Il presidente del Consiglio provinciale, Bruno Dorigatti, ha partecipato oggi pomeriggio a Roma – presente per la Provincia Autonoma il dirigente generale del Dipartimento affari istituzionali e legislativi, Fabio Scalet - all'atteso incontro dei presidenti delle assemblee legislative delle Regioni autonome e delle due Province Autonome con il sottosegretario agli affari regionali, Gianclaudio Bressa.
L. Zanin, Ufficio Stampa Consiglio provinciale, 26 luglio 2016
Tema: la riforma costituzionale promossa dal Governo Renzi e il referendum popolare che in autunno deciderà il varo o la cancellazione della riforma. Nelle norme transitorie della stessa si stabilisce che il nuovo Titolo V della Costituzione si applicherà alle realtà speciali – quindi anche a Trento e Bolzano – soltanto con apposita revisione dei rispettivi statuti, da approvare in base a un'"intesa" Stato-Regioni. Il problema è appunto quello di chiarire come si formerà questa intesa e cosa succederà se non dovesse concretizzarsi. Ebbene, oggi il sottosegretario Bressa ha rassicurato i presidenti che la revisione degli Statuti speciali per l'applicazione della riforma Renzi-Boschi è subordinata a un'intesa che vedrà lo Stato e le singole Regioni e Province autonome in posizione paritaria. Il Coordinamento delle assemblee delle Regioni e Province speciali ha concordato con Bressa sulla necessità di riunire nel più breve tempo possibile la commissione tecnica (il c.d. Tavolo Bressa) per riprendere la discussione sulle procedure di approvazione delle norme di attuazione e su nuove procedure per le successive, eventuali modifiche degli Statuti speciali, che riprendano il principio della massima condivisione tra Stato e realtà regionali speciali. Il presidente Dorigatti torna da Roma fiducioso: "Quello di oggi – spiega – è un buon contributo alla chiarezza dei rispettivi ruoli dello Stato e della nostra realtà autonoma nelle procedure di modifica dello Statuto speciale. Risulta chiaro che la riforma Renzi-Boschi sarà applicabile in Trentino solo a fronte di un'intesa condivisa da Roma e da Trento".
Per tutte le successive e diverse modifiche che potranno esserci sullo Statuto, la prospettiva appare migliorativa, perché lo Stato non potrà più mettere mano unilateralmente alla nostra carta fondamentale (come è teoricamente possibile secondo il Titolo V attualmente vigente della Costituzione). Le modifiche dovranno invece essere basate ancora su un'intesa, da perseguire attraverso una "commissione paritetica di convergenza", e in assenza di questa intesa il Parlamento potrà intervenire, ma solo con la maggioranza qualificata dei due terzi.
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«È stato chiarito che la revisione degli statuti speciali per l’applicazione della riforma costituzionale è subordinata a un’intesa che vede lo Stato e le singole Regioni in una posizione paritaria, secondo quanto previsto dalle norme transitorie del testo di riforma costituzionale». Da Trento a Trieste, ieri sera i presidenti dei Consigli delle autonomie speciali di Trentino e Friuli-Venezia Giulia sintetizzavano così il risultato dell’incontro di ieri tra il sottosegretario agli affari regionali, Gianclaudio Bressa, e i vertici delle assemblee legislative delle autonomie speciali. Resta irrisolto un punto chiave: cosa succederà se l’intesa non dovesse concretizzarsi?
Per rispondere a questa domanda, un anno fa Bressa era stato nominato al vertice di una commissione che non ha completato il proprio lavoro, che inizialmente si sarebbe dovuto concludere entro Ferragosto 2015. Poi un mese fa, il sottosegretario aveva annunciato che i lavori sarebbero stati bloccati fino al referendum costituzionale (la cui data non è ancora stata fissata). Tra i più allarmati, proprio Dorigatti; il governatore Ugo Rossi, invece, ha rilanciato (anche ieri) evidenziando la necessità di un chiarimento politico con il governo sul valore positivo della specialità ma senza «do ut des, io non faccio il segretario del Patt», con una presa di distanza anche dal segretario autonomista Franco Panizza.
Per Dorigatti ieri «è arrivato un buon contributo alla chiarezza dei rispettivi ruoli dello Stato e della nostra realtà autonoma nelle procedure di modifica dello Statuto speciale. Risulta chiaro che la riforma Renzi-Boschi sarà applicabile in Trentino solo a fronte di un’intesa condivisa da Roma e da Trento. Abbiamo concordato con Bressa la necessità di riunire prima possibile la commissione per riprendere la discussione sulle procedure di approvazione delle norme di attuazione e su nuove procedure per le eventuali successive modifiche degli Statuti speciali che riprendano il principio della massima condivisione tra lo Stato e le singole Regioni speciali e Province autonome». Sul termine «intesa», però, non vi sono definizioni unanimi; tantomeno sul concetto di «intesa paritaria» uscito dall’incontro di ieri. «Per alcuni — dice Rossi — non c’è nemmeno bisogno di ulteriori specificazioni. La Corte costituzionale ha chiarito che non è un veto delle Province e non è nemmeno una decisione unilaterale dello Stato. In ogni caso mettersi a fare accordi in campagna referendaria sarebbe originale, ogni parola sarebbe strumentalizzata». Le rassicurazioni di Bressa bastano a convincere Dorigatti a votare sì al referendum? No. «Le due cose — spiega — non sono collegate. Parlerò a suo tempo della mia opinione sul referendum».