Attualmente in Tirolo c’è bisogno di ottomila lavoratori qualificati, soprattutto nei settori tecnici, nei servizi di cura, nel turismo e nell’edilizia. Nel 2030 il fabbisogno salirà a ben 40mila lavoratori. In Alto Adige vivono attualmente 100mila persone con più di 60 anni, nel 2030 saranno oltre 140mila. «Le nostre economie sono sempre più omogenee – spiega Alessandro Olivi, assessore al lavoro – e le politiche del lavoro non sono più di segmento, ma interdisciplinari».
Ufficio Stampa Provincia, 23 settembre 2016
Assieme ai colleghi assessori con delega al lavoro Johannes Tratter (Tirolo), Martha Stocker (Alto Adige) Olivi ha sottoscritto nel pomeriggio alla sede del Gect Euregio di Bolzano un protocollo di cooperazione rafforzata in materia di lavoro in tutto l’Euregio. Stocker ha ringraziato innanzitutto «i funzionari del gruppo di lavoro, che hanno preparato nei dettagli uno degli accordi più riusciti a livello euroregionale».
I cinque ambiti di collaborazione saranno l’alternanza scuola-lavoro, il monitoraggio dei fabbisogni di forza lavoro, una borsa del lavoro euroregionale, cooperazione sulla gestione del Fondo sociale europeo, il cambiamento demografico.
L’alternanza scuola-lavoro è una peculiarità soprattutto tirolese, terra nella quale si sta cercando di capire come migliorare ed anticipare l’orientamento professionale, curando la qualità della formazione e cercando di portare gli apprendisti al meglio ai loro obiettivi professionali. In Alto Adige il “doppio binario” ha tradizione fra la popolazione di lingua tedesca e ladina, mentre è più difficile da implementare soprattutto nel gruppo italiano. In Trentino sono recentemente partiti cinque percorsi sperimentali su scambio lavoro-formazione.
Il monitoraggio delle forze lavoro qualificate è partito in Tirolo seguendo analoghe esperienze in Germania. Attraverso delle statistiche anche della Camera di Commercio si riescono a misurare i fabbisogno anche a livello dei 9 comprensori che costituiscono il territorio tirolese.
«I nostri giovani – aggiunge Olivi – sono attrezzati per essere lavoratori mobili e quello di una sperimentazione di servizi comuni a livello Euregio è uno degli investimenti più importanti che si possano fare. Incrociando informazioni e servizi pubblici si riesce a creare un sistema nel quale un giovane possa capire le opportunità che ci sono, conoscendo le offerte».
Allo studio ci sarà quindi anche un approfondimento sulle normative relative alla mobilità dei lavoratori per il riconoscimento dei percorsi formativi.
«Il tema del lavoro nell’Euregio è legato – continua l’assessore – anche al tema del trilinguismo, che aiuta nell’ampliare il campo delle possibili ricerche di lavoro».
Il terzo punto d’intesa riguarda una borsa comune delle opportunità di lavoro dell’area alpina, sull’esempio di quella che è stata Eures Transtyrolia (fra Tirolo, Sudtirolo e Grigioni). Con l’Alto Adige che ha interessanti rapporti anche con la Baviera, soprattutto per quanto riguarda le professioni tecniche.
Il progetto trentino del trilinguismo sta alla base del quarto punto di collaborazione, quello legato al Fondo sociale europeo. Assieme si cercherà di limitare l’estrema complicazione burocratica del programma, mettendo assieme esperienze e buone pratiche in vista del lancio della nuova programmazione Fse. Si metteranno in campo partenariati di qualità per insegnanti, lavoratori, disoccupati. In Tirolo si gestiscono 8,7milioni di euro di fondi Fse, con quattro programmi. C’è un progetto di formazione anche per 45 profughi under 25, con corsi che vogliono portare ad un progressivo ingresso nel mondo del lavoro soprattutto nei settori nei quali è maggiore il fabbisogno.
Fra gli altri progetti tirolesi c’è la possibilità di apprendistato assieme alla maturità e dopo la maturità scolastica.
La quinta è infine la sfida più complessa ed ambiziosa, quella che nel flusso informativo quotidiano attiene alle questioni relative all’immigrazione ed alla bassa natalità. Martha Stocker ricorda come in Alto Adige negli anni Sessanta erano 9mila le nascite annue, mentre oggi sono 5mila. Cambiamenti che ci faranno interrogare molto sul come lavorare e quanto lavorare.
«Questo cambiamento – conclude Olivi – potrà però creare anche nuove aree d’occupazione. Non dobbiamo però mettere giovani contro vecchi o residenti contro immigrati. Non ci deve essere la paura che qualcuno sottragga il lavoro a qualcunaltro». (mf)