Credo che oggi aiuti molto ripensare seriamente al nostro passato, ricordandoci davvero da dove è iniziata la storia moderna e quel lungo percorso che ci ha portato oltre la monarchia passando per le prime conquiste sociali, passando per due guerre mondiali, passando per la conquista del suffragio universale e il diritto di voto alle donne.Alessio Zanoni, "Trentino", 15 giugno 2016
Passando per il referendum del 2 giugno del 1946 per giungere al 1 gennaio del 1948 quando entrò in vigore la nostra Costituzione, Legge fondamentale della Repubblica italiana.
Dietro a tutto questo non possiamo dimenticare il ruolo fondamentale svolto dai grandi Partiti di massa, che in Italia nacquero e si consolidarono fra la fine dell’800 (Psi 1892) e i primi anni del’900.
I Partiti di massa nacquero proprio per l’esigenza dei gruppi sociali di identificarsi in qualcosa che potesse prendere forma e divenire concretezza. Le idee comuni al servizio delle masse; dopo stagioni troppo lunghe dove le masse non dovevano avere idee, arrivò questa stagione entusiasmante che portò alla nascita della Democrazia.
Non fu un passaggio semplice, molti furono i drammi, le sofferenze, le lotte . . . ma tutto poté prendere forma solo perché ci fu la capacità di legare insieme le persone attorno ad idee comuni.
Quando le idee sono forti e accomunano le persone nascono le ideologie. Questo termine nella società dell’oggi, che si connota per il suo pensiero “liquido”, sembra assumere una accezione negativa proprio perché nessuno intende più prendere posizioni stabili. Oggi anche i Partiti tendono a trasformarsi in movimenti: evitano le tessere e si concentrano sui legami “virtuali”. Come a voler dire che è bene si legarsi ma non troppo! Allo stesso modo i movimenti hanno sì idee, ma a “maglia larga” dove oggi posso dire una cosa e magari domani il contrario della stessa perché il fine ultimo non è più l’affermazione di un’idea ma la conservazione di una posizione.
Prova ne è il fatto che anche il movimento politico a 5 stelle ha dimostrato tutta la sua debolezza intrinseca non riuscendo ad essere credibile nella stragrande maggioranza dei comuni dove è riuscito a vincere le elezioni.
Oggi inoltre la nostra società sembra fare “largo uso” dei comitati; questi stanno alla buona Politica come l’utilizzo “allegro” degli antibiotici stanno alla buona Medicina: si usano per ogni malessere e se all’apparenza sembrano funzionare, alla lunga sono più le devastazioni che lasciano rispetto alle soluzioni che portano.
Questo modernismo della politica è buono solo per dare ossigeno ai talk show televisivi dove si punta vicendevolmente alla spettacolarizzazione delle difficoltà altrui, anziché concentrare il dibattito sulle buone idee da proporre. Tutto sembra paragonabile alle distrazioni che gli Imperatori romani propinavano al popolino dentro il Colosseo: facciamo credere che il sangue che scorre sia la vittoria delle istanze dal basso! E il pubblico esulta come quando il proprio idolo segna un goal nella curva opposta.
Se tutto questo è potuto avvenire, se siamo scivolati così in basso, lo si deve in gran parte al mondo della politica e ai piccoli uomini che negli ultimi decenni hanno dato il peggio di se nell’esercitare le più alte funzioni alle quali erano chiamati.
Come dimenticare quel 17 febbraio del 1992, giorno in cui veniva arrestato Mario Chiesa Presidente del Pio Albergo Trivulzio, data simbolo della corruzione della politica e dell’inizio della stagione di mani pulite.
Come dimenticare tutti gli altri scandali che anno dopo anno, come se nulla fosse successo, continuano a perpetrarsi.
Ma non sono solo gli scandali legati alla corruzione delle singole persone che gettano discredito sulla politica di oggi; la debolezza umana esiste da sempre e la disonestà si trova purtroppo in politica alla stessa stregua in cui la si trova in altri ambiti sociali.
Oggi la crisi più profonda che la politica sta vivendo è quella legata alla sua incapacità di essere credibile perché incapace di dare visione e speranza.
Quello che la politica oggi fa percepire di se è un’immagine legata all’esercizio del potere dove ogni attore, in modo strenuo, fa di tutto per resistere nell’occupare un suo “spazio vitale”; che sia di governo o di opposizione poco importa, ciò che conta è non scomparire dalla scena.
Anche questo scontro sulle riforme, che tutti vogliono far passare come un “rinnovato ardore” verso i valori costituzionali e che pone assieme in modo surreale la sinistra e i partigiani, che da sempre per questo si spendono, a tante altre anime politiche più opportuniste, ne costituisce una conferma.
Infatti, se le motivazioni di fondo fossero sincere questi soggetti politici invece di preoccuparsi troppo delle modifiche costituzionali al titolo II della nostra Carta costituente, dovrebbero essere più concentrati nel far rispettare ciò che la Carta stessa prevede nel titolo I, quello dei Diritti e dei Doveri di ogni cittadino.
Articolo 49
“Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.
Oggi a mio avviso questo Articolo nei fatti è stato totalmente stravolto proprio da chi più di tutti oggi si scaglia contro la proposta di riforma, perché è convinto che la politica la si debba fare senza i Partiti.
Ci si inventa i movimenti, i comitati, si stravolge il vecchio concetto di lista civica e la si usa a sproposito (e a proposito di questo ricordiamoci che alle odierne elezioni amministrative di Roma, le civiche rappresentano l’unico varco della mafia per entrare in Campidoglio), e al tempo stesso si ridicolizza il concetto di partecipazione. La partecipazione per essere positiva deve avere legami solidi con il gruppo di appartenenza. Viceversa, se è fine a se stessa, non porta da nessuna parte perché quando non si è soddisfatti del risultato raggiunto nel confronto si è spinti a cambiare gruppo di persone e a “partecipare” nuovamente.
Tutto questo porta a frammentazione e divisione e indebolisce il concetto stesso di democrazia, perché rende più forte chi invece la considera un orpello del quale liberarsi.
Per rimanere Democratici oggi dovremmo trovare il modo di ricompattarci attorno ad una nuova visione di sinistra, tanto nuova che per essere credibile ed accattivante dovrà per forza ritornare e ripartire dai cari e vecchi valori che da sempre la contraddistinguono.
Dovremo rispondere insieme ad una unica e sola domanda: “cosa significa essere di sinistra oggi”.
Oggi una cultura di sinistra non può prescindere dalla multiculturalità, dall’aggregazione sociale, dalla sostenibilità delle proprie idee, dall’ambientalismo, dalla cultura popolare e dalla cooperazione sociale; dalla difesa delle libertà di tutti, nel ripudio delle paure e delle fobie che invece altri alimentano ad arte al solo fine di riproporre un clima da “darwinismo sociale” di ritorno, dove gli “illuminati” del momento si sentono investiti dall’alto nel compito di sopraffare il più debole.
Il futuro è tutto da inventare, e non si genera da solo. Noi abbiamo il compito di generare un futuro che sia a difesa di tutti e che non sia contro qualcuno.
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