La V Commissione presieduta da Lucia Maestri a Bruxelles: cronaca degli incontri

Nel pomeriggio della seconda giornata a Bruxelles i consiglieri provinciali della V Commissione si sono recati nella sede della Commissione europea a Bruxelles per tre incontri. Il primo con Giulio di Blasi, membro di gabinetto della vicepresidente della Commissione europea Federica Mogherini, che è anche Alta Rappresentante dell'Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza.
Ufficio Stampa Consiglio Provincia, 23 giugno

 

Di Blasi ha precisato di occuparsi in particolare di migrazioni e di politiche di asilo e di aver concorso la strutturazione degli Hot spot. La presidente della V Commissione Lucia Maestri ha ricordato la risoluzione approvata il mese scorso dal Consiglio provinciale sul tema del confine del Brennero. Il funzionario ha ricordato che una delle 10 priorità della Commissione europea è proprio il tema delle migrazioni. Tre le crisi sequenziali affrontate al riguardo dall'Ue ed evidenziate da Di Blasi.

La prima crisi è stata nel mediterraneo centrale e risale al marzo 2015, legta al ritiro di Mare Nostrum sostituito dalla missione Forntex Triton. La missione consisteva nel salvare vite umane in mare. La tragedia dei 400 annegati ha portato a un'espansione molto forte di Frontex, spostando l'ingaggio europeo sul confine del Mediterraneo centrale per la lotta ai trafficanti. A quest'attività si legava la creazione degli Hot spot per l'identificazione in arrivo dei migranti salvati in mare e in secondo luogo la ri-location, per aiutare i paesi di approdo a ridistribuire i richiedenti asilo negli altri Stati dell'Ue. Questo lo scorso anno.

La seconda crisi, ha osservato Di Blasi, è stata molto più profonda, ha riguardato il Mediterraneo orientale e ha visto l'incremento massiccio degli arrivi dalla Turchia verso le isole greche. Vi sono stati anche 20.000 arrivi di persone al giorno e 4000 in Italia tra ottobre, novembre e dicembre. Dopo lo shock iniziale si è cercato di dare una risposta condivisa prima sul fronte dei Balcani occidentali e poi con l'accordo Ue Turchia che ha stabilizzato il flusso di arrivi, sceso da 40-50 arrivi al giorno.

La terza crisi arriverà quest'estate. Cosa si sta facendo ora sul Mediterraneo. Di Blasi ha spiegato che è in corso l'individuazione dei Paesi africani pilota: Nigeria, Niger, Mali ed Etiopia, per spostare il fronte d'ingaggio a sud della Libia. In questo vasto quadro si inserisce però anche il tema del Brennero, che è al tempo stesso locale ed europeo. Locale perché l'impatto si sta facendo sentire a causa del flusso dai Balcani in Paesi come Austria, Germania e Ungheria, dove il tema della migrazione è diventato centrale nel dibattito politico a causa dei 10.000 arrivi al giorno. Ma il tema è anche europeo perché salvaguardare Schengen significa avere una politica europea funzionante. Il sistema Schengen chiarisce le condizioni per cui si possono reintrodurre i controlli alle frontiere interne in certi punti. Oggi ci apprestiamo a vivere un'estate che sarà sicuramente difficile dal punto di vista migratorio, che potrà portare a 140.000 arrivi nell'anno, oppure potremo vivere l'incremento di questi arrivi a seconda di come andrà l'applicazione dell'accordo con la Turchia.

La rilocalizzazione dei profughi. A questo si lega il tema della ri-location che, ha detto Di Blasi, ha segnato sia il grande successo sia il grande fallimento della politica europea dello scorso anno. Grande successo perché si è per la prima volta posta sul tavolo la questione della divisione dei posti sulla base di criteri oggettivi per la ridistribuzione delle persone. Progetto difficilissimo dal punto di vista sociale e politico, che all'inizio ha avuto un avvio rallentato. Oggi i numeri iniziano a crescere come sta accadendo in Grecia dopo un inizio molto stentato. Con una migliore gestione del flusso irregolare si può migliorare quella del flusso regolare. Poi bisogna tener presente le aspettative dei migranti. C'è chi era partito per arrivare in Germania e si ritrova in Lettonia. In questo momento la situazione è stabile ma a rischio: si è riusciti a mettere insieme i pezzi del sistema europeo dopo la crisi del 2015, ma c'è ancora moltissima tensione latente che ci vorranno mesi per riassorbire in una spirito di solidarietà. L'auspicio è che il lavoro dei Paesi terzi porti a una migliore gestione dei flussi rafforzando la migrazione circolare e bloccando il sistema dei trafficanti. Si tratta di rimpatriare chi “salta la coda e arriva in modo irregolare”.

Di Blasi ha poi risposto a due domande di Bezzi, la prima sul ricollocamento dei migranti in Italia, evidenziando che da noi arrivano soprattutto eritrei, pari a 4.500 su un totale di 40.000 arrivi. Particolarmente difficile è il problema costituito dai circa 15.000 migranti minori non accompagnati arrivati in Italia. Spesso i minori hanno un progetto di transito molto preciso. Ovviamente noi cerchiamo di interrompere il flusso irregolare fin dall'inizio cercando di lavorare per la ricongiunzione del minore con il suo nucleo familiare. In genere il minore parte con il finanziamento della famiglia e del villaggio per il suo progetto di vita.

Due miliardi e 300 milioni di euro. Il canale più difficile riguarda i canali di accesso legali.

Maestri ha posto una domanda sulla politica della cooperazione allo sviluppo, che, ha osservato, di Blasi, è diventata parte della politica sulla migrazione. I fondi di sviluppo continuano ad essere utilizzati sulla migrazione.

Viola ha chiesto quanto è aiutata oggi dall'Europa a livello finanziario. Di Blasi ha risposto che i fondi totali per l'Italia nel periodo 2014-2020 erano 500 milioni di euro. L'Italia è il secondo Paese beneficiario in Europa sulla questione migranti. I fondi emergenziali sono stati dati un po' al di sotto dei 100 milioni di euro. Tendenzialmente l'Italia non chiede fondi di emergenza per non voler gestire l'emigrazione come un'emergenza cui far fronte. Questi fondi vengono utilizzati per tutto ciò che non è ordinaria amministrazione.

Da Frontex all'Agenzia europea di Guardia delle frontiere esterne e di Guardia costiera.

Sempre su richiesta di Viola, il funzionario ha raccontato che l'agenzia Frontex ha operato molto bene ma che a questo riguardo è in fase di avanzata preparazione da parte della Commissione europea una riforma importante: tra pochi mesi infatti Frontex si chiamerà Agenzia di Guardia di frontiera e di Guardia costiera, e si occuperà della gestione delle frontiere esterne dell'Ue. La responsabilità più importante dell'Agenzia sarà la gestione dei rimpatri in modo diretto e non aiuterà quindi più gli stati a gestirli. Siamo nella fase iniziale dei negoziati coinvolgendo anche il Parlamento europeo ma probabilmente già a fine anno vi sarà il nuovo mandato dell'Agenzia. Sulla gestione dei confini esterni c'è quindi una forte condivisione, mentre molto più problematica è la questione dell'asilo. Una buona gestione dei confini esterni c'è la consapevolezza che permetteranno di non chiudere i confini interni.

Maestri ha ricordato che il Consiglio provinciale ha votato la mozione approvata a sostegno della missione Colomba per realizzare il corridoio umanitario che permetta ai siriani accampati in Libano di arrivare in Trentino e in altri Paesi europei. L'Ue non ha competenza in materia di integrazione che spetta agli Stati membri. Al massimo si possono concedere fondi a questo scopo ma il dialogo con le amministrazioni locali è assolutamente prioritario.

Civettini ha segnalato la preoccupazione dei cittadini che vivono con difficoltà dovuta al continuo arrivo dei migranti. I numeri, ha risposto di Blasi, hanno reso problematica la gestione degli arrivi da parte delle autorità locali.

Altre domande sono state poste da Fugatti e Bezzi sui minori di età inferiore di 14 anni – pochi in Italia, ha risposto Di Blasi – ma anche sul traffico di essere umani e la criminalità organizzata rispetto ai quali, ha osservato di Blasi, è decisiva l'identificazione da realizzare attraverso gli Hot spot che individuano i profili di rischio di ciascuno.

A una richiesta di precisazioni formulata da Viola sul ruolo dell'Agenzia di gestione delle frontiere nei confronti degli Stati membri, di Blasi ha chiarito che in certe situazioni l'Agenzia, che avrà una dotazione fissa di 1500 operatori e non più personale in prestito dagli Stati membri, potrà intervenire direttamente anche nei Paesi per la ri-location.

 

L'Olaf, ufficio antifrode che tutela gli interessi finanziari europei, presentato alla V Commissione dal direttore generale, il trentino Giovanni Kessler

 

I consiglieri provinciali della V Commissione hanno incontrato stamane anche Giovanni Kessler, ex presidente del Consiglio provinciale e dal 2010 direttore generale dell'Olaf, l'ufficio antifrode dell'Unione europea. Nella sede dell'Olaf Kessler ha presentato natura e attività dell'organismo impegnato nella tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea. L'Olaf, ha ricordato, è una delle 30 direzioni generali della Commissione europea. Ed esiste dal 1999, quando La Commissione europea si dovette dimettere a seguito di uno scandalo per le spese illegittime di un ministro francese dell'Ue. Evento drammatico, ha commentato Kessler, che ha portato alla creazione dell'Olaf, ufficio investigativo con una doppia competenza, interna ed esterna.

La prima competenza consiste nell'investigazione interna, per cui l'Olaf ha lafacoltà di indagare in modo indipendente sui membri e sui funzionari di tutte le istituzioni europee, per qualsiasi condotta inappropriata che possa avere conseguenze disciplinari, penali o finanziarie. Quindi tutta la platea dei componenti delle istituzioni europee, dal Parlamento alle agenzie, è soggetta alle possibili investigazioni dell'Olaf. La caratteristica distintiva dell'Olaf è l'indipendenza. Il ministro competente sull'Olaf è una dei vicepresidenti della Commissione, Gyorgyeva. Nel 2012 l'Olaf ha ad esempio indagato sul Commissario europeo della salute. Sulla banca centrale europea il limite di indagine dell'Olaf riguarda la condotta ma solo se ha effetti economici. I funzionari delle istituzioni europee sono quasi 30.000. Questa,ha spiegato Kessler, è la prima competenza dell'Olaf di investigazione sui casi interni.

La seconda competenza, relativa alle indagini esterne, ha spiegato Kessler, riguarda frodi o gravi irregolarità come conflitti di interessi, peculato, corruzione, che hanno un impatto negativo sugli interessi finanziari dell'Unione europea. Impatto, quindi, o sulle spese, o sulle entrate. Primariamente si tratta di fondi europei spesi in Europa ma poi anche di fondi spesi in tutto il mondo per lo sviluppo in Paesi terzi. Fondi, quindi, per l'aiuto allo sviluppo. Le indagini riguardano l'eventuale cattivo uso sia dei fondi di ogni tipo messi a disposizione dell'Ue nei vari settori d'intervento, fondi gestiti a livello nazionale o regionale, sia sui prestiti della Banca europea degli investimenti (Bei). Un esempio? I motori “taroccati” della Volkswagen, che negli ultimi anni aveva ottenuto ingenti risorse dalla Bei. Vi sono poi indagini che riguardano le entrate perché una parte dell'Iva spetta all'Ue: l'Olaf indaga quindi per accertare il contrabbando di sigarette nell'Unione europea. Ad un certo momento si era verificata un'esplosione di importazioni di tessuti dalla Cina alla Slovacchia con un bassissimo valore dichiarato alla dogana. Il danno finanziario per l'Unione europea era molto alto. Si tratta di frode doganale. L'altro caso è quello del classico contrabbando ad esempio di sigarette, a causa del quale si stimano 10 miliardi all'anno di mancati introiti per l'Ue. Alcune attività dell'Olaf sono di contrasto anche all'atidumping. Queste due competenze dell'Olaf, per cui lavorano circa 450 persone, non sono comunque esclusive. Kessler ha ricordato infatti che ogni Paese ha il dovere di svolgere indagini antifrode in base al principio di sussidiarietà.

L'Olaf interviene principalmente dove c'è un valore aggiunto, ha precisato il direttore, quando a livello locale non vi sono indagini o si prospettano frodi che coinvolgono più Paesi membri. Kessler ha citato il caso di due appalti per la costruzione di una grande centrale elettrica in Lituania che hanno coinvolto alcune multinazionali estere. Le frodi sono avvenute attraverso il pagamento di tangenti ad alti funzionari lituani con finti contratti stipulati tra soggetti artificiali per consentire la transazione di fondi attraverso diversi Stati. “Per le indagini sul valore aggiunto derivante da crimini transnazionali – ha ricordato Kessler – siamo meglio piazzati dei singoli Stati perché possiamo indagare in tutta Europa a prescindere dai confini”. L'Olaf lavora per proteggere i contribuenti dell'Unione europea, ma con poteri limitati nelle indagine esterne. Nelle indagini inrerne i poteri dell'Olaf sono magiori. L'Olaf predispone dei rapporti sulle proprie indagini contenenti raccomandazioni, che invia alle varie direzioni dell'Ue e alle procure perché possano avviare provvedimenti disciplinari.

Alcuni dati. Nel solo 2015 l'Olaf ha completato l'esame di 1.442 casi relativi a denunce ricevute e selezionate (“gran parte di queste però – ha precisato Kessler – viene archiviata”), ha aperto 219 indagini, ha concluso 304 investigazioni, inviato 364 raccomandazioni e in termini di raccomandazione finanziarie è stato chiesto il recupero di 888 milioni di euro. In termini comparativi l'Olaf, dal 2012 ad oggi ha raddoppiato il numero delle investigazioni aperte e chiuse e delle raccomandazioni. L'Olaf ha in sostanza raddoppiato la propria attività investigativa.

Il personale. Kessler ha segnalato che i 450 dipendenti dell'Olaf provengono da 27 Paesi europei e parlano tutte le lingue, compreso il russo. Lavorano qui funzionari con le diverse professionalità alle spalle: dalla polizia alle dogane, dalla Guardia Civil ai Carabinieri. Vi sono due direttorati che svolgano le indagini e altri due che garantiscono i servizi di supporto, in particolare informatici per analizzare i dati computerizzati.

Kessler ha rivelato che l'Olaf sta ora indagando sugli assistenti parlamentari di Marine Le Pen. L'accusa è che si pagano con i soldi del Parlamento europeo i funzionari del suo partito. Le indagini avvengono in collaborazione con la magistratura francese. E riguardano anche gli assistenti di Martin Shulz. Un direttorato si occupa di politiche antifrode.

Rispondendo a una domanda di Detomas, il direttore dell'Olaf ha precisato che per le indagini è indispensabile conoscere anche i codici penali dei singoli Paesi membri. “Ma i soldi – ha aggiunto – sono europei e noi dobbiamo proteggere l'interesse comunitario in tutti gli Stati”. L'Olaf, ha segnalato Kessler, è l'autore di una proposta presentata dalla Commissione per l'istituzione di una Procura europea. “noi apriamo un'indagine solo dopo aver appurato se l'Olaf è competente sul caso e se vi sono indizi sufficienti (talvolta si considerano anche le segnalazioni anonime purché riportino elementi fondati), ma anche tenendo presente la sussidiarietà, perché le autorità locali competenti potrebbero già occuparsene. Per motivare le indagini dell'Olaf opera un'apposita unità formata da 30 persone”.

 

La Ong impegnata per il (proprio) sviluppo.

 

Un caso di una inchiesta completatadall'Antifrode europea, è stato presentato da Roberto Buccheri, funzionario dell'Olaf. Si trattava di aiuti esterni dati dall'Unione a Paesi in via di sviluppo. I fondi – che appartengono al Fondo europeo di sviluppo – sono ingenti perché rappresentano il 6% del bilancio dell'Unione, pari a 148 miliardi di euro.

Le indagini riguardavano una organizzazione non governativa. L'Olaf ha ricevuto due informazioni, la prima da una fonte anonima, la seconda da un presunto dipendente di questa Ong che denuncia in modo non circostanziato la mancata realizzazione dei progetti. Queste due denunce e il sospetto di doppi finanziamenti senza che i due donatori sappiano di sovvenzionare la stessa Ong, ci hanno convinto ad avviare le indagini. Questa Ong aveva ricevuto svariati milioni, parte - 18 milioni di euro - dall'Unione europea e altri 17 dalla cooperazione italiana. Abbiamo operato dei controlli incrociati e intrapreso una missione presso la cooperazione internazionale italiana. Anche la cooperazione italiana stava avviando indagini sul caso avendo ricevuto denunce analoghe. I progetti finanziati previsti a Cuba e finanziati dalle due fonti erano quasi uguali.

L'Olaf ha effettuato a questo punto un controllo sul posto presso la sede della Ong rispettando la legislazione del Paese, in questo caso l'Italia. L'Olaf può effettuare un controllo amministrativo senza preavvisare l'operatore economico. Abbiamo proposto ai colleghi della cooperazione italiana di andare insieme per un controllo completo della documentazione relativa ai progetti e alle fatture, alle banche, al trasferimento dei fondi a Cuba per la realizzazione del progetto. Da questi controlli sono emerse frodi maggiori rispetto a quelle ricevute attraverso le denunce. In alcuni casi mancavano le fatture che dimostrassero i costi. In altri la Ong doveva acquistare un grosso macchinario per perforare i terreni allo scopo di realizzare dei pozzi. Il venditore veniva contattato perché fatturasse però a un'altra società con titolari gli amministratori della Ong e che aveva aumentato il prezzo del 150-180%. I documenti bancari sui trasferimenti dei fondi erano stati inoltre duplicati per crearne di altri di falsi, che avevano però numeri uguali. Abbiamo così scoperto che a Cuba per i progetti era stato trasferito solo un sesto dei soldi ricevuti dall'Ue e dall'Italia. La stessa Ong aveva tentato di accreditare l'acquisto di grosse cucine in Marocco dalla Offcar, società che notoriamente è la più cara del settore ma della quale risultavano solo le etichette perché le cucine erano state acquistate altrove. Infine in Angola sempre questa Ong doveva realizzare un progetto di sminamento, ma nel Paese africano non si vedevano né persone né macchinari del soggetto che beneficiava dei finanziamenti. Un controllo dell'Olaf direttamente in Angola ha permesso di accertare che non avveniva alcuna attività di sminamento, che tra l'altro comporta una notevole documentazione. Introvabile anche il macchinario necessario per queste operazioni. In sostanza si appurò che il progetto non era stato assolutamente realizzato.  L'Olaf ha informato del caso l'autorità giudiziaria  competente, la Procura italiana dove aveva sede la Ong, ma ha anche dato alla stessa Ong la possibilità di commentare l'accaduto. Ha poi inviato ai soggetti una raccomandazione finanziaria e una raccomandazione amministrativa per escludere questo soggetto da futuri finanziamenti. L'autorità giudiziaria ha aperto un procedimento pensale, effettuato perquisizione e chiesto alle banche di avere accesso ai conti della Ong che aveva diverse cassetta di sicurezza. Cassette nelle quali sono stati trovati 3 milioni di euro. Questi soldi sono stati recuperati perché la Ong è poi fallita. I 4 responsabili sono stati condannati con sentenza definitiva a 2 anni ciascuno di reclusione.

 

Trasporti e migranti: sentiti dalla V Commissione altri due eurodeputati.

 

Nella sede dell'Euregio Trentino Sudtirolo e Tirolo di Bruxelles, i consiglieri provinciali della V Commissione hanno ascoltato oltre a Gardini, Dorfmann e Kyenge anche altri due eurodeputati: Massimiliano Salini, di Cremona, membro della commissione trasporti e turismo e Salvatore Domenico Pogliese, di Catania, membro sostituto della Commissione Lib che si occupa di libertà civili, giustizia e affari interni.

Salini ha evidenziato come gli investimenti europei a fondo perduto per la realizzazione di progetti infrastrutturali strategici nel settore dei trasporti come quello del Brennero, investimenti destinati a coprire il 40% delle risorse necessarie, sono oggi assolutamente irrinunciabili.

Pogliese si è invece soffermato sul fenomeno migratorio verso il nostro Paese e la Grecia, sul quale il silenzio dell'Europa è stato inizialmente assordante. In seguito la Commissione europea è però intervenuta con il piano ricollocamenti destinato a 160 mila rifugiati richiedenti asilo da distribuire in 16 Paesi membri. Il problema a suo avviso è che oggi i richiedenti asilo ricollocati sono ancora pochissimi rispetto al previsto. Per Pogliese né l'Italia né l'Europa sono comunque nelle condizioni di dare ospitalità a tutti i “migranti economici” che chiedono asilo. Esiguo è infatti il numero dei migranti provenienti da teatri di guerra come la Siria, l'Eritrea e l'Afghanistan. Per Pogliese è necessario accelerare il percorso per ridurre i tempi di attesa dei richiedenti asilo accolti in Italia, che solo due anni dopo ottengono risposta alla loro domanda. Domanda che essi presentano ugualmente anche quando sono certi che la risposta sarà negativa.

Altra anomalia europea da risolvere: il basso numero di rimpatri di migranti nei loro Paesi d'origine. Motivo? I rimpatri possono avvenire solo in presenza di accordi tra il Paese di accoglienza e quello di origine. L'Italia ha siglato sei accordi con i Paesi d'origine dei migranti, l'Europa 17 ma Stati da cui non si registrano flussi. Occorre quindi per Pogliese svolgere una forte azione diplomatica sul tema dei rimpatri. Sull'argomento hanno posto domande i consiglieri Bezzi e Civettini.

Salini ha aggiunto che “in Italia abbiamo una disoccupazione giovanile al 40%, la più alta in Europa dopo la Grecia”. In queste condizioni, ha concluso, non è vero che i flussi migratori siano una risorsa per l'economia.