Il conteggio dice che a ieri, 25 ottobre, i profughi presenti in Trentino sono 1433 su un contingente complessivo attualmente assegnato dal Viminale di 1474: 1231 sono i migranti arrivati con le quote sulla base degli sbarchi sulle coste del Sud Italia, altri 149 quelli presenti all’interno del progetto Sprar per l’accoglienza dei richiedenti asilo, 53 quelli arrivati per altre strade via terra.
"Trentino", 26 ottobre 2016
Ad accogliere questi profughi, che scappano da guerre e situazioni di miseria, sono in questo momento 38 Comuni trentini su 178. Con semplice sottrazione, significa che 140 Comuni non ne accolgono nemmeno uno. Sono quattro le Comunità di valle ancora a zero: Rotaliana, Paganella, Val di Sole e Valle dei Laghi. E ce ne sono altre ferme a poche unità: 3 in val di Cembra, 4 in val di Fiemme, 5 in Fassa. Da soli i due Comuni maggiori, Trento e Rovereto, ne ospitano 872 (493 nel capoluogo e 379 a Rovereto), la maggior parte concentrati nei due centri di Marco e delle ex Caserme Chiesa. L’autunno non sta fermando il flusso incessante dall’Africa: solo nell’ultima settimana sono 12 mila le persone sbarcate in Sicilia e altre 4 mila sono attese nelle prossime ore. Un’emergenza continua, che si scontra con situazioni paradossali come quella di Goro, in provincia di Ferrara, dove metà paese è sceso in strada a fare le barricate contro l’arrivo di 12 donne e 8 bambini in una struttura individuata dal prefetto. Risultato: i migranti sono stati dirottati altrove.
E in Trentino? Nessun caso Goro, anche se le proteste della Lega si sono fatte sentire un po’ ovunque. «A Baselga di Piné, dove l’arrivo dei profughi era iniziato con una dura protesta - ricorda l’assessore alle politiche sociali Luca Zeni - l’esperienza è finita con una bella pagina di integrazione di cui gran parte del merito va all’amministrazione». «A mano a mano che arrivano le disponibilità di appartamenti di privati - nei prossimi giorni ne immetteremo in circolo una decina - noi sentiamo i Comuni interessati e attiviamo i percorsi», spiega l’assessore. «Nessuno dice “non li voglio”. La scorsa estate noi siamo stati molto chiari, abbiamo chiesto ai sindaci di darci una mano a trovare alloggi, in caso contrario saremo costretti a reperire strutture più grandi, come alberghi. Finora siamo riusciti ad evitarlo e l’arrivo dell’inverno con il calo fisiologico degli sbarchi dovrebbe darci un certo margine per gestire la situazione senza forzature. Ma dev’essere chiaro a tutti che il problema non si esaurirà». «Quello che colpisce - confessa Zeni - è che mentre alcuni amministratori si sono attivati per reperire appartamenti con i privati, altri restano inattivi, sperando che non succeda niente. Ma l’inerzia, in questo contesto, diventa colpevole irresponsabilità».
La Provincia potrebbe decidere, come opzione coercitiva, di suddividere i profughi nelle varie Comunità di valle con numeri rapportati alla popolazione residente. «Finché non saremo costretti dai numeri non lo faremo», assicura l’assessore, «abbiamo scelto una strada diversa, che è quella del coinvolgimento delle amministrazioni e della popolazione. Anche arrivassimo a un migliaio di profughi in più di oggi, sono numeri ancora gestibili per un territorio come il nostro. Ma lo sono se ognuno fa la sua parte, se la distribuzione avviene per piccoli gruppi, perché tutti sappiamo che con numeri alti l’integrazione diventa più difficile. Per questo vogliamo sgravare un po’ le strutture di prima accoglienza di Trento e Rovereto». Anche se, per stare tranquilli, nel bando per i servizi di accoglienza, la capienza prevista è stata aumentata. L’emergenza, del resto, è lontana dall’essere risolta.