Complimenti al «Corriere del Trentino », innanzi tutto, per aver provato a dare un volto alla crisi. Il volto delle tante lavoratrici e dei tanti lavoratori che negli ultimi anni sono stati posti ai margini del processo produttivo, a causa di una crisi che ha messo in ginocchio le economie di quasi tutti i Paesi occidentali e dalla quale l’intero sistema economico e finanziario uscirà profondamente trasformato.Bruno Dorigatti, "Corriere del Trentino", 5 ottobre 2016
Le storie che avete raccontato sono purtroppo simili alle centinaia di storie che ho avuto modo di conoscere in questi anni. Persone di ogni età che non trovano più una collocazione nel mondo del lavoro e che per questo finiscono nel gorgo della vulnerabilità sociale. Perché è l’occupazione che dà stabilità economica, riconoscimento sociale, libertà, dignità.
Mi viene da sorridere amaramente se penso come qualche lustro fa ci fosse chi sosteneva che il lavoro era «morto», che non sarebbe stato più un fattore centrale nel sistema produttivo. Invece il lavoro è centrale, eccome. La dimostrazione arriva proprio dalle storie di chi è stato espulso o di chi deve combattere contro l’instabilità lavorativa per giunta mal retribuita. Ho letto con preoccupazione i dati emersi dalla ricerca «Avere 20 anni, pensare al futuro», condotta da Acli e Cisl romane: il 65% dei giovani è disposto a rinunciare a diritti regolari pur di avere un posto di lavoro. Sono giovani cresciuti nel contesto della crisi economica e nella precarietà lavorativa come unico orizzonte occupazionale possibile: è un grido di allarme che va ascoltato e al quale non possiamo permetterci di non dare risposte, anche in Trentino; altrimenti, finiremo per rassegnarci alla deregolamentazione totale, alla competizione che prevale su tutto, a una guerra fra poveri dalla quale usciremo tutti più fragili, più poveri, più soli.
Quali sono le risposte? In un mercato occupazionale sempre più complesso, incardinato in una rete di connessioni globali e sollecitato da una competizione ormai senza confini, le risposte non sono semplici: ma sicuramente al centro di tutto ci sono da un lato l’investimento sull’istruzione e la conoscenza, dai primi anni di vita fino alla formazione permanente dei lavoratori; dall’altro, una nuova «rivoluzione copernicana» che metta al centro del sistema il lavoratore con i suoi diritti, le sue competenze e la sua professionalità, con la sua capacità di partecipazione attiva ai processi produttivi per restituire al lavoro la dignità che gli è stata sottratta.
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