Come ampiamente annunciato, i tre giorni di dibattito in aula sul ddl Maestri-Bezzi sulla doppia preferenza di genere si sono chiusi ieri con un nulla di fatto. Il disegno di legge, così com’è (parità di genere 50-50 nelle liste e due preferenze a disposizione degli elettori, la seconda di genere diverso dalla prima, pena la sua invalidità) non approderà da nessuna parte.
C. Bert, "Corriere del Trentino", 7 ottobre 2016
E la mediazione sulla terza preferenza di genere, come proposta dal consigliere di PT Gianfranco Zanon, per il momento non ha fatto alcun passo avanti. I due primi firmatari del ddl - Lucia Maestri (Pd) e Giacomo Bezzi (Fi) - sono contrari. E nettamente contrario è il Comitato Non Ultimi che ha sostenuto la legge con una raccolta firme e che ha più volte ribadito di considerare la terza preferenza di genere un «escamotage irricevibile» che vede le candidate donne comprimarie nelle staffette tra uomini.
Un’eventuale concessione della maggioranza sulla terza preferenza non garantirebbe comunque un’approvazione agile della legge, dal momento che Civica Trentina, che con Rodolfo Borga e Claudio Civettini ha presentato oltre 2600 emendamenti, è decisa a non mollare l’ostruzionismo. Ieri il consigliere Bezzi ha provato, senza successo, a compattare le minoranze. Prima cercando una mediazione sull’ipotesi di modificare il rapporto tra i generi in lista (40-60%) e di sottoporre la doppia preferenza a referendum confermativo (come propone Degasperi del M5S), ma anche in questo caso per presentare un maxiemendamento sostitutivo che riscrivesse la legge sarebbero state necessarie tre firme dei capigruppo di minoranze. Firme che non c’erano perché lo stesso Degasperi si è detto non disponibile a far decadere gli emendamenti di Borga che vuole mantenere l’ostruzionismo.
Nel pomeriggio parte delle opposizioni - Forza Italia e Lega in testa - hanno provato a sparigliare mettendo sul tavolo una proposta dal sapore della provocazione: sì alla doppia preferenza a condizione di cambiare la legge elettorale per le provinciali introducendo il doppio turno come nelle elezioni dei sindaci. «La legge elettorale è una questione politica che supera la mia contrarietà alle preferenze di genere», ha detto Maurizio Fugatti (Lega), «la legge attuale per le provinciali prevede un premio di maggioranza per chi prende un solo voto più degli altri, c’è un problema di democrazia». Ma la maggioranza ha subito chiuso la porta.
«Una provocazione dopo due anni e mezzo di legislatura che fa merce di scambio tra la parità di genere e una riforma elettorale», ha detto Lucia Maestri, «le minoranze dicano una ad una cosa pensano». E l’assessore Mauro Gilmozzi a nome della giunta ha definito la proposta «non agibile» «perché non si può proporre come emendamento di mediazione un’altra riforma». Pronta la replica di Fugatti: «Sappiano i comitati che la maggioranza non vuole trattare. Ci si rivede a gennaio ma è chiaro che questa legge non sarà mai approvata». E ha aggiunto: «Non c’è nessuna fretta, abbiamo due anni per approvare questo ddl, le prossime elezioni sono nel 2018». Peccato che la scorsa legislatura la proposta fu stoppata con la motivazione opposta: non si cambia la legge elettorale a ridosso del voto. Ieri il consiglio ha approvato solo tre ordini del giorno: uno di Degasperi per istituire un tavolo con il governo per valutare la possibilità di introdurre il voto per corrispondenza in Trentino; due di Civettini per impegnare la Giunta a non usare immagini femminili stereotipate per le pubblicità della Provincia e per promuovere la parità salariale tra uomo e donna. Bocciato un odg di Civettini per tutelare dalla violenza di coppia anche gli uomini. A sostegno del ddl prende posizione anche l’associazione Donne in Cooperazione, che rimarca «l’importanza che anche in Trentino vengano introdotte azioni positive efficaci volte a riequilibrare la presenza delle donne nei luoghi decisionali della politica».