«Se al referendum vince il no, l’Italia sarà più debole in Europa». Parola di Gianni Kessler, direttore generale dell’ Olaf, il dipartimento anti frode della Commissione Europea. In questo colloquio da Bruxelles si è parlato, inevitabilmente, anche delle recenti elezioni Usa.
G. Tessari, "Trentino", 12 novembre 2016
Dottor Kessler come valuta la partita del referendum dal suo osservatorio europeo? «Chi vive e lavora qua a Bruxelles, al di fuori dagli interessi e dalle "tifoserie" politiche (che qui per fortuna non contano), ha un’idea: quella che l’Italia ha un’occasione di aggiornare, modernizzare, il suo sistema di decisioni democratiche. Di farlo con una riforma di cui si parla e che si tenta di attuare da 30 anni. Il sistema decisionale, come previsto nel 1948, risulta a tutti bisognoso di un aggiornamento. Il 4 dicembre è dunque visto come l’occasione in cui questa riforma si riesca a realizzare. Seguendo il dibattito di quanto avviene in Italia si ha il timore che questo passaggio si tramuti in un’occasione persa: un’eventualità che si rifletterebbe negativamente sull’immagine e dunque anche sul ruolo che il nostro Paese può esercitare in Europa».
Ci sono dunque, a suo modo di vedere, due valenze legate al votare sì al referendum... «Sì. C'è un'occasione di riforma, positiva. Dall'altra se la riforma non dovesse passare non c'è solo un'occasione mancata. Ma c'è l'idea che si tradurrebbe anche in un notevole indebolimento dal punto di vista politico per il governo italiano. Questo potrebbe indebolire anche il ruolo e l’autorevolezza del nostro governo in Europa oggi. Voglio aggiungere un altro aspetto».
Dica pure dottor Kessler. «In questi ultimi 2/3 anni, in particolare in quest’ultimo anno, il governo italiano ha un ruolo di primo piano nel Consiglio dell’Unione Europea, dunque nella Ue. L’Italia ha un ruolo di leadership, per varie ragioni. Per la forza di un governo europeista e con un leader, il presidente Renzi, che qui fa sentire la sua voce in modo molto chiaro. Ha alzato il volume ma anche la sua influenza. Il governo italiano è forte anche elettoralmente: le elezioni europee lo hanno rafforzato molto. E questo soprattutto di fronte ai partner europei. Se vogliamo questo avviene anche per una relativa debolezza politica degli altri governi, per varie ragioni. Non solo».
A cosa si riferisce? «Quello italiano è anche uno dei governi più europeisti. E sta cercando, anche in questo momento delicato tra Brexit, adesso Trump, e Putin, e di fronte alle grandi sfide dell’immigrazione e della sicurezza, di fare adottare una linea europeista coraggiosa. E questo avviene anche sui temi che seguo io più direttamente in Commissione, come l’istituzione di un procuratore europeo, la legislazione sull’anticorruzione, sull’antifrode. L’Italia anche su questo spinge per le soluzioni più avanzate, più coraggiose e più europeiste».
Lei è stato osservatore Osce alle elezioni Usa. E’ rimasto sorpreso dall’affermazione di Donald Trump? Come si sente di commentarla? «Per me non è stata un’enorme sorpresa. I segnali di una debolezza del candidato democratico c’erano tutti. Più che vinta da Trump questa elezione mi sembra persa dalla Clinton. In ogni modo oggi c’è un nuovo presidente e sicuramente, dal nostro punto di vista, c’è un certo fattore di imprevedibilità: in campagna elettorale, anche se è un momento diverso ed ora concluso, Trump ha detto molte cose, anche contraddittorie».
Quindi? «Attendiamo le prime mosse del nuovo presidente: per quanto riguarda le relazioni con l’Unione Europea c’è grande incertezza, anche perché tutta la nuova amministrazione Usa è tutta da creare. Per noi Europa è una grande sfida: non ci si potrà più cullare nelle sicurezze di rapporti precedenti, privilegiati, gli Stati Uniti. Trump può essere una sfida ulteriore, oltre all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione: sono fatti che debbono spingere l’Europa ad uno sforzo comune ancora più concreto.