«La riforma del Senato sarà un’opportunità per aggiornare e rafforzare le autonomie, non per indebolirle». Questa la rassicurazione data ieri ai cronisti dal ministro Paolo Gentiloni al termine della celebrazione del settantesimo anniversario dell’Autonomia trentina e sudtirolese.T. Scarpetta, "Corriere del Trentino", 6 settembre 2016
Parole apparentemente in contrasto con il tweet del 2 settembre di Matteo Renzi: «Se vince il sì, meno poteri alle Regioni». Una contraddizione emersa, in sala Depero, nel discorso del presidente del consiglio provinciale Bruno Dorigatti: «Il modello regionalistico ha anche dimostrato i suoi limiti, ma ciò non deve diventare alibi per una generalizzata compressione dei poteri delle Regioni ordinarie e speciali, in favore di un antistorico assolutismo dello Stato centrale».
Un dialogo tra compagni di partito, il Pd, condotto per ovvie ragioni su uno spartito istituzionale. La posizione negativa di Dorigatti sul referendum costituzionale, d’altronde, è nota. Gentiloni, intervenuto poco dopo, gli ha risposto indirettamente «Sono certo — ha detto il ministro — che Consulta e Convenzione faranno passi avanti sulla scia di una riforma costituzionale che rispetta e vuole valorizzare le autonomie in generale e le autonomie speciali in particolare».
Più che di riforma, però, ieri mattina in Provincia si è parlato dell’accordo Degasperi-Gruber — la «Magna Charta» dell’Autonomia — firmato il 5 settembre 1946 a Parigi durante la Conferenza di pace e scritto in inglese, la lingua dei vincitori. A Giuseppe Zorzi il compito di inquadrare storicamente l’evento: «Decisiva — ha ricordato — fu la volontà degli Alleati di non penalizzare eccessivamente un grande Paese dalla posizione strategica come l’Italia, dove, tra l’altro, c’era il partito comunista più forte d’Occidente. Costante fu anche il timore che l’Austria potesse prima o poi finire nell’orbita sovietica, e certo Bolzano era più a sud di Innsbruck». Se la scelta di lasciare l’Alto Adige all’Italia fu dettata da Realpolitik , lo stringato accordo di tre articoli che ne derivò — in cui Degasperi impegnava l’Italia a «salvaguardare il carattere etnico e lo sviluppo culturale ed economico» degli «abitanti di lingua tedesca della provincia di Bolzano» e di quelli dei «vicini comuni bilingui della provincia di Trento» — gettò le basi per quello che, a Pieve Tesino, Sergio Mattarella ha recentemente definito «un unicum europeo e un motivo di orgoglio per la democrazia italiana». Parole ricordate ieri da Gentiloni, che ha definito l’accordo del 5 settembre 1946 «un’intuizione visionaria». Perché nell’accordo vi era già «l’intento non di cancellare, ma di relativizzare l’importanza confini nazionali, cosa che settant’anni fa appariva proprio come un’intuizione visionaria», la stessa che, sviluppata, ha portato all’Europa definita da Degasperi «un mito di pace». Il ministro ha accennato alla vittoria dei nazionalisti dell’Afd in Meclemburgo-Pomerania, sottolineando, però che «il 75% dei partiti è su posizioni diverse», e che alla libera circolazione di persone e merci «l’italia non intende rinunciare». «La costruzione di barriere e muri — ha aggiunto senza citare direttamente l’Austria — non è una risposta efficace per fronteggiare il fenomeno migratorio. Questo vale in modo particolarissimo per il Brennero, luogo una volta di conflitto, trasformato nel tempo in area di dialogo prosperità e integrazione».
«Alla base di tutto — ha osservato Ugo Rossi — c’è il popolo, perché nemmeno la Repubblica, proprio come la nostra Autonomia, esisterebbero se un popolo non l’avesse fortemente volute». Il governatore ha sottolineato la presenza, in sala, del collega Arno Kompatscher. Ieri, per la prima volta, un presidente sudtirolese ha partecipato alla festa dell’Autonomia a Trento e la sala, composta per lo più da sindaci e autorità, lo ha salutato con un lungo applauso. «Se ieri l’autonomia era una condizione dell’essere, oggi — ha concluso Rossi — è una condizione del divenire. Il rischio è sempre, inesorabilmente, quello di guardare all’interno di noi stessi e al proprio passato più che al mondo esterno e al futuro. Noi delle Autonomie speciali vogliamo, invece, preservare identità e radici portandole nel futuro».
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