Per archiviare una bella stagione politica, che fra le molte cose fatte ha avuto anche il merito di aver preservato il Trentino dal “ventennio” berlusconiano, ci possono essere molte strade, ma di sicuro quella oggi proposta da Daldoss & c. a mio avviso è l’unica che non deve essere percorsa se davvero si vuole guardare al futuro seriamente.
Alessio Zanoni, 10 novembre 2016
Che il centro sinistra autonomista, così com’è ridotto, non abbia più nulla di propulsivo da proporre lo si è colto già da tempo e le primarie di coalizione, incentrate sulla figura dei colleghi assessori per la scelta del proprio candidato Presidente, hanno segnato definitamente questo processo involutivo.
Con il senno di poi, e senza nulla togliere ai singoli che si sono confrontati, è fin troppo facile leggere in quella scelta dei Partiti di coalizione la mancanza di novità e di freschezza di idee da mettere in campo per un nuovo progetto virtuoso che potesse rilanciare l’Autonomia trentina.
Proprio perché sono pienamente convinto di questo stato di crisi che imperversa sulla coalizione, in parte frutto amaro delle difficoltà che gravano in tutti e tre i Partiti di riferimento(chi a causa delle costanti divisioni interne come l’Upt, chi alle prese con l’effetto boomerang della propria campagna acquisti come il Patt, chi cronicamente incapace di fare sintesi al suo interno come il Pd), sono altrettanto convinto che non si possa sanare questa situazione con la ricetta di cui Daldoss oggi si fa paladino e che altro non è che una vecchia alchimia, che non la si può nemmeno definire politica, che ha solo l’unico scopo di far tornare i calcoli matematici della prossima tornata elettorale.
Il disegno di Daldoss non è certo uno sforzo culturale, che ora sarebbe quanto mai necessario, per dare risposte alle domande dell’oggi perché non ha un’anima; non è un progetto politico che possa stare in piedi a lungo, perché non ha fondamenta nuove; non può nemmeno essere un disegno che affascina, ma è al massimo un triste quadro a tinte offuscate dove a risaltare è solo la pesante cornice che rappresenta il recinto entro li quale si tenta di racchiudere sempre più soggetti per la paura di perdere ciò che, nelle condizioni in cui si trova oggi la coalizione, pare essere l’unica cosa che interessa: il potere fine a se stesso.
L’esercizio del potere, perché abbia un’accezione positiva, a monte deve avere un progetto politico dal quale far nascere un programma di governo orientato al raggiungimento di obbiettivi avvallati dall’elettorato.
Qual è il disegno politico di Daldoss & c.? su quali idee si fonda? Ad oggi mi pare che nulla sia stato detto o scritto. Certo è che se questo disegno lo si deve immaginare anche solo interpretando le sensibilità dei nuovi soggetti che mira ad aggregare, di loro conosciamo i trascorsi e le “sensibilità” politiche, io non riesco ad immaginare nulla di buono rispetto a ciò che da sempre deve contraddistinguere la visione politica del centro sinistra e che sicuramente va semmai rafforzata nei sui valori di fondo e non certo indebolita per allargare la cornice del quadro di riferimento.
Richiedenti asilo, immigrati, edilizia popolare, il sociale, la cultura, l’ambiente… questi sono i temi che vanno rilanciati con forza se si vuole interpretare nel modo giusto questa stagione sociale. Questo è ciò che chiedo al mio Partito; oggi più che mai il Pd non deve abbassare la guardia su questi argomenti e non lo può fare certo per assecondare le sirene di Daldoss o per compiacere ai suoi futuri compagni che mi risulta abbiano ben poco da condividere su questi temi che per noi sono da sempre dirimenti nel nostro agire.
Già troppe volte in questi anni abbiamo dato segni di “lassismo” politico proprio per non disturbare “il manovratore” e se oggi le ricette che il suo “braccio destro” ci riserva sono queste, sono propenso a pensare che vi sia da parte loro la volontà di offuscare la nostra identità o forse il desiderio, per la verità da loro sempre coltivato, di poter fare a meno del Pd nel prossimo futuro.
Potrà sembrare strano ma a mio avviso non è certo su queste esternazioni di Daldoss che oggi vanno orientate le preoccupazioni dei nuovi dirigenti provinciali del Pd. Ciò che serve davvero al nostro Partito è recuperare appieno il concetto della libertà del proprio pensiero al fine di aprire subito una fase nuova nella quale rimarcare tutti assieme la nostra identità politica, le nostre idee di futuro, i nostri obbiettivi da raggiungere.
Solo dopo questa attenta riflessione e la sua giusta sintesi dovrà arrivare il momento della condivisione, al fine di capire chi sarà con noi e chi invece prenderà strade diverse, ma non è detto che così facendo non possa nascere una stagione nuova che possa contare su nuove alleanze e nuovi compagni di viaggio più coerenti con il nostro progetto di futuro.
In sintesi credo che questa possa essere una strada virtuosa se si decide di archiviare oggi quella lunga stagione politica che è nata dalla crisi della prima Repubblica e che ci ha condotti fino a qui mantenendo nuovamente immutato nello spirito, un po’ come l’Araba Fenice che ogni volta rinasce dalle sue ceneri ma non tradisce mai i suoi ideali di fondo, il nostro modo di pensare la Politica.