«Il no all’obbligatorietà va nel senso di un’alleanza fra scuola e famiglie. Sono certo che non ci saranno rifiuti, i genitori aderiranno alle proposte contro le discriminazioni. Quanto alla mediazione, sia io che il Pd abbiamo accettato di ridurre la nostra sensibilità. Il risultato è un accordo che ci ha fatto fare un passo avanti».S. Voltolini, "Corriere del Trentino", 12 giugno 2016
Ugo Rossi (Patt), presidente della Provincia, difende l’intesa trovata in consiglio provinciale sull’omofobia, che ha permesso di arrivare al ritiro dell’ostruzionismo delle opposizioni (da 13.424 a una novantina di emendamenti) e di procedere all’approvazione della legge sulla «Buona scuola» (prevista ieri nella notte). Dello stesso avviso, sull’adesione dei genitori, il Pd, che ha «digerito» il boccone amaro del compromesso ed è stato duramente criticato dall’Arcigay trentina: «Un partito prono e afono, incapace di imporsi e di segnare la differenza sui principi».
L’ordine del giorno condiviso dalle minoranze di centrodestra — che hanno cantato vittoria — e dalla maggioranza è stato approvato con 31 sì e un astenuto (il grillino Filippo Degasperi). Ai genitori, recita il testo promosso in primis da Walter Viola e Rodolfo Borga, è concessa la possibilità di «comunicare alla scuola la non partecipazione» del figlio alle attività in classe contro le discriminazioni legate all’orientamento di genere. Fra i punti, il coordinamento delle attività affidato all’Iprase.
In Aula sono intervenuti raggianti tutti gli esponenti del centrodestra: Viola, Borga, Manuela Bottamedi (favorevole mesi fa al ddl anti-omofobia), Claudio Cia, Nerio Giovanazzi, Marino Simoni. Maurizio Fugatti (Lega nord) ha parlato di «ottimo compromesso che non lascia temi pericolosi in mano agli insegnanti».
Il Pd ha lasciato la parola a Rossi ed è rimasto in silenzio, a parte alcune espressioni contrariate, ma fuori dai microfoni. Fra i consiglieri «dem» la sensibilità laica, incarnata sulla questione da Sara Ferrari e Alessio Manica, è risultata minoritaria rispetto all’altra di ispirazione cattolica, fedele a quel «primato della famiglia» che è patrimonio condiviso dell’Aula, da Upt, Patt al centrodestra. Nella discussione interna al gruppo è prevalsa la spiegazione fornita da Violetta Plotegher: «Non è stato un cedimento. È solo un modo per far dire a loro (il centrodestra, ndr) che hanno ottenuto qualcosa. Ma in realtà già oggi i genitori possono lasciare a casa i figli dietro giustificazione. Il Pd sottolinea il valore dell’alleanza fra scuola e famiglia». È stato questo il ritornello della maggioranza, da Rossi a Borgonovo Re, consigliera e presidente dell’assemblea dem. «Se c’è bisogno di ridirci che questa alleanza fra genitori e insegnanti ci deve essere, ben venga l’ordine del giorno». Nessuna rinuncia quindi sul principio dell’educazione alla non discriminazione per tutti, secondo la consigliera: «C’è un reciproco riconoscimento dei ruoli. I genitori aderiranno». Manica, a differenza degli altri, ha ammesso che la concessione ci sia stata. Ma la sua posizione (anche Maestri si è dimostrata «filogovernativa») è risultata minoritaria. «Se serve a tranquillizzare le parti più conservatrici, va bene, anche se in realtà non cambia nulla. Non aveva senso fare una battaglia per questo punto, bloccando un’intesa che serve alla legge. Sono convinto che i genitori aderiranno». «Intervengo domani» ha detto Ferrari, visibilmente contrariata.
Dura l’Arcigay: «Questo ordine del giorno, paradossalmente, legittima l’intervento diretto sulla popolazione studentesca attraverso iniziative di sensibilizzazione sull’educazione all’affettività e alla sessualità. Intendiamo dunque attivarci, ben lieti. Per quanto riguarda il metodo è quasi superfluo sottolineare la miseria in cui versa la politica provinciale. Il partito di maggioranza relativa avrebbe potuto chiedere il voto separato o astenersi, dando un segnale di vita. Invece si è limitato a subire i compromessi al ribasso».
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