedi Gardolo e Meano, è prevalsa la paura e la sensazione di essere “periferia”. Le persone si sentono meno incluse. Pesano le dinamiche economiche e la mancanza di fiducia nel futuro. In primis dunque la politica e il Pd devono interagire con chi vive queste problematiche».
S. Voltolini, "Corriere del Trentino", 6 dicembre 2016
Uno schiaffo alla riforma costituzionale Renzi-Boschi e al presidente del consiglio che l’ha promossa arriva — a livello cittadino — da Gardolo, Meano e altri sobborghi. Le prime due circoscrizioni registrano le percentuali maggiori del no, rispettivamente 58,68 e 58,71%. Bocciano il progetto, in un voto diventato «politico» anche a livello locale, Bondone (55,80%), Sardagna (53,38), Ravina-Romagnano (52,92), Mattarello (52,85). Il sì prevale solo nella collina est (Argentario, Villazzano, Povo dove raggiunge il 55,11%). E il fondovalle si divide tra favorevoli (San Giuseppe-Santa Chiara) e contrari (Centro storico-Piedicastello). È la lettura geografica, «di classe» e generazionale che emerge dal voto al referendum di domenica.
Sui significati del voto si confrontano, da posizioni opposte, gli esponenti di maggioranza e opposizione in consiglio comunale. «È una sconfitta del centrosinistra autonomista e del sindaco — attacca Andrea Merler (Civica) —. Hanno voluto che il referendum fosse su di loro e sono stati sonoramente bocciati». L’affluenza in città è stata del 77,06%, di poco superiore alla provincia (76,82%) e di molto a tutto il Paese (68,48 %). Complessivamente, nel capoluogo si sono espressi per il sì il 48,99% dei votanti, per il no il 51,01%. Il raffronto provinciale è 45,70 e 54,30%. Quindi, la città è tra i territori che in Trentino hanno retto di più «l’ondata» anti-renziana. Ci sono però divergenze marcate sul territorio.
«Quando i cittadini sono liberi di votare, senza condizionamenti e interessi locali, bocciano il centrosinistra. Ne abbiamo una conferma», prosegue Merler, capogruppo in Aula della Civica e espressione del centrodestra. «Fortunatamente, non è passata la svendita della nostra autonomia che volevano attuare. La vittoria del no — aggiunge — è netta nelle parti di città abbandonate dal centrosinistra. Al contrario, il sì ha prevalso nella parte più salottiera, vicina all’establishment locale che si è sbilanciato per la riforma».
Anche Paolo Negroni, capogruppo dei grillini, è tra i soddisfatti. «Siamo contenti per come è andata in Trentino e nel capoluogo, dove il no ha vinto, anche se di poco. Ci siamo sforzati molto con il camper tour, per informare nel merito della Costituzione. I cittadini hanno risposto dando un giudizio competente sulla riforma». Per Negroni, la «geografia» delle urne in città dice una cosa precisa: la bocciatura è stata più forte nelle circoscrizioni più giovani, come Gardolo e Meano. Hanno pesato le nuove generazioni e gli studenti. Non credo infatti che sia una risposta dettata dalle paure, per l’immigrazione ad esempio. A Meano infatti gli stranieri sono pochi». Negroni legge il risultato in chiave nazionale: «A livello locale cambierà poco, bisognerà vedere dai prossimi sviluppo. A livello centrale, come movimento 5 stelle dobbiamo rimboccarci le maniche e fornire una proposta di governo credibile, rassicurante. Il voto su Renzi è stato determinato dalla sua arroganza, dal voler fare da solo».
La «sberla» data dagli elettori a Renzi l’hanno sentita bene in casa Patt. E il tema è rimbalzato nella riunione della giunta comunale, ieri mattina, nella quale gli assessori hanno manifestato le loro impressioni. «Abbiamo perso una bella occasione per l’autonomia» afferma Tiziano Uez (Stelle alpine), responsabile per sport e semplificazione. «Certo, nessuno si aspettava una sconfitta così netta. Venti punti di differenza sono un’enormità. È stato un voto contro, per vari motivi, e proveniente anche dai giovani. Su questo i partiti devono farsi delle domande e rispondersi. Non credo però che ci siano riflessi sul Comune».
Per Elisabetta Bozzarelli, coordinatrice cittadina dei dem e portavoce della mozione di minoranza al congresso, il voto indica i luoghi da cui deve ripartire il partito. «Alcuni quartieri, come le Crispi e la collina est, si sono mostrati più propensi al cambiamento. In altri, vedi Gardolo e Meano, è prevalsa la paura e la sensazione di essere “periferia”. Le persone si sentono meno incluse. Pesano le dinamiche economiche e la mancanza di fiducia nel futuro. In primis dunque la politica e il Pd devono interagire con chi vive queste problematiche».
Bozzarelli guarda al suo partito: «Non si inizi la caccia alle streghe al nostro interno, ma si lavori per ricostruire, soprattutto per i giovani. Il Pd deve riprendere a essere l’architrave della coalizione, stando dentro la gente. Serve quella piattaforma programmatica e politica che dal congresso ancora manca». Riferendosi al segretario Gilmozzi conclude: «Vogliamo scriverla assieme».
«Impegnati sulla riforma, ma non è bastato» Andreatta: è stata una valanga contro Renzi
«Gli esponenti del Pd e della coalizione hanno girato tanto, nel territorio, per spiegare ai cittadini il senso della riforma. Se non hanno fatto breccia è per le dinamiche del referendum che, come per le Politiche, sono nazionali. Inoltre, nel no è finito di tutto ed è stato un voto contro Renzi, a prescindere». Alessandro Andreatta, sindaco di Trento e promotore del sì, prova a analizzare quello che innegabilmente è stato un passo falso del centrosinistra autonomista, a Trento come in provincia. La coalizione ha sostenuto la riforma in nome delle concessioni alle Speciali ma si è trovata una provincia allineata al sentimento del Paese.
Si aspettava una vittoria così netta del no?
«Pensavo che al massimo avrebbe raggiunto il 55%. Renzi, probabilmente sbagliando, ha caricato il voto di significato politico. Tuttavia, che vincesse il no 60 a 40 lo si poteva immaginare guardando le forze in campo. Si poteva immaginare che alcuni cittadini in disaccordo con i partiti di riferimento avrebbero colto gli elementi di novità della riforma, ma così non è stato. Bisogna poi dire che il premier si è dimesso, in coerenza. Un fatto raro».
Oltre al leader pd ha perso anche il centrosinistra locale?
«Non direi. Più che un voto dell’Italia e del Trentino anti-riforma, è stato un pronunciamento contro, a prescindere. Si è colta l’occasione per fare uno sgambetto al premier. C’è chi non era d’accordo con le sue politiche, oppure con le riforme o ancora con il suo stile. E si è coalizzato un insieme variegato, fatto da centrodestra, 5 stelle, sinistra radicale».
Non è che così si sfugge a un esame sull’operato della coalizione, anche a livello cittadino?
«Io terrei separate le due cose. Le consultazioni provinciali e comunali non si possono confrontare con appuntamenti nazionali, come appunto il referendum e le Politiche, che hanno dinamiche proprie e un dibattito basato sui media centrali. Se proprio vogliamo farlo, il centrosinistra provinciale aveva preso di più. Io stesso sulla città ho ottenuto il 53,7% delle preferenze. La lettura “elettorale” dice che non c’è stato un crollo delle preferenze della maggioranza. Ma è difficile confrontare il consenso in momenti così diverse».
Nel capoluogo, il no è stato maggioritario a Gardolo, Meano e altre aree lontane dal centro. Segno di una «protesta delle periferie»?
«Anche qui è difficile dare una lettura. Non mi sembra che le percentuali siano tali da far presagire in modo marcato una protesta, di vario segno».
Il centrosinistra autonomista resiste nella sua specificità?
«Qui esiste una peculiarità del contesto che a livello nazionale manca. Là non ci sono forze come Patt e Upt».
La sconfitta di Renzi rischia di riaprire gli scontri interni al Pd trentino?
«Non credo. Gli esponenti del partito, come quelli della coalizione, si sono spesi per la riforma sul territorio. Se non hanno fatto breccia è per i motivi che ho esposto. Il Pd rimane centrale. A livello nazionale io penso, a differenza di Renzi, che il partito non possa stare alla finestra. Dovrà dare un’indicazione sia su un’eventuale nuova riforma costituzionale che, soprattutto, sulla legge elettorale. I dem hanno un terzo del consenso nel Paese. Portano una responsabilità e non possono sottrarsi sulle proposte. Quanto a Mattarella, conoscendolo penso che farà di tutto per arrivare alla scadenza naturale del voto».