«Quello che sta accadendo al Sait è il segnale che è necessario chiedere all’intero sistema della Cooperazione una riflessione su come cambiare. E’ evidente che una fase è un finita e si deve capire come andare oltre questa fase, coniugando i valori della cooperazione con efficienza e produttività».U. Cordellini, "Trentino", 16 novembre 2016
L’assessore al Lavoro e alla Cooperazione della Provincia di Trento, Alessandro Olivi mette subito il dito sulla piaga: i 130 esuberi dichiarati dal Sait sono un campanello d’allarme per tutto il sistema cooperativo trentino. E tutto il sistema deve trovare il modo di riformarsi.
Assessore Olivi, la crisi del Sait con 130 esuberi rischia di avere conseguenze imprevedibili. La Provincia che linea ha? Io penso che, in questo momento, il vero confronto sia quello tra le parti. Non si deve commettere l’errore di invocare la politica. Certo tutto deve svolgersi nella massima trasparenza e il Sait deve avanzare la proposta di un piano strategico serio perché non è che possiamo immaginare solo di tagliare senza costruire. Auspico che Sait abbia idee. Bisogna capire quale idea ha per i prossimi 10 o 15 anni. Sait deve avere un proprio progetto di ristrutturazione della sua funzione.
I vertici del Sait dicono che il taglio dei dipendenti serve a recuperare efficienza e produttività. Lei che ne pensa? La parola produttività non può essere equivalente a riduzioni di costi. Per me produttività non è solo tagli, ma è soprattutto produrre meglio.
Questo a maggior ragione in un sistema come quello della cooperazione che ha finalità ben diverse da quelle dell’impresa di capitali. In un sistema come quello della cooperazione deve avere valore anche la dimensione mutualistica. Per questo io penso che la produttività deve essere di sistema e non solo di una parte della cooperazione. Per questo dico che è necessaria una riflessione globale su come recuperare efficienza. Si deve riflettere tutti insieme. Non è che facciamo un passo per volta, prima la cooperazione di consumo, poi le banche e poi chissà cosa altro, mano a mano che i nodi vengono al pettine. La cooperazione deve avere la capacità di anticipare i tempi ed elaborare un piano per il futuro di tutto il sistema.
Tornando al Sait, lei che ne pensa della volontà di tagliare. Si può fare qualcosa di diverso? Io penso che sia positiva la volontà di non incidere sulla rete di vendita. Da questa volontà si deduce che il Sait non ha intenzione di risparmiare a qualsiasi costo, ma che vuole essere più efficiente. Serve, però, un progetto, un piano complessivo sul futuro a medio-lungo termine. Il sistema delle cooperative di consumo ha saputo anche assicurare una presenza sul territorio. Non dimentichiamo che mantenere in vita negozi in paesi di montagna è molto più costoso che aprire grandi supermercati solo nei centri più popolosi. La cooperazione di consumo ha assicurato un servizio che è anche sociale. E questo ha avuto un costo. Di questo non ci si deve dimenticare. Per anni sono state trovate le strategie per resistere. Adesso è venuto a galla questo problema. Ma la soluzione non sta mai solo nei tagli.
Ma cosa si deve fare adesso? Questo è il segnale che è necessario chiedere alla cooperazione una riflessione vera sul futuro, ma non sul futuro del Sait o delle Casse Rurali. Ci vuole una riflessione di sistema. La cooperazione deve capire come portare maggiore efficienza e produttività mantenendo i valori mutualistici. Ci vuole un dibattito a tutti i livelli nel sistema cooperativo su come questo sistema può andare oltre. E’ evidente che una fase è finita e che si deve traghettare tutto il sistema verso una fase nuova.
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