«Non è certo per un vezzo che chiediamo ai medici la disponibilità di ruotare tra i nostri ospedali, ma per garantire un servizio fondamentale come la sanità a tutti i cittadini: è così che il Trentino ha evitato lo spopolamento e così potrà avere un futuro». Così l’assessore provinciale alla salute, Luca Zeni, spiega la posizione della Provincia che ha dato mandato all’Apran di contrattare con i sindacati medici 60 giorni di trasferta all’anno all’interno della rete ospedaliera del Trentino.A. Selva, "Trentino", 11 luglio 2016
Assessore Zeni, i medici sembrano pronti a dare battaglia. L’avevamo messo in conto, ognuno fa la propria parte. Ma devo dire che soprattutto fra il personale più giovane ho notato una certa disponibilità al cambiamento. L’invito che faccio a tutti è quello di muoverci nella maniera più responsabile possibile alla ricerca di un punto di equilibrio.
I servizi sanitari nelle valli trentine sono costosi e ci sono grossi problemi a garantire gli organici minimi e la casistica. Tra i medici è diffusa la convinzione che sarebbe meglio accentrare la sanità nei centri maggiori, a partire dai punti nascita. I punti nascita sono solo uno dei problemi. Qui si tratta di preparaci a una situazione più generale: la difficoltà a reperire personale medico (che è un problema nazionale e internazionale) è destinata ad aumentare nei prossimi anni. La nostra impostazione è quella di riconoscere una funzione centrale a Trento e Rovereto, ma di garantire servizi importanti negli ospedali di valle. Per noi questo è fondamentale: è con i servizi sul territorio che la nostra provincia ha evitato lo spopolamento. Mi rendo conto che dal punto di vista di un professionista accentrare tutto a Trento sarebbe una facile soluzione, ma non è questa la visione del sistema trentino che abbiamo il dovere di portare avanti.
Non c’è il rischio - come ha sostenuto ieri il presidente dei medici Ioppi su questo giornale - che diminuisca la qualità? Ci saranno figure di coordinamento (i primari) sul territorio per evitare che questo accada. Con la rotazione dei medici siamo in grado di assicurare che tutti i professionisti raggiungano una casistica sufficiente: è con un numero di interventi sufficiente (cosa che lavorando solo nelle valli non può accadere) che ci sono garanzie di qualità. Ma anche le nuove tecnologie daranno una grossa mano: abbiamo realizzato infrastrutture telematiche che consentono a un medico del capoluogo di rapportarsi con gli ospedali di valle come se fosse sul posto. E anche la nostra rete di emergenza, mi riferisco in particolare agli elicotteri, sarà funzionale a questa visione.
Ci sono modelli a cui fare riferimento? No, perché le esigenze del Trentino sono particolari: un territorio ampio e complicato, in cui ci sono sette ospedali e un’unica grande azienda sanitaria. Stiamo lavorando per perfezionare la rete delle nostre risorse.
Le indicazioni della Provincia all’Apran sono di 60 giorni di trasferta all’anno all’interno della rete ospedaliera trentina (individualmente o in equipe) con l’istituzione di un fondo per compensare i viaggi. Sono condizioni imprescindibili per garantire il funzionamento degli ospedali di valle? Si tratta del punto di partenza di una trattativa in cui bisognerà trovare un punto di equilibrio. E’ normale che - soprattutto tra i medici con più anni di carriera - ci siano resistenze al cambiamento. E’ normale anche che i sindacati in questo momento facciano la loro parte. Ma se oggi tanti professionisti chiedono di venire in Trentino (perché questa è la situazione) è anche perché siamo riconosciuti come una sanità di alto livello.
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