Probabilmente il vertice di bilancio del primo anno di consiliatura Alessandro Andreatta lo aveva immaginato diverso. Di sicuro più tranquillo. Invece ieri sera, a Palazzo Geremia, il sindaco del capoluogo ha dovuto affrontare i capigruppo e i coordinatori cittadini del centrosinistra autonomista in un quadro tutt’altro che idilliaco.
M. Giovannini, "Corriere del Trentino", 5 luglio 2016
Anzi: dopo l’ultimo «sgambetto» in aula sulla delibera di riorganizzazione del personale (bocciata a causa del voto negativo di quattro franchi tiratori), il clima in maggioranza, nelle ultime settimane, è tornato più teso che mai. Con accuse al sindaco, critiche incrociate tra forze politiche e la richiesta (nemmeno troppo velata) di un rimpasto di giunta.
«Così, però, non ci sto più» ha messo in chiaro ieri sera Andreatta davanti alla sua coalizione, in un discorso che ha abbracciato le «fragilità» dello scenario internazionale e le più puntuali questioni locali.
«Oggi siamo di fronte a una crisi della fiducia a tutti i livelli» ha esordito il sindaco (che con la sua riflessione ha aperto il vertice). Poi l’attenzione si è focalizzata sulla situazione cittadina. E sulle ultime tensioni. «Un progetto politico — ha ricordato il primo cittadino agli alleati — è composto di tanti fattori». A Trento, ha aggiunto Andreatta, ci si è presentati alle urne con una coalizione di centrosinistra autonomista, «alla quale — ha precisato — non credo ci sia alternativa». Una maggioranza all’interno della quale è stato individuato un «leader», il sindaco stesso. Con un programma «frutto di un percorso durato dei mesi». «Fattori, questi, che sono ancora validi» ha chiarito Andreatta. Che ai suoi ha lanciato un invito preciso: «Non amo usare la parola fedeltà, che puzza un po’ di vecchio. Chiamiamola piuttosto lealtà». Lealtà alla coalizione, al programma e alle persone che lo interpretano. «In questi mesi — ha sottolineato il primo cittadino — la mia pazienza e il buonsenso sono stati messi a dura prova. E così anche la mediazione politica. In futuro bisogna essere più convinti». Ripartendo da concetti cari ad Andreatta: «Dobbiamo puntare sulla responsabilità e sulla collegialità di ciascuno e dei partiti. Sulla collaborazione fattiva nella vita politica».
Un obiettivo che però passa da alcuni capisaldi. «Chiedo alle forze di maggioranza — ha scandito il sindaco — se credono ancora nel progetto che abbiamo costruito e con il quale abbiamo vinto le elezioni, se per loro quel progetto è ancora valido, se sono validi i ragionamenti fatti per stare insieme. E ancora: chiedo se posso ancora contare sui partiti e su 25 consiglieri». Domande non poste a caso: dopo più di un «tradimento» messo in atto da consiglieri del centrosinistra autonomista sfruttando lo scrutinio segreto e dopo qualche uscita dall’aula «strategica» al momento del voto, Andreatta ha fatto capire di non tollerare più colpi bassi. Anche perché le prossime partite sono decisive per la città: dal Piano regolatore generale alla questione della sburocratizzazione. «In tanti — ha proseguito — mi hanno chiesto un cambio di passo. Ma qual è il contributo dei partiti a questo cambio di passo? Voglio delle proposte». Per arrivare a delineare obiettivi nuovi: «Trento è spesso considerata la città dei “no” e delle occasioni perse. Bene: noi dobbiamo costruire una città dei “sì” e delle opportunità».
Poche parole sul rimpasto. «Le persone — ha abbozzato Andreatta — devono rispondere al progetto che si decide di portare avanti».
Ma se da parte del sindaco la voglia di modificare l’esecutivo formato solo un anno fa è risultata poca, dall’altra i partiti hanno mostrato ambizioni diverse. Non solo ieri, ma anche nel confronto delle ultime settimane. Del resto, sulla giunta si sono focalizzati gran parte dei mal di pancia dell’ultimo anno. Nel giro di indiscrezioni che sta infiammando la maggioranza (e non solo), a rischiare di più sembra essere Chiara Maule, «esterna» del Cantiere, che potrebbe essere «sacrificata» a fronte delle ambizioni dell’Upt (a premere, dall’inizio della consiliatura, sono Salvatore Panetta e Paolo Castelli). Se servirà mettere in discussione un altro posto, Andreatta potrebbe dover ragionare anche sulla poltrona di Marika Ferrari, anche lei «esterna», ma del Patt. Anche se è difficile che il sindaco accetti di rinunciare a entrambe le sue «scommesse». Più probabile che poi si intervenga con una girandola di deleghe, con l’urbanistica che potrebbe tornare allo stesso Andreatta (la voce circola ormai da mesi). In una fase delicata, per sanare i malumori, il primo cittadino potrebbe attivare qualche delega consiliare, in questo caso a favore di Patt, Upt e dello stesso Pd, non immune da problemi interni. Rimane però il nodo-tempo: probabilmente le scelte arriveranno solo al termine della pausa estiva.
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Ha aperto sulle deleghe, ma anche sventolato il fantasma delle amministrative ieri sera il sindaco Alessandro Andreatta, nell’atteso vertice di maggioranza con i capigruppo e i segretari cittadini di Pd, Cantiere/Upt/ Idv, Patt, Verdi e Socialisti. Via libera dunque alla designazione di due consiglieri delegati e disponibilità a cambiare, purché questo vada in direzione di un miglioramento e ci sia responsabilità e collegialità nelle scelte. Con il monito a salvare la legislatura, «patrimonio» prezioso in un momento in cui soffia un vento di protesta che potrebbe travolgere anche Palazzo Thun.
In più, attenzione a chi, come i giovani, vuole vivere la città, ma anche proporre suggerimenti utili e creativi. Sui temi, dal Prg alla sicurezza, dalla mobilità al decentramento, Andreatta si è messo in una posizione di ascolto, lasciando la parola ai partiti. Che hanno ribadito posizioni già note. Il più duro è stato Carlo Filippi, segretario dell’Upt, che ha chiesto spazio in giunta per i suoi (Panetta o Castelli), ma non solo: «Il discorso è complessivo», ha spiegato entrando a Palazzo Thun. «Il problema è anche la gestione della città, nel programma e nel metodo». Per Filippi Andreatta e la sua squadra hanno fatto poco: «In giunta ci vuole gente con i c... Gente che sia autonoma e non servile al sindaco». Poi ha aggiunto. «Nessuno vuol far cadere l’esecutivo, ma il sindaco deve voler fare autocritica». E i franchi tiratori? «Non so se fossero nel nostro gruppo - ha risposto -: non faccio il confessore».
Paolo Serra, capogruppo del Pd, è tornato sul rischio urne: le amministrative - ha detto - «sono state un segnale, a suo modo rumoroso, quanto il silenzio degli astenuti», del disagio dell’elettorato. Poi ha avvisato: «Non c’è più nessuna certezza politica e una crisi al buio in questo momento sarebbe tragica». Per Serra, il passaggio che sta attraversando la coalizione è come il pit-stop di un’auto che, una volta fatte le opportune regolazioni (leggasi rimpasto, se richiesto), può tornare a ripartire con slancio dopo l’estate.
Articolato il discorso del sindaco Andreatta: «Dobbiamo capire se ci siamo sul nostro progetto. In primo luogo serve una verifica dei compagni di viaggio, la coalizione: vogliamo andare avanti insieme? Secondo: il programma, costruito assieme l’anno scorso in quattro mesi. Va bene? Se sì possiamo indicare delle priorità più forti, sulle quali accelerare e darci una tempistica: i partiti le indichino. Terzo: le persone che incarnano il programma: il sindaco - che è disponibile, ha lavorato e intende continuare a farlo - è ancora il leader di questa coalizione, ma con lui ci sono anche gli assessori, i consiglieri, i capigruppo: tutti hanno un ruolo importante».
Secondo Andreatta «è possibile immaginare due consiglieri delegati: l’ho sempre saputo, però bisogna che ci sia una compattezza e una condivisione per poterli indicare». Il sindaco ha insistito sulla necessità di ritrovare unità: «Va fatta una verifica su tutto questo: vogliamo essere leali (la parola fedeli suona male e ci richiama qualcosa del passato)? Crediamo in questa sincerità a cui tutti hanno fatto appello? Bene, se siamo leali vediamo di andare avanti. Come procedere? I partiti suggeriscano, dicano loro che cosa vogliono. Io sono qui per ascoltare». Poi un riferimento ai rischi derivanti dalla disgregazione: «Se si va avanti così, c’è un logoramento che fa male al sindaco, alla giunta ma anche alla maggioranza e alla città. È chiaro che la minoranza ha buon gioco di fronte a una non compattezza, quindi chiedo che sia ribadito il sostegno in chi ha ricevuto la fiducia dei cittadini. Vincere al primo tutto abbiamo visto che è difficilissimo al giorno d’oggi: quindi abbiamo un patrimonio che non vorremmo buttar via, semmai valorizzare».
Andreatta ha ribadito la sua «apertura al cambiamento: da parte mia questa disponibilità ci sarà sempre, se si ritiene che il progetto funzioni meglio con qualche modifica». Secondo il sindaco «ci vogliono però un di più di responsabilità delle persone e anche dei partiti, un di più di collegialità che si riassume nella semplice parola “insieme”, e infine una collaborazione operativa nella quotidianità: per portare avanti il progetto bisogna che ci siamo tutti». «Io non mi intrometto nella vita dei partiti - ha aggiunto - perché non credo che il sindaco abbia questo compito. Se ci sono all’interno di essi, devono essere loro a cercare di risolverli: non è che si scaricano sul sindaco, che deve pensare a far funzionare la città». Infine un accenno importante ai giovani: «A chi ogni tanto afferma che questa è una città che dice più no, vorrei rispondere che quella che voglio è una città dei sì e delle opportunità. Qualche volta dire no a qualcuno vuol dire sì a molti altri. Nel rispetto delle norme si possono fare tante cose e dare possibilità a tante persone che hanno idee positive. Il riferimento possono essere i giovani e la musica: vogliamo essere attenti a tutti, perché tutti possano trovarsi bene e stare con gli altri».