È iniziato l’esame del disegno di legge provinciale sulla preferenza di genere tra ostruzionismo e voci contrarie. Perché essere contrari all’attuazione di un principio costituzionale che sancisce il diritto delle donne di essere adeguatamente rappresentate?
Monica Baggia, "Trentino", 20 settembre 2016
Perché ostacolare uno strumento che consenta di sfruttare appieno i talenti femminili, nell’interesse della collettività? Non sento, in realtà, argomenti di una qualche dignità che superino il limite (basso) dell’istinto di autoconservazione; che non siano espressione della paura.
La paura di perdere un ruolo, una posizione raggiunta, sia pur per meriti. Quanta fatica a farsi da parte ed offrire la metà (non una quota) dello spazio alle donne che hanno dimostrato di poter eccellere negli studi, che hanno dimostrato di sapersi impegnare in qualsiasi settore con competenza e serietà di impegno e di preparazione.
Qualcuno vuole farla passare per una riforma inutile. Il cammino, già avviato, delle donne non ne avrebbe bisogno, è quello che si dice a sostegno di questa tesi. I dati lo smentiscono. E se è così inutile è anche innocua. E allora perché affannarsi al punto da bloccare i lavori del consiglio provinciale che dovrebbe potersi occupare anche d’altro?
Quanta paura leggo in quella mole di emendamenti... I più raffinati la vogliono far passare per una forzatura che andrebbe a limitare il diritto di voto e, quindi, la democrazia. Eppure la Corte Costituzionale nel 2010, in occasione dell’esame della legge regionale della Campania, ha affermato a chiare lettere come l’introduzione della doppia preferenza di genere sia rispettosa del principio della libertà di voto. La facoltà di esprimere la seconda preferenza è aggiuntiva e tale da allargare e non comprimere lo spettro delle scelte dell’elettore. Si tratta, scrive al proposito la Corte, di un sistema idoneo a rendere maggiormente possibile il riequilibrio tra i generi.
Noi, sempre così fieri della nostra posizione mitteleuropea, stiamo mostrando un’arretratezza unica nel territorio nazionale. In conclusione, allora, voglio rivolgere un appello alle giovani donne che possono fare l’errore di non sentire loro questa battaglia nella convinzione che tutto sia risolto. Prendete posizione e ribellatevi a chi, ancora oggi, vi vuole “meno propense” degli uomini ad occuparvi di cosa pubblica!