Il Trentino è pronto per le unioni civili. Tanto i sindaci, quanto le prime coppie di fidanzati, stanno cominciando a muovere i primi passi in attesa che il decreto Cirinnà sia ufficialmente operativo. Attuato pochi giorni fa, il 23 luglio, il decreto permetterà infatti le iscrizioni al registro delle unioni civili dalla metà di agosto.
K. Dell'Eva, "Trentino", 26 luglio 2016
Nel frattempo, spiega Fabrizio Paternoster, dirigente dell'ufficio anagrafe di Trento, «abbiamo già un paio di persone che si sono rivolte a noi, dicendosi pronte a procedere con la prenotazione di una data». Da un lato, dunque, coppie in attesa di poter ufficializzare la propria unione, mentre dall'altro, molte più numerose, persone che, per ora, si limitano a chiedere informazioni: «Il nostro ufficio ha avuto richieste da una dozzina di coppie, che desideravano conoscere meglio la legge e capire come comportarsi, una volta che sarà dato il via libera ufficiale».
Anche alcuni dei sindaci stessi, come raccontano Adalberto Mosaner e Alessandro Andreatta, vengono contattati, da alcuni mesi a questa parte (insomma da quando nel ddl si aveva cominciato a sperare), per sapere quando e come agire. Danno dritte e sono pronti ad attivarsi in prima persona: «Noi, come amministrazione comunale, siamo certamente disposti e disponibili alla celebrazione di unioni civili» - spiega infatti il sindaco del capoluogo, Andreatta (Pd). «Una legge è una legge, e un sindaco ha il dovere tanto di farla rispettare, quanto di seguirla. Tanto più che in questo caso si tratta di un decreto che non va a danneggiare nessuno, bensì a riconoscere dei diritti, non credo abbia senso parlare di obiezione di coscienza». Dello stesso avviso anche il primo cittadino di Riva, Mosaner (Pd), che afferma: «Io, e così la mia giunta, diamo assoluta disponibilità. Ciò che è deciso da una legge, lo si fa senza discutere, senza barriere di alcun tipo».
Nessuna richiesta, per il momento, nel Comune di Rovereto, dove però Francesco Valduga (Civiche) si associa ai suoi colleghi di Trento e di Riva: «Il mio compito è applicare le leggi dello Stato. C'è poi da aggiungere che questo decreto regola l'assunzione di responsabilità da parte di chi sceglie di trascorrere la propria vita insieme e di amarsi, quindi non ha alcun senso, da parte dell'amministrazione, scegliere tirarsi indietro».
Lo stesso per Pergine: «Non ho alcun problema ad adeguarmi ad una legge di questo tipo», ribadisce lapidario Roberto Oss Emer (Civiche).
Di tutt'altro avviso è però Fabio Dalledonne (Civiche di centro-destra): «Mi viene chiesto, con questa legge, di rispettare le libertà altrui. È giusto quindi che gli altri rispettino la mia. Io scelgo, secondo le mie personali credenze religiose e per le mie valutazioni etico-morali, di non celebrare unioni civili». La legge in questione, tuttavia, prevede che nessun sindaco possa rifiutarsi di sposare una coppia omosessuale. La scappatoia? «Affiderò il compito ad assessori e consiglieri comunali. Anzi, voglio ricordare che anche un amico o un'amica degli sposi potrebbero, a patto di essere cittadini italiani senza precedenti penali, ufficializzare la cerimonia» - conclude Dalledonne.
Le novità e i diritti del decreto Cirinnà
27esimo Paese in Europa, l'Italia giunge in questi giorni ad un passo definitivo per quanto riguarda le unioni civili tra persone dello stesso sesso. Il decreto Cirinnà, diventato legge lo scorso 11 maggio (dopo essere stato approvato alla Camera con 369 sì), è passato ora allo stato “attuativo”. A breve dunque anche la possibilità di ufficializzare le unioni. Nel frattempo alcune coppie, come Elena e Deborah a Castel San Pietro (Bologna), celebrano le nozze e sospendono la registrazione. Molte altre, invece, si limitano a chiedere informazioni e a restare in attesa della completa entrata in vigore della legge, prevista per la metà di agosto.
Da quella data le coppie omosessuali potranno, legalmente, essere equiparate alle coppie eterosessuali, ottenendo la possibilità di godere degli stessi diritti (e doveri). Saranno previsti l'utilizzo dello stesso cognome (se desiderato), la comunione dei beni (se richiesta), e la condivisione dei diritti legati a malattia, ricovero e decesso. Le coppie omosessuali potranno avere congedi parentali, contratti collettivi di lavoro, detrazioni per il coniuge, mutui cointestati, e la possibilità di usufruire di 3 giorni di permesso al mese per assistere il coniuge con handicap grave. In caso di morte, il partner potrà succedere nel contratto d'affitto, così come avrà diritto alla pensione di reversibilità, al tfr dell’altro e all'eredità (nella stessa quota di una coppia eterosessuale). Il divorzio, pur avendo tempistiche più brevi, prevederà il diritto agli alimenti. Mancando però la clausola d'obbligo di fedeltà, le unioni civili non consentiranno la richiesta di scioglimento a causa di relazioni extraconiugali da parte di uno dei due componenti. Una mancanza che va ad aggiungersi alla discussa assenza della possibilità di adozione dei figli di uno dei due coniugi, da parte della coppia (stepchild adoption).
Ad un mese dalla messa in vigore della legge restano inoltre aperti alcuni dubbi: i componenti della coppia mancano di un nome – non sono definiti, nel decreto, né coniugi, né mariti, né mogli – e non è chiaro cosa reciterà il loro documento alla voce “stato civile”. Interto anche come dovranno agire quelle coppie che risultano già sposate all'estero: la loro unione verrà certificata direttamente anche in Italia, ci sarà necessità di attestarla, o addirittura di ricelebrare il matrimonio?