«Non è una riforma perfetta ma è l’unica possibile oggi. Il meglio che non c’è è nemico del bene che c’è». Il sindaco di Trento Alessandro Andreatta spiega così il suo sì al referendum sulla riforma costituzionale che già gli ha tirato addosso critiche da una parte delle opposizioni in consiglio comunale (M5S e L’Altra Trento a sinistra).
C. Bert, "Trentino", 13 ottobre 2016
«Percepisco ancora tanta ignoranza, tanti equivoci e tante bugie», spiega.
Sindaco Andreatta, qual è per lei il primo argomento per dire sì alla riforma? Voglio chiarire subito che io non mi schiero tra quelli che sostengono il cambiamento per cambiare, ma sono per il cambiamento per migliorare. E dico che il meglio che non c’è è nemico del bene che c’è in questa riforma. Non credo a chi oggi sostiene che entro un anno le forze politiche potranno dar vita ad un’altra riforma. Bisogna dire in modo chiaro che oggi non c’è una controproposta organica e condivisa: nessuno è riuscito a mettere insieme in parlamento le forze su un’ipotesi alternativa. Il solo fronte che si è formato è quello per il no a questa riforma. Io dico che la nostra è una bellissima Costituzione ma non è intoccabile. E la seconda parte, quella che la riforma va a toccare, è stata il frutto di una mediazione che nasceva dalle paure della Guerra Fredda.
Entriamo nel merito. Quali sono i punti di forza? Il primo: la fine del bicameralismo paritario. Che tradurrei, semplificando, così: invece di avere leggi più lente, macchinose e quindi più costose, ci saranno leggi più rapide e probabilmente più efficaci che arrivano in modo tempestivo e non dopo anni.
Il sostituto procuratore Profiti sostiene che non abbiamo bisogno di leggi frettolose, ma meditate e condivise. Sono d’accordo. Ma lo si faccia dentro una stessa Camera, come avviene in tutti i Paesi d’Europa, tranne per alcune eccezioni dove sarà chiamato in causa anche il nuovo Senato delle autonomie.
Altre ragioni per cui un cittadino dovrebbe votare sì al referendum? Nella riforma c’è un di più di democrazia e di partecipazione. Se ne parla poco, ma il referendum propositivo che viene introdotto mi sembra una grande occasione, così come il nuovo quorum al referendum confermativo. I referendum della Svizzera ci dicono molte cose sulla partecipazione. Poi tra gli elementi di forza cito la riduzione del numero dei decreti e la riduzione del numero dei parlamentari. Non voglio insistere troppo su questo punto, ma in un momento in cui come sindaco ragiono ormai anche sui 1000 euro per ridurre i costi, anche questo è un segnale.
Lei potrebbe entrare, da sindaco, nel nuovo Senato. Ha senso questo doppio ruolo? Io sono da sempre contrario ai doppi incarichi. Ma andare a Roma due o tre giorni ogni tre settimane è quello che i miei colleghi sindaci delle Regioni ordinarie fanno già oggi.
I contrari alla riforma sostengono che il nuovo Senato è un pasticcio. Cosa risponde? Per me può essere una grande opportunità di un nuovo rapporto tra lo Stato e i territori.
In molti, anche nel fronte del sì, ammettono che è una riforma centralista. Lei cosa pensa? È vero che lo Stato si riprende le competenze concorrenti, e in alcuni casi è giusto che sia così. La nostra preoccupazione è di giocarci bene la rappresentatività dei territori dentro il Senato. Personalmente sono convinto che tra i sindaci scatterà una grande alleanza, al di là degli schieramenti politici, e questa sarà una forza.
L’«intesa», ancora da declinare per il futuro, quanto può garantire l’autonomia trentina? Tutto si gioca sulla nostra capacità di scrivere un buono Statuto. Sarà una buona intesa più sapremo scrivere uno Statuto condiviso.
L’Altra Trento e il M5S la accusano di rinunciare, schierandosi, a rappresentare i cittadini che votano no. Cosa risponde? C’è la par condicio che regola la comunicazione ufficiale del Comune. Io mi sento garante di tutta la comunità ma ho delle opinioni e ho il diritto di fare politica. Troverei anzi inopportuno che un sindaco si chiamasse fuori e da cittadino non dicesse la sua opinione su un referendum così importante.
Sul referendum il Pd si sta lacerando. È preoccupato? È un passaggio delicato, non c’è dubbio che ci sono anche avvisaglie del prossimo congresso. Ma non credo che si metterà in discussione il Pd. Bisognerà vedere se la divisione di oggi porterà ad avere due anime molto distanti o se alla fine prevarrà lo spirito originario, inclusivo. Io naturalmente mi auguro la seconda ipotesi.