La riforma costituzionale rappresenta un passaggio di fondamentale importanza per il futuro della nostra autonomia. La riforma si inserisce in un contesto, quello dei rapporti tra lo Stato e le Regioni, sfibrato dalla grande conflittualità seguita alla riforma costituzionale del 2001, in cui il rapporto tra i livelli di governo è stato regolato più dalle sentenze della Corte costituzionale che non da una dialettica sussidiaria e collaborativa.
Lucia Maestri, 28 novembre 2106
Le novità della riforma per le regioni ordinarie riguardano soprattutto una maggior chiarezza nel riparto delle competenze con lo Stato, una riacquisizione da parte dello stesso delle competenze di livello territoriale superiore - come quella relativa alle reti infrastrutturali nazionali - e la possibilità di acquisire - per le sole Regioni con i «conti in ordine» - nuove competenze attraverso legge ordinaria, ampliando così i propri spazi di autonomia. Un'autonomia che le regioni ordinarie, anche a guida leghista, quasi mai hanno cercato di ampliare, relegando il federalismo a una simbologia politica e identitaria che ben poche volte si è tradotta in prassi istituzionale.
La traiettoria seguita dal Trentino - grazie a importanti intuizioni politiche - è stata profondamente differente e orientata all'ampliamento della nostra autonomia. Tale traiettoria sarà ulteriormente supportata dalle previsioni della riforma costituzionale sottoposta a referendum, in quanto si riconosce anche alle Regioni e Province autonome la possibilità di acquisire nuove e ulteriori competenze attraverso la procedura «veloce» prevista dal nuovo articolo 116.
Grazie a una clausola di salvaguardia, le novità che la riforma costituzionale introduce per le Regioni ordinarie non si applicheranno alle Regioni a Statuto speciale e alle Province autonome. Queste sono chiamate alla revisione dei propri Statuti di autonomia attraverso una procedura di «intesa» con lo Stato, nell'ambito della quale sarà possibile ampliare il ventaglio delle competenze e delle funzioni dirette.
La previsione del cosiddetto «istituto dell'intesa» è di grande importanza, da un lato perché lo Stato non potrà più mettere mano unilateralmente alla nostra Carta fondamentale - come è invece possibile oggi - dall'altro perché, come sottolinea il senatore Palermo, «il significato ultimo e più profondo della specialità va individuato proprio nella cooperazione paritetica tra la Regione e lo Stato nella gestione della dinamica autonomista».
Il processo di revisione statutaria, già avviato con l'istituzione della Consulta per la riforma dello Statuto, è la chiave per progettare il futuro della nostra terra, chiamata - come sostiene il professor Woelk, che della Consulta è il vicepresidente - non già a «una strategia di mera difesa che ridurrebbe gli spazi delle autonomie speciali», ma a sfruttare il processo di revisione statutaria per «mettere in evidenza il loro potenziale in termini di capacità ed efficienza politica e amministrativa», agendo con una «logica sostanzialmente federale».
Il combinato della riforma costituzionale e del processo di revisione statutaria costituisce una grande occasione di sviluppo e ampliamento della nostra specialità; uno sviluppo che dipenderà non solo da ragioni storiche e identitarie, ma anche e soprattutto dalla capacità culturale, politica, economica e amministrativa di agire in un'ottica laboratoriale e di rappresentare un esempio positivo di autogoverno per l'Italia e per l'Europa. Per il Trentino è un'occasione unica, che non possiamo e non dobbiamo perdere; un'occasione che solo il Sì al referendum del 4 dicembre può rendere possibile e praticabile.