L’integrazione così è possibile

Rispondo volentieri alla sollecitazione del Direttore e intervengo sul tema dell'accoglienza per i richiedenti asilo. l tema meriterebbe riflessioni geopolitiche complesse, dalla stabilizzazione delle aree del Mediterraneo teatro di conflitti al ruolo dell'Unione Europea, ma l’invito del direttore Faustini riguarda il tema della gestione, quindi mi concentrerò su quello.
Luca Zeni, 28 agosto 2016

 

Viviamo una fase storica caratterizzata dall'incertezza (crisi economica e occupazionale, terrorismo, mancanza di riferimenti) e il terreno è fertile per chi cerca consenso facile cercando capri espiatori. Il tema dei profughi è forse il campo più esposto, e per questo serve grande serietà nella gestione.

Dico subito che se vogliamo maggiore accettazione sociale, alcune cose devono cambiare. Oltre due anni per avere una risposta alla domanda di asilo non è dignitoso per il richiedente e non è accettabile per la comunità che ospita. Tempi ragionevoli, di pochi mesi, consentirebbero di avviare gli hotspot previsti a livello nazionale, che concentrino la prima fase dell'accoglienza e consentano di inviare sui territori solo il 50% circa di coloro ai quali viene riconosciuto lo status di rifugiato. Questa sarebbe la condizione più favorevole per avviare percorsi stabili di integrazione e renderebbe più comprensibile per i cittadini l'utilizzo di risorse pubbliche per l'accoglienza (anche se per la maggior parte sono di provenienza europea).

Ma come si possono realizzare percorsi di integrazione? La Provincia di Trento ha l'obbligo istituzionale di accogliere sul suo territorio lo 0,9% dei richiedenti asilo, e ci siamo assunti il poco popolare onere della gestione. Abbiamo fatto una scelta: evitare più possibile le grandi concentrazioni di profughi, perché sarebbe difficile l'accettazione sociale e non si favorirebbe l'integrazione. Abbiamo promosso invece un modello di distribuzione diffusa sul territorio. Abbiamo oggi attivi 55 appartamenti di privati, più altri 30 circa messi a disposizione dalla diocesi trentina. Altre 65 disponibilità sono arrivate nelle ultime settimane e la valutazione è in corso. Tecnicamente non ci sono difficoltà, è un normale contratto di locazione tra privato e Provincia, che è garante dell'operazione. Il tutto con risorse statali ed europee vincolate che non potrebbero essere utilizzate per altre iniziative sul nostro bilancio provinciale.

Avere 5 o 10 richiedenti asilo in una comunità significa poterli coinvolgere in attività di volontariato: dalla pulizia delle strade al volontariato in casa di riposo, dall'affiancamento (gratuito) alle squadre del progettone fino all'insegnamento dell'inglese agli abitanti locali. Oltre a ciò sono stati attivati tirocini formativi per poter imparare un mestiere. Vederli operativi mentre si danno da fare, mangiarci e parlarci insieme: questo sta facendo cadere molti muri, facilita l'accettazione sociale e permette a loro di mettersi in luce e di avere in tal modo una opportunità di futuro. Il Trentino, unendo la capacità organizzativa che lo contraddistingue alla capacità di coinvolgimento delle tante comunità locali, potrà mostrare ancora una volta che l'autonomia, a parità di risorse, permette di affrontare anche un fenomeno così complesso trovando soluzioni che possono essere modello per tutto il Paese.