Sostegno all’iniziativa legislativa unificata (Maestri-Bezzi) per la modificazione della legge elettorale provinciale in materia di parità di genere e per la promozione di condizioni di parità tra uomo e donna per l’accesso alle consultazioni elettorali.Trento, 8 luglio 2016
Nonostante siano ormai trascorsi oltre settant’anni dal riconoscimento in Italia del voto alle donne, l’impressione è che la politica rimanga ancora per certi versi “un club per maschi”. Questo vale a livello statale, ma anche in molti altri ambiti elettivi nei quali appare ormai evidente quanto soltanto norme positive possano incidere efficacemente a favore di un radicale riequilibrio della rappresentanza di genere.
In ambito regionale/provinciale, con le modifiche introdotte nel 2001, l’art. 47 dello Statuto prevedeva l’obbligo di riequilibrio della rappresentanza dei sessi e indicava come dovesse essere: “la medesima legge [a] promuove[re] condizioni di parità per l’accesso alle consultazioni elettorali”. Tale disposizione statutaria, peraltro pienamente coerente con l’art. 117 comma 7 della Costituzione che dispone: “Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive”, ha faticato tuttavia non poco ad incidere con efficacia nella realtà. Basti pensare al fatto che, nonostante i partiti storici in Trentino abbiano potuto beneficiare di vastissime rappresentanze femminili nelle loro strutture di base, nella storia della nostra Provincia – e dunque con riferimento a tutte le Legislature succedutesi fino ad oggi – il numero complessivo delle consigliere provinciali elette dal 1948 si ferma ad un non entusiasmante 23 (conto i 244 dei colleghi uomini).
Quello che senz’altro si concretizza anche come un problema politico-culturale “generale”, è stato ad oggi affrontato normativamente solo nel 2008, con un dispositivo di legge provinciale (ispirato appunto al dettato Statutario) che con lo scopo di promuovere un minimo equilibrio di genere almeno nella formazione delle candidature, stabilisce (l.p. 8/2008) che il rapporto fra i generi nelle liste elettorali non possa essere inferiore a un terzo/due terzi. Pur nella direzione giusta, con riferimento ai rappresentati eletti in Consiglio provinciale dobbiamo ammettere che l’impatto concreto della norma è stato fino ad ora decisamente modesto, tanto che al di là del già citato misero dato numerico assoluto, la presenza femminile in Consiglio provinciale non ha mai superato il 17 per cento degli eletti.
Compreso dunque che intervenire sulla formazione delle liste per equilibrare la rappresentanza di genere tra gli eletti è servito a poco, le consigliere e i consiglieri democratici hanno inteso correggere il tiro, depositando nel marzo del 2014 un disegno di legge (prima firmataria Lucia Maestri e poi unificato con un’affine iniziativa legislativa depositata da Giacomo Bezzi) che – in conformità con il programma sottoscritto dalla coalizione di Centrosinistra Autonomista dove si afferma “vogliamo modificare la legge elettorale introducendo meccanismi che prevedano la doppia preferenza di genere”, e innovando ulteriormente la piccola riforma del
2008 – vuole introdurre nelle norme per l’elezione del Consiglio provinciale l’obbligo di comporre le liste rispettando la parità fra i sessi, prevedendo l’elencazione alternata tra candidati di genere diverso, garantendo in campagna elettorale una partecipazione paritaria di uomini e donne nella comunicazione politica radio-televisiva, nonché – e qui risiede la novità di maggior impatto sulla rappresentanza di genere – imponendo la riduzione del numero di preferenze da tre a due, e il conseguente obbligo per l’elettrice e l’elettore che esprime più di una preferenza di indicare candidati di genere diverso.
Non siamo i primi. La Toscana, l’Emilia-Romagna, la Campania hanno già introdotto con profitto simili aggiustamenti normativi. Tutto ciò premesso, e pur nella consapevolezza che il solo mutamento di una norma non realizza in modo immediato un cambiamento radicale, e che sarà dunque sempre e comunque necessario un impegno maggiore in senso lato “culturale”, nei partiti, nelle associazioni, nei movimenti, per valorizzare profili competenti a cui dare poi effettivo sostegno così da renderli autorevoli e riconoscibili a livello pubblico, l’Assemblea provinciale del Partito Democratico del Trentino, in continuità con le tradizioni politico-culturali cui si richiama, coerentemente con quanto praticato nelle precedenti tornate elettorali, e in conformità con il dettato del suo statuto:
Elisabetta Bozzarelli
Italo Gilmozzi
Donata Borgonovo Re
Trento, 1 luglio 2016
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