«A me non è arrivata ancora alcuna richiesta di dimissioni di Donata Borgonovo Re dal ruolo di presidente». A poche ore dall’inizio del coordinamento del Partito democratico del Trentino, gli annunci e le ipotesi dei giorni scorsi non si erano ancora tradotti in un atto formale. A spiegarlo è il segretario del partito Italo Gilmozzi, chiamato a gestire un confronto che si annunciava tra i più caldi degli ultimi mesi in seguito all’astensione dal voto per la mozione delle minoranze sulla riforma delle residenze sanitarie assistenziali (Rsa) dell’ex assessora, nonché dei consiglieri Mattia Civico e Violetta Plotegher.
A. Rossi Tonon, "Corriere del Trentino", 21 ottobre 2016
Si partiva da qui e dall’incontro chiarificatore tra Borgonovo Re e Zeni che Gilmozzi avrebbe voluto convocare, ma che non si è ancora svolto. Pare per volontà delle parti, con il benestare di più di un membro del partito che non ritengono il colloquio riservato la via migliore e più matura per sciogliere i nodi e rasserenare le parti. L’assessore provinciale spiega che gli accordi finali sono stati di «vedersi al coordinamento e parlarne lì» ponendo come obiettivo «di chiarire bene cosa stiamo facendo, la linea che il partito sta seguendo». Perché, «al di là delle questioni interne come la correttezza dei ruoli», Zeni si dice intenzionato soprattutto a «evitare che tutto ciò che è successo finisca per porre degli ostacoli a un percorso importante, delicato e serio che stiamo compiendo, qual è la riforma del welfare degli anziani». Un rischio di fronte al quale l’assessore non si dice comunque preoccupato in quanto «era già stata concordata una linea sia con il partito sia con la maggioranza», un concetto che però «deve essere chiaro e va ribadito».
Una ripasso che Civico era pronto ad andare a seguire con «animo sereno». Del resto al consigliere sarebbe parso «sovradimensionato fare altro». «In questi giorni sono volate ipotesi e parole, ma le questioni andrebbero ridotte ai termini reali — prosegue Civico — Non è il caso di drammatizzare, né da una parte né dall’altra». L’auspicio del consigliere era quindi che il coordinamento servisse a «capire dove stanno le ragioni di una posizione che comunque non è di dissenso», sottolineando poi che «l’astensione ha riguardato un deliberato che richiedeva soltanto un passaggio in Consiglio» e se pure il tutto può avere un significato politico, «su quanto pesi ne possiamo anche parlare, ristabilendo le dimensioni del tutto».
L’esatto opposto di quanto pensa Alessio Manica. «Quello che è successo giovedì non è un incidente che può essere derubricato» è il commento del capogruppo pd, secondo il quale «adesso il problema non riguarda solo il gruppo ma l’intero partito» che «rischia lo strappo». Ecco perché «bisogna chiarire qual è la linea del Pd». O è «quella di appoggiare un assessore che sta facendo un percorso di riforma che non è ancora concluso» oppure è «quella di chi ha compiuto quel gesto l’altro giorno in aula», un’astensione che gli stessi hanno definito «un segnale» e che per il consigliere provinciale «non è una cosa banale, anche perché è arrivato a valle di un percorso che è stato condiviso e con tante occasioni di confronto». «Non doveva assolutamente succedere» insomma, quindi il chiarimento deve avvenire il prima possibile perché Manica si dice «incapace di gestire una situazione centrifuga come questa». Dal canto suo, in ogni caso, il capogruppo dice di ritenere che «un consigliere e il gruppo siano lì per sostenere l’azione dei propri assessori».
Ieri sera, intanto, i primi a chiarire la propria posizione durante il coordinamento del partito sono stati i tre astenuti che hanno rivendicato la scelta di giovedì. Una decisione che il segretario Gilmozzi avrebbe spiegato di non aver condiviso e in risposta alla quale Zeni avrebbe ricordato il processo partecipato per l’elaborazione dei contenuti della riforma. Borgonovo Re, dal canto suo, ha rivendicato la sua alterità e il dissenso espresso sulla riforma.