Referendum, la promessa di Guerini «Intesa, al lavoro fin dal 5 dicembre»

«Non stiamo giocando a briscola. Nella riforma costituzionale c’è la clausola dell’intesa con le autonomie speciali per la riforma degli statuti, mentre nell’attuale Carta non è prevista. E la commissione Bressa, che definirà i contenuti dell’intesa dopo il referendum, sta facendo un lavoro serio. Mi sento di tranquillizzare su questi esiti, giocare con le paure non è corretto».
A. Papayannidis, "Corriere del Trentino",8 novembre 2016

 

Lorenzo Guerini si definisce «un tranquillante vivente» e ieri, nel suo tour referendario a Trento, ha speso più di una parola per garantire l’autonomia speciale del Trentino Alto Adige, incontrando i segretari il governatore Ugo Rossi e i segretari della coalizione impegnati per il «sì».

L’alternativa

Il vicesegretario democratico lo dice chiaro: «Il 4 dicembre non scegliamo tra due riforme. Scegliamo tra una riforma che modernizza il Paese e il mantenimento dello status quo. Chi dice di votare no promettendo di fare un’altra riforma in sei mesi, dice una baggianata. Non ci sono né i tempi, nè le condizioni politiche per farlo : il fronte del no è eterogeneo, tenuto insieme solo dall’opposizione a Renzi. Ma il governo è una cosa diversa rispetto alla riforma costituzionale». Secca la stoccata a quelli che, compresi alcuni democratici, sono contrari alla riforma costituzionale: «Questa riforma è stata votata sei volte dal Parlamento e il Pd l’ha sempre sostenuta all’unanimità. Chi ha cambiato opinione, spieghi perché». Poi, riferendosi al Pdl: «Si sono alzati dal tavolo e hanno votato no; noi siamo andati avanti non per arroganza, ma per senso di responsabilità: ammodernare il Paese, fornire a chi governa gli strumenti per farlo, dimostrare che l’Italia fa sul serio e che la politica è capace di autoriformarsi».

L’autonomia

Il fronte del no parla di «riforma centralista», ma Guerini ribalta il discorso: «Questa riforma rafforza l’autonomia, non la reprime. Con il nuovo Senato, i territori entrano nel processo legislativo sulle loro materie, inoltre rafforza le autonomie speciali inserendo in Costituzione l’intesa. Con l’attuale Carta, il parlamento può modificare gli statuti di autonomia; con la riforma serve l’intesa. Senza il consenso del Trentino non si può intervenire». Sì, ma uno degli aspetti dirimenti è capire come sarà definita l’intesa e cosa succederà se l’intesa non c’è. Ne discute da un anno e quattro mesi una commissione presieduta da Gianclaudio Bressa, che ha rinviato gli esiti a dopo il referendum, suscitando timori anche in regione. «Non stiamo giocando a briscola — dice Guerini — C’è un lavoro serio da parte di una commissione presieduta da Bressa, che rappresenta il governo. Il governo è per la valorizzazione delle autonomie speciali, dunque giocare con le paure non è corretto. Mi sento di tranquillizzare chi ha i timori».

«Fuori, fuori»

«È stato un errore urlare “fuori, fuori” ai contestatori della Leopolda — aggiunge il vicesegretario del Pd — Ma quanto avvenuto segnala un disagio nella nostra base, che non capisce certe differenziazioni. Quando Renzi mi ha dato l’incarico di presiedere una commissione per modificare l’Italicum, subito i sostenitori del no hanno rincarato la dose, quasi a voler abortire il tentativo. La base ci chiede unità e lealtà. Abbiamo fatto una manifestazione a Piazza del Popolo: quando il partito chiama, io rispondo. Le assenze non sono state capite dalla gente».

L’impegno

Italo Gilmozzi, segretario del Pd trentino, ha sottolineato come l’assemblea si sia pronunciato per il sì all’unanimità, anche da parte di chi aveva qualche dubbio. «La ragione del no è mandare a casa Renzi — ha aggiunto Alessandro Olivi, vicepresidente del partito — ma così non si scrivono le regole del gioco». Nell’incontro con i partiti che sostengono il sì (Patt, Upt, Pd, Idv, Socialisti, Ual), Guerini ha ribadito che «il Pd si impegna a rispettare l’intesa e a riempirla di contenuti già a partire dal 5 dicembre. Le speciali potranno diventare un laboratorio per una forma più matura di autonomia». «Ci ha dato le garanzie che chiedevamo», ha detto Franco Panizza, segretario autonomista.

 

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"Voto sulla Costituzione, non su Renzi", C. Bert, "Trentino", 8 novembre 2016

 «No, quel grido “fuori, fuori” della platea della Leopolda ai dirigenti della minoranza Pd non l’ho condiviso. Ma un disagio nella nostra base c’è», confessa il vicesegretario Dem Lorenzo Guerini, ieri a Trento per una delle tappe del tour che lo sta portando in giro per l’Italia per la campagna (in salita) a sostegno del sì al referendum costituzionale del 4 dicembre. «È il disagio - spiega - dei militanti che non capiscono l’atteggiamento di una parte del nostro partito che non ha perso occasione per differenziarsi. Chi ha cambiato idea sulla riforma dopo averla votata sei volte in parlamento, deve avere la responsabilità di spiegare perché». «Io - incalza - sono cresciuto a una scuola politica in cui se il partito chiama, io ci sono, anche se non condivido. Certe assenze in Piazza del Popolo hanno creato sconcerto».

Guerini sbarca a Trento e ad accoglierlo trova anche il governatore Ugo Rossi arrivato nella sede Pd per un saluto. Tra i Dem trentini, dove non mancano le lotte intestine, lo scontro sul referendum è rimasto però dentro toni civili. Solo due i no ufficiali - del presidente del consiglio provinciale Bruno Dorigatti e dell’assessora regionale Violetta Plotegher - e il segretario Italo Gilmozzi, ricordando che l’assemblea del partito si è espressa all’unanimità per il sì, ringrazia «chi legittimamente qualche dubbio lo aveva ma lealmente sostiene la riforma». Decisamente più tagliente, verrebbe da dire più renziano, il vicepresidente della Provincia Alessandro Olivi: «Alle forze politiche spetta la responsabilità. Qui non si sceglie tra questa riforma e un’alternativa, l’alternativa non c’è. L’Italia è a un punto di svolta, può diventare una democrazia che decide. Dall’altra, dalla minoranza Pd alla destra a Grillo, l’unica ragione che unisce il fronte del no è mandare a casa Renzi. Ma non si riscrivono le regole con questo obiettivo. E comunque, senza questo governo, l’Italia è di fronte a un’involuzione».

LO SCONTRO NEL PD. Il giorno dopo lo strappo della Leopolda - il durissimo atto d’accusa di Renzi alla minoranza («Sono teorici della ditta solo quando ci sono loro, e dell’anarchia quando ci sono gli altri»), e l’altrettanto dura replica di Bersani («è un Pd che cammina sull’arroganza») - il vicesegretario Dem veste i panni di chi prova a ricucire: «Io sono da sempre un tranquillante - risponde ai cronisti - spero in un confronto maturo e rispettoso delle ragioni degli altri. Nel nostro elettorato c’è una forte adesione agli obiettivi di questa riforma. I nostri militanti ci chiedono due cose: unità e lealtà». Guerini torna sul documento di impegno a modificare la legge elettorale, sottoscritto da Cuperlo ma non da Bersani e dal resto della minoranza (ormai apertamente schierata per il no): «Non mi si può dire che quel documento non conta nulla, lo hanno firmato il presidente del partito, i due capigruppo in parlamento, il rappresentante della minoranza al tavolo (Cuperlo, ndr). Non riconoscerlo è un atto di sfiducia verso il Pd». Il tentativo, sempre più difficile, è di tenere il dibattito sui contenuti della riforma: «Votate sul merito, non su Renzi. Lo dico in primis ai nostri militanti, non immiseriamo questo referendum sulla Costituzione. Il congresso del Pd lo facciamo nel 2017, e sarà un congresso vero»,

RIFORMA O STATUS QUO. «La posta in gioco - incalza il vicesegretario Dem - è tra questa riforma e tenere tutto com’è. Se vince il no non c’è il baratro, ma perdiamo l’occasione di rendere più efficiente il nostro sistema istituzionale, superando il bicameralismo paritario, snellendo il procedimento legislativo e esaltando la responsabilità di chi governa, che sono gli obiettivi di tutti i programmi del centrosinistra. Possiamo dimostrare che la politica è capace di autoriformarsi». A chi dice votiamo «no» e poi in sei mesi facciamo un’altra riforma, Guerini risponde secco: «Dicono una baggianata, il fronte del no non ha un’idea comune». E all’accusa che la Costituzione non si riforma a colpi di maggioranza, la replica è questa: «Troppe volte sulle riforme siamo tornati alla casella di partenza. Ci hanno provato anche questa volta a far saltare il tavolo, ma noi siamo andati avanti, non per arroganza, ma per responsabilità. Questa riforma per una lunga parte del suo cammino è stata votata dai due terzi del parlamento».

AUTONOMIE SPECIALI BLINDATE. Guerini affronta poi il nodo più sensibile in Trentino, il rapporto tra la riforma e l’autonomia. «La riforma rafforza le autonomie, non le comprime. Il Senato diventerà la Camera dei territori, li porterà dentro il procedimento legislativo». Ricorda la garanzia dell’«Intesa»: «Le riforme dello Statuto si potranno fare solo con il consenso delle autonomie speciali, non basterà più una legge costituzionale». Poi, incalzato sul fatto che la commissione Bressa ancora non ha definito il procedimento dell’«intesa», dice di non conoscere nel merito la discussione in corso ma su un punto rassicura: «Il lavoro del tavolo Bressa è un lavoro serio, non giochiamo a Briscola. In questi anni abbiamo dimostrato la volontà di garantire le prerogative delle autonomie speciali»