Progettone e tirocini, profughi coinvolti

Affidare ai richiedenti asilo politico lavori socialmente utili? Il capo del dipartimento immigrazione del Viminale, Mario Morcone, lancia la proposta e subito è polemica. L’utilizzo dei profughi per svolgere lavori di pubblica utilità, come la pulizia di strade o il coinvolgimento in alcune strutture per anziani in Trentino è già una realtà.
S. Mattei, "Trentino", 29 agosto 2016

 

Lo conferma l’assessore alle politiche sociali della Provincia Luca Zeni, che chiarisce: «È sempre stata la nostra politica - precisa - fare sì che i richiedenti asilo politico, in attesa della risposta che sappiamo può durare fino a 24 mesi, possano lavorare, in modo da rendersi utili alla comunità che li ospita e non si ritrovino ad oziare tutto il giorno. Solo così si può avere una maggiore accettazione sociale e un coinvolgimento dei profughi». E l’assessore cita dei casi: «Ci sono già esempi in questo senso, come il gruppo della ventina di profughi ospitato a Miola di Piné che da tempo è coinvolto nella pulizia delle strade, o quelli che si trovano a Stenico, che danno delle lezioni di inglese ai residenti locali. Ed in altri Comuni c’è chi è stato ingaggiato per fare dell’assistenza nelle case di riposo. Le possibilità sono molteplici e sta alle singole comunità coinvolgerli a seconda delle loro esigenze».

Tutte attività, è bene sottolinearlo, a titolo gratuito, perché come è risaputo, ogni richiedente asilo politico riceve 30 euro al giorno dallo Stato, dei quali solo 2 euro e mezzo sono in contanti, mentre gli altri vanno alle strutture che li accolgono per il vitto e l’alloggio. Il passo successivo, per consentire a queste centinaia di persone che scappano da situazioni di guerra o di fame di poter sperare un futuro migliore, è stato quello di inserire alcuni di loro in percorsi lavorativi. Aggiunge ancora Zeni: «In giugno abbiamo attivato degli inserimenti nel Progettone, affiancando alcuni di loro nelle squadre dei lavoratori che si occupano di pulizia di aiuole, sistemazione di sentieri e spazi comuni. Sono circa una cinquantina di profughi a sperimentare l’inserimento in squadre, in Comuni della Vallagarina, della Valsugana e di Trento». Non solo. Altra esperienza, è quella di acquisire professionalità attraverso tirocini ai richiedenti asilo politico offerti da aziende. «In questo caso - spiega l’assessore Zeni - abbiamo attivato alcune decine di tirocini e sono i datori di lavoro, dopo una prima fase, a versare una quota dai 300 ai 500 euro per ognuno di loro, somma che si detrae dalla quota versata dallo Stato per il loro mantenimento.

Quindi si alleggerisce la spesa per il mantenimento e si dà la possibilità di imparare un mestiere. É chiaro però, che non si possono attivare percorsi privilegiati, non sarebbe equo nei confronti dei nostri lavoratori». Non a caso, dopo la proposta del prefetto, sono arrivate le reazioni di consiglieri dell’opposizione, come Claudio Cia e Manuela Bottamedi, che affermano che così si genera rabbia e insofferenza nei confronti degli stranieri Aggiunge Zeni, che per i richiedenti asilo, fino a pochi mesi fa una legge impediva di lavorare. «Ora non più - precisa - perché dal settembre del 2015 la legge nazionale è cambiata ed ora, dopo due mesi dalla domanda di permesso di soggiorno, possono lavorare».

Ed a proposito dell’appello da parte del Cinformi per reperire nuovi alloggi, reso pubblico ieri, Zeni chiarisce che si tratta dei bandi periodici che la Provincia pubblica, che seguono gli inviti dell’assessore fatti a più riprese perché siano i sindaci e gli albergatori ad attivarsi per ospitare richiedenti asilo politico. Zeni fa il punto della situazione a livello di numeri: «Attualmente i profughi sono 1300. L’avviso per reperire nuovi alloggi, con l’obiettivo di individuarne circa un centinaio da 4 o 5 persone, va nella direzione di evitare che si concentrino troppe persone nelle strutture d’accoglienza delle caserme Fersina e di Marco, dove attualmente ci sono rispettivamente 250 e 100 soggetti. L’obiettivo è di raggiungere il numero di 400 posti, per privilegiare la distribuzione dei profughi in piccoli gruppi. Si tratta della filosofia adottata da sempre in Provincia di favorire percorsi di convivenza e di inserimento nella comunità».