Non è sorpreso il vicepresidente della Provincia Alessandro Olivi. Di che cosa? Del fatto che i nuovi poveri a Trento siano italiani, attorno ai 50 anni di età e che hanno perduto il lavoro. Lo dice lo Caritas che vede sempre più trentini affollare le mense, in coda per un piatto di pasta.
G. Tessari, "Trentino", 30 ottobre 2016
Olivi, nelle sue vesti di assessore allo sviluppo economico e lavoro, ha avuto questo tipo di feedback? «Io mi fido molto di chi si occupa sul campo di povertà e marginalità in generale. Mi fido di più di tutta una marea di dati, proiezioni che dicono tutto ed il contrario di tutto. E che la nuova povertà sia anche questa anche da noi, è oggettivo».
Chi perde il lavoro a cinquant’anni, inutile girarci attorno, non è facilmente ricollocabile. E non ha troppi strumenti di sostentamento. «Non c’è dubbio. Ma è vero che da noi, in Italia, ci si è tradizionalmente occupati dell’ultimo miglio. Ovvero si interviene quando un’azienda ha già intenzione di licenziare: quando, però, la persona in questione non ha mai fatto un corso d’aggiornamento che sia uno nel corso di tutta la sua carriera lavorativa. A quel punto, obiettivamente, non è facile pensare ad un nuovo inserimento in ambito lavorativo. Anche qui da noi. Occorre intervenire a monte, nel corso degli anni, non solo alla fine»
In Provincia avete strumenti e possibilità in più rispetto ad altre parti. E’ per altro vero che si parla di risorse in calo anche per la manovra finanziaria che state mettendo a punto. «In un recentissimo confronto con il presidente Rossi si è parlato proprio di questo. Non credo sia ipotizzabile, anche a fronte di una possibile diminuzione delle risorse, mettere un segno meno di fronte ad una delle voci di sostegno al welfare, all’integrazione. Da Roma , per dirla tutta, nell’ultima riunione al ministero delle Finanze, ci sono arrivati segnali più tranquillizzanti rispetto a quello che pareva in un primo momento. Ma, comunque fossero andate le cose, non è in queste voci che si sarebbe dovuto andare a risparmiare».
Il mondo del lavoro, le assunzioni a tempo indeterminato, sono legate a triplo filo agli incentivi. Quando calano, o cessano, il segno meno spunta inesorabile. «Il job acts ha avuto un riscontro molto forte sulle assunzioni. La rimodulazione fiscale, una particolare attenzione nei confronti di chi assume, o nel caso dei cinquantenni, di chi riassume è al vaglio anche dei nostri possibili interventi. Con l’Agenzia del lavoro presenteremo presto un modello di intervento che coinvolga non soltanto l’ente pubblico ma che agisca su tre piani: l’azienda, l’Agenzia e la Provincia che potrà, stiamo definendo i particolari, assicurare un particolare regime fiscale all’azienda che riassume, intervenendo sull’Irap. Rimodulandola».
La Provincia, il Comune, lo Stato: redditi di garanzia, integrazione dell’affitto. Se voglimo anche l’assegno di cura. Voci importantissime, anche se non proprio facilissime da gestire, ottimizzare. «Questo è un problema cui noi vogliamo mettere mano. Penso ad una sorta di “cilindro trasparente”, di contenitore in cui fare confluire le diverse risorse in modo appunto trasparente. Per evitare sovrapposizioni».
La povertà è tra chi perde il lavoro e non è più giovane. Ma, assessore, non si può tacere di chi è giovane ed il lavoro non l’ha mai trovato... «Ogni tanto cito la testimonianza di un trentino che, perso il lavoro a 50 anni abbondanti, si era seduto al tavolo per scrivere un curriculum da mandare ad aziende che potessero riassorbirlo. E alzando gli occhi, dall’altra parte del tavolo, ha visto sua figlia, che di anni ne aveva 20 o poco più, che stava scrivendo a sua volta una domada per trovare il suo primo posto di lavoro. Ecco, si parlava di nuova povertà. Viaggia su due ali: quella dei giovani e quella delle persone di mezza età che non hanno più un lavoro».
Resta il tema della famiglia. Sorta di calmieratore sociale cui, per fortuna o perché obbligati, sono in tanti a dover ricorrere. «La famiglia deve, e lo sarà anche nei prossimi anni, essere al centro di gran parte del welfare della nostra amministrazione. Mi ha fatto sorridere, dico la verità, una campagna come quella del “fertility day”. Incitare la gente a fare figli quando non ci sono nidi o la donna che vuole averne non ha delle vere protezione sociali sul lavoro... una campagna insensata. Non aumentare le rette degli asili nido deve essere una sorta di priorità per noi. Garantendo sempre più strumenti per un reale welfare alla famiglia».