La politica trentina comincia a intervenire sulla riforma del credito cooperativo. Alessio Manica, capogruppo provinciale del Pd, ritiene che l’ipotesi «Bolzano» (gruppo da 250 milioni entro i limiti provinciali) avrebbe avuto bisogno di un maggiore approfondimento. Mentre un gruppo unico nazionale o due gruppi presentano entrambi problemi.
"Corriere del Trentino", 17 settembre 2016
In primis l’ammissione: «Vista la portata di questo passaggio per l’Autonomia, il dibattito politico è stato colpevolmente poco presente». «Credo che un sistema istituzionale autonomo, obbligato a governare con le risorse che autoproduce e a maggior ragione in un orizzonte di crescita incerta, non possa permettersi di perdere il controllo su una leva fondamentale dello sviluppo locale» ragiona Manica, che auspica una decisione «con lo sguardo lungo». «Credo che andasse approfondita con più convinzione l’ipotesi di un gruppo provinciale, sul modello del Südtirol. Questo avrebbe probabilmente garantito una maggior autonomia del sistema del credito cooperativo trentino e, in prospettiva, una collaborazione più stretta con il gruppo sudtirolese in chiave regionale. Questa soluzione, certamente complicata, appare oggi se non impossibile sicuramente improbabile».
«L’ipotesi di adesione al Gruppo unico (che difficilmente avrà sede a Trento) va valutata sulla reale possibilità di garantire spazi di autonomia alla casse trentine, anche alla luce dei poteri di controllo che Bce e Banca d’Italia pongono in capo alla capogruppo. Le recenti proposte di Azzi sono di grande interesse, ma paiono lasciare al sistema trentino uno spazio di azione più nell’area degli investimenti finanziari che non in quella del credito. A mio parere, invece, è proprio l’area del credito quella su cui chiedere deleghe e poteri, perché quella che può incidere maggiormente sulle nostre politiche di sviluppo e sul sostegno all’economia reale». «Infine, l’ipotesi di creazione di un secondo Gruppo bancario potrebbe garantire maggior autonomia e possibilità di azione locale. La solidità del gruppo andrebbe costruita magari anche con la collaborazione di investitori esteri. Il rischio in questo caso è però quello di una concorrenza all’interno del sistema cooperativo e la dispersione di risorse preziose, nonché quello di una maggior marginalità del Trentino in ambito nazionale; il Trentino avrebbe un ruolo di leadership, ma in un gruppo che rappresenterebbe una minoranza del sistema cooperativo».