Michele Nardelli, 4 dicembre 2009 Da anni si discute sul destino delle Acciaierie di Borgo Valsugana. Credo sia arrivato il momento di dire chiaramente che questa azienda industriale non rappresenta affatto un patrimonio di questa terra ma, al contrario, un peso sempre meno sopportabile del quale liberarci prima possibile.
Perché incompatibile sul piano ambientale e perché incompatibile anche sul piano di un progetto di sviluppo sostenibile del Trentino. Lo vado dicendo da tempo, al di là dell’inchiesta della Magistratura che non ha fatto altro che confermare quel che si andava dicendo da tempo e che è emerso anche nel corso delle audizioni della Terza Commissione legislativa chiamata ad indagare sul tema dei controlli ambientali a seguito della vicenda di Monte Zaccon, e cioè che questa presenza industriale non porta ricchezza alla nostra terra. La stessa scelta operata con la variante al PUP del 2000 di modificare il vincolo industriale di quell’area in zona di trasformazione strategica andava esattamente nella direzione di superare quell’insediamento verso un progetto di riqualificazione economica ed ambientale.
L’obiezione che da sempre è stata opposta alla chiusura dell’acciaieria e alla riconversione dell’area è quella relativa alle conseguenze occupazionali (attualmente occupa poco più di cento dipendenti) e non regge. Non regge certamente di fronte alle conseguenze per la salute degli abitanti ma nemmeno rispetto alle prospettive di sviluppo della zona. Stiamo parlando di uno dei territori a vocazione termale e turistica del Trentino, a pochi chilometri da Roncegno Terme e Levico Terme, punto di riferimento per valli limitrofe dal grande valore ambientale, turistico ed agrituristico, ai piedi della val di Sella, luogo di grande attrazione internazionale culturale e turistica grazie ad “Artesella”. Ciò nonostante Borgo Valsugana non ha oggi nemmeno un albergo che si possa definire tale.
L’ingombrante presenza dell’acciaieria ha nei fatti pregiudicato nel tempo la possibilità di dare pieno sviluppo ad una vocazione diversa, legata alle filiere caratteristiche della zona e dunque anche ad un profilo economico che avrebbe potuto svilupparsi lungo una coerente scelta di politica industriale diversa da quella dell’acciaio. E dunque aprendo una diversa prospettiva occupazionale.
Gli sviluppi dell’inchiesta della Magistratura che ha portato al sequestro delle Acciaierie di Borgo Valsugana indicano anche la necessità di interrogarci sull’efficacia degli strumenti di controllo e degli strumenti legislativi, come evidenziato dalla relazione conclusiva dell’indagine compiuta dalla già citata Terza Commissione.
Non sarà un percorso facile. La bonifica dell’area sarà complessa e costosa, come abbiamo visto per situazioni analoghe, ma dobbiamo avere il coraggio di mettere un “punto e a capo”. Mobilitando le energie del territorio e provinciali per un vero e proprio piano di rinascita della zona.
L’operazione “Fumo negli occhi” degli inquirenti speriamo possa aiutare ad imboccare rapidamente la strada di un diverso sviluppo della Valsugana.
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