La scelta di puntare sul polo di S. Giorgio è vincente. Dopo l'arrivo di Bonfiglioli, che mercoledì insedierà i primi 30 assunti, a breve arriverà anche "EasyDial". L'assessore provinciale allo sviluppo guarda avanti: "La collaborazione tra imprese è la mossa giusta, ma istituti tecnici e università ora devono accelerare".
N. Guarnieri, "L'Adige", 30 maggio 2016
La crisi economica ha azzoppato il comparto produttivo della zona industriale del Trentino. Rovereto e la Vallagarina hanno pagato dazio, perdendo aziende e posti di lavoro sacrificati sul mercato globale che gioca una gara scorretta e impari. Un esempio su tutti è la Marangoni Pneumatici, impresa storica del territorio ma fagocitata dai prezzi mostruosamente al ribasso dell'Est. Tanto da scegliere di trasferire parte della produzione, le gomme piene, in Sri Lanka dove il costo del lavoro è paragonabile agli incassi dei mendicanti al mercato del martedì.
La Provincia, autonoma mica per niente, da tempo ha però cercato di cambiare rotta avviando progetto magari costosi ma in grado di garantire un futuro occupazionale. Certo, il livello si è alzato e chi spera di trovare posto in mestieri di manovalanza probabilmente sarà tagliato fuori ma l'importante è costruire oggi un futuro. In tal senso il Polo della meccatronica di San Giorgio sta dimostrando di avere le carte in regola per ribaltare il lavoro ma comunque garantirlo.
L'ultima arrivata, la «EasyDial» di Los Angeles che porterà in dote 80 assunzioni, dimostra la bontà della scelta. Che, non ce ne vogliano gli altri, ha un nome e cognome: l'assessore allo sviluppo economico Alessandro Olivi.
Assessore, il futuro è adesso, per usare un slogan caro al suo partito?
«Sì, stiamo costruendo proprio il futuro. Abbiamo gestito questa transizione industriale in modo da preparare il territorio e la città ad approdare in una nuova fase dell'economia manifatturiera».
Le fabbriche tradizionali spariscono, i posti di lavoro pure. E quindi?
«Se le politiche pubbliche si limitano ad un approccio difensivo e conservativo, pur salvaguardando l'esistente, sbagliano. Dobbiamo preoccuparci di creare le condizioni di creare nuovi posti di lavoro».
A scapito delle imprese che già sono sul territorio?
«No, non si deve abbandonare mai la difesa delle imprese che ci sono, anche quelle con maggiori radici nella città che sono capitale di tutti, ma sempre di più dobbiamo stare attenti a non fermarci e valorizzare il lavoro nella prospettiva evolutiva».
Il futuro industriale del Trentino, stando agli abboccamenti, sembra essere il Polo della meccatronica.
«La Meccatronica e la Manifattura sono due modi di trasformare quella che è stata per anni una condizione standard del distretto industriale trentino. Stiamo passando da un sistema despecializzato in un mercato protetto e poco internazionale dove non c'era la necessità di grandi innovazioni né sui prodotti né sui processi. Abbiamo visto nascere imprese in settori diversificati ma con grado di specializzazione mai spinto dalla crisi ad emergere».
Quindi con un destino segnato. L'investimento pubblico, per esempio sulla Meccatronica, sta invece dimostrando che una via d'uscita dalla crisi c'è. È così?
«Certamente. Adesso siamo riusciti a creare le condizioni dove i migliori talenti della storia dell'industria della città, meccanica di precisione ed elettronica, stanno rinascendo proprio con la Meccatronica».
Oggi si semina e domani si raccoglie?
«Diciamo che stiamo cercando di creare un'area di specializzazione non eterodiretta (le politiche pubbliche devono creare situazioni di contesto, creare un humus per attirare chi ha voglia di investire) dove si trovano condizioni favorevoli per le aziende. È un sistema territoriale che fa da leva nel suo insieme».
E che punta, in un sistema inedito per un mondo necessariamente egosita come quell industriale, sulla collaborazione industriale.
«Già, e in tal senso Meccatronica e Manifattura segnano una grande svolta nelle politiche industriali: non c'è più un rapporto tra singola azienda e Provincia ma sistemi di relazioni qualitative in settori che oggi sono a livello globale, in grado di far vincere la sfida futura industriale».
Al centro di questa evoluzione post-crisi c'è la Meccatronica.
«La Meccatornica sarà uno dei pochi settori in cui l'industria italiana può salvarsi ma c'è anche il settore dell energie rinnovabili e dell'edilizia sostenibile».
Scelte politiche che la Provincia ha fatto quando sembra di voler pescare in uno stagno.
«È stata una scommessa vincente. Ci sarà un inevitabile travaso tra aziende mature che stanno segnando il passo e un mercato di lavoro che ha molta fame di nuove competenze».
Nell'immediato, però, ci sono industrie in crisi. Che fare?
«Oggi viviamo un momento molto difficile. Ecco perché ci rivolgiamo alle imprese storiche: operare sempre in maniera uguale crea la persona debole nel mercato del lavoro. I lavoratori sono deboli per colpa del fatto che non si è capito che durante le fasi di trasformazione investire sulla formazione continua dei lavoratori è una cosa importante».
Serve dunque uno scatto di qualità?
«Sicuramente. Gli ammortizzatori sociali, per esempio, vanno usati come occasione per investire sulla conoscenza e la formazione delle persone».
A perdere il lavoro, però, sono persone difficilmente ricollocabili.
«In effetti il tema oggi è quello dei lavoratori più anziani che facciamo fatica a portare nel nuovo lavoro».
Ma non è tutto negativo. La Mariani, per esempio, com'è messa?
«Per quanto riguarda la Mariani inizieremo a brevissimo i lavori nello stabile e la prospettiva è di 200 persone impiegate nella fabbrica».
Torniamo a Meccatronica. Come va?
«Bene, direi. La Bonfiglioli, che punta a 100 dipendenti, completerà a metà settimana l'assunzione di 30 persone».
L'accusa che arriva da più parti è l'assenza di specializzati.
«È vero, si fa fatica a trovare profili adeguati».
La scuola, in tal senso, non aiuta?
«La scuola deve anticipare l'indirizzo formativo. Stiamo lavorando anche su questo versante».
In Provincia che si dice?
«Che il cambio di paradigma va bene, che c'è una nuova politica sulle imprese, un cambio di passo che porterà benefici domani. Abbiamo avviato un nuovo modo di impostare il senso di progettualità della Provincia, un nuovo modello di sostegno ad una nuova manifattura».
E il futuro, inevitabilmente, è la Meccatronica.
«La forza della Meccatronica sono le relazioni e la credibilità. Questo progetto è servito a dire o tutti fanno la propria parte, a partire dalla scuola con la collaborazione con altre aziende, o si perde. Discorso impensabile fino a ieri».
Il mondo post-crisi è cambiato. Adesso le aziende cercano collaborazione. È così?
«Lavorare fianco a fianco crea una costante commistione di idee che fa nascere nuove imprese. La competizione ormai non è più tra imprese ma tra sistemi produttivi. Se ci si allea si diventa forti. La Meccatronica ha superato il dualismo tra grande impresa e piccolo artigiano: tutti oggi hanno bisogno di fare innovazione e pure di filiera. D'altro canto la catena produttiva non è più dentro l'impresa».
L'impressione è che la politica sia andata più veloce della scuola.
«Ma la politica industriale nasce nella scuola, soprattutto nella tecnica superiore. Ora tocca alla scuola fare uno sforzo. Perché non deve più essere un mondo autoreferenziale ma deve aprirsi alle imprese».