«Per il Pd è l’ultima chiamata, tenere insieme tutti è la nostra sfida. Se non ci riusciremo, se qualcuno non ci starà, se ne andrà via. Nel Pd non c’è spazio per altri traghettatori». Italo Gilmozzi dovrà mediare tra i tanti big che lo sostengono nella corsa alla segreteria ma si dice fiducioso: «Vedo consapevolezza, non possiamo deludere i nostri elettori». Elisabetta Bozzarelli, la sfidante, lo incalza: «L’unità dei vertici è un valore ma non basta, oggi dobbiamo riconnetterci con la nostra base».
C. Bert, "Trentino", 27 maggio 2016
Ieri i due candidati alle primarie di domenica si sono confrontati in un forum nella redazione del Trentino (video su www.giornaletrentino.it).
Gilmozzi, come riuscirà a tenere insieme leader e correnti che fino a ieri si sono fatte la guerra? Non sente il rischio di essere ostaggio dei big che oggi la appoggiano? Candidarsi alla segreteria del Pd è un rischio, fare il segretario ancora di più. È vero che ci sono diversi assessori e consiglieri che mi sostengono, ma non ci sono solo loro. Tutto starà nella nostra capacità di far convivere le diverse sensibilità. La mia candidatura non nasce da un accordo tra i vertici, alcune persone che avevano idee diverse si sono dette “vediamo se troviamo un percorso comune”, è stato un percorso condiviso da tanti circoli.
Non è stato semplice ma per una volta abbiamo provato a metterci d’accordo prima del congresso e questo lo considero un valore. Nelle assemblee precongressuali sono due le cose che ci siamo sentiti ripetere: piantatela di litigare e fatevi vedere di più.
Bozzarelli, il suo al contrario non rischia di essere un tentativo velleitario di smarcarsi dagli amministratori provinciali? Pensa di poter tagliar fuori gli eletti dalle decisioni? Assolutamente no, ma il Pd non è solo il partito degli amministratori che in questi anni hanno supplito all’assenza del partito. Quello che noi contestiamo all’impostazione di Gilmozzi è che l’unità per l’unità non serve, l’unità dei vertici di un partito è un valore ma non è sufficiente per riconnettersi con la base. Non dobbiamo avere paura del confronto e della conflittualità, quello che dobbiamo imparare è a confliggere bene e poi dire quello che vogliamo fare. In questi anni in assemblea abbiamo parlato troppo di regole e poco di politiche.
Gilmozzi, come potranno stare insieme Borgonovo Re e Olivieri, che sulla sanità hanno una visione opposta? GILMOZZI. La Margherita, da dove vengo, ha governato finché ha tenuto insieme Amistadi e Viganò. Il vero congresso del Pd partirà dopo il 29 maggio. Sulla sanità, così come sugli altri temi, si voterà in assemblea e ci sarà una maggioranza. E tutti dovranno adeguarsi a quella decisione, su questo non transigerò. BOZZARELLI. I nodi sulla linea politica andavano sciolti prima del congresso, non dopo. Altrimenti cosa facciamo il congresso a fare? Noi possiamo portare in assemblea un gruppo coeso che non avrà bisogno di cercare continue ulteriori mediazioni al suo interno.
A posteriori, aver escluso Borgonovo Re dalla giunta è stato un errore da parte del Pd? GILMOZZI. È stato un errore accettarlo supinamente senza un confronto vero con Rossi. BOZZARELLI. Il problema è che quel passaggio non l’ha gestito il partito, ma ancora una volta il gruppo provinciale.
Un grande problema del Pd sono stati anche i conflitti personali. Borgonovo-Zeni, Olivi-Zeni. Oggi si parlano? GILMOZZI. Quando ci sono io, si parlano.
Perché a Trento ha voluto una lista di soli giovani? Non era meglio candidarli davanti ai big e farli eleggere, se si voleva valorizzarli? GILMOZZI. Sono stati alcuni di loro, che non si riconoscevano nel percorso del gruppo di Elisabetta, a propormelo. Quanto agli assessori e ai consiglieri, probabilmente avrebbero portato più voti se fossero rimasti fuori dalla lista, ma la loro candidatura è un segno di responsabilità.
Bozzarelli, voi avete voluto tenere fuori i big, ma da Pinter a Manica, l’impressione è che certe correnti pesino ancora nella vostra mozione. BOZZARELLI. Innanzitutto io sono contraria a rinchiudere i giovani, o le donne, in un parco giochi. Vogliamo stare con tutti gli altri. Quanto alle correnti, io non le sento nella mia mozione. Per noi il passaggio generazionale non significa rottamazione, questa è la nostra sfida. Pinter stesso disse all’inizio: ci saremo. Ma sarà un “ci saremo” diverso, perché nessuno di loro avrà un ruolo. Abbiamo candidato Manica perché è il capogruppo e serviva un collegamento con il gruppo provinciale.
GILMOZZI. E anche perché tira su voti...
Referendum costituzionale, cosa voterete? BOZZARELLI. Voterò sì. Sono modifiche che rappresentano una modernizzazione per il Paese, anche sulla rappresentanza di genere. GILMOZZI. Anch’io voterò sì, penso che sia l’opportunità di dare una risposta più moderna all’Italia e al Trentino.
Sarà anche un referendum su Renzi? BOZZARELLI. Sì, l’ha detto lui stesso. GILMOZZI. Ho qualche dubbio.
Valdastico, favorevoli o contrari? BOZZARELLI. Contrarissima. GILMOZZI. Contrario. Bisogna trovare le forme istituzionali per fermare questa possibilità.
«L’autonomia non è del Patt» Chiede UGO ROSSI: «Per il Pd l’autonomia speciale è ancora presupposto imprescindibile su cui costruire il futuro del Trentino e qual è il ruolo del Pd del Trentino nella difesa dell’autonomia?». Bozzarelli. «L’autonomia è un bene prezioso per la nostra terra che va difeso e rigenerato, anche come modello da esportare in modo generoso. Il Pd non accetta di essere relegato sul livello nazionale, come a volte i nostri alleati hanno provato a fare. Crediamo in un’autonomia che si difende facendo buone leggi e in un Pd che agisce a livello territoriale, nazionale ed europeo senza essere un franchising del Pd nazionale». Gilmozzi. «C’è un’immagine negativa spesso delle autonomie speciali, dobbiamo dimostrare che autonomia non significa spendere più soldi ma saper governare meglio. Il limite del Pd trentino è stato aver lasciato spesso credere che a Roma l’autonomia è difesa dal Patt».
«C’è il Pd, no a nuovi partiti» Chiede LORENZO DELLAI: «Cos’è stata per voi l’anomalia trentina e siete interessati a costruire in Trentino un’infrastruttura politica anomala o siete costretti a fotocopiare ciò che esiste a Roma?». Gilmozzi. «L’anomalia trentina è stata il governo di centrosinistra autonomista, grazie alla Margherita che è riuscita a far confluire elettori di centro che altrove hanno votato a destra. Siamo riusciti a costruire un’idea di Trentino partendo da provenienze diverse, ma questo è venuto meno insieme al piacere di lavorare assieme. Per quanto riguarda Dellai, non credo alle cooptazioni e dico no a un nuovo partito. Credo a forme di collaborazione più stretta come sta avvenendo con Socialisti e Verdi». Bozzarelli. «Il Trentino è stato laboratorio, a livello istituzionale, politico e di comunità. Questa anomalia va coltivata in forme nuove nel campo d’azione democratico che per me è il Pd».
«Ricerca e contratti decentrati» GIULIO BONAZZI (presidente di Confindustria): «Quali considerate i tre interventi prioritari per le imprese?». Gilmozzi. «Innanzitutto ricerca e innovazione, mettendo sempre più a contatto la ricerca con le esigenze del mondo produttivo. In secondo luogo agire sul credito, uno dei problemi più sentiti dalle aziende. Terzo, intervenire ancora sulla leva fiscale». Bozzarelli. «Per me la priorità è favorire la contrattazione decentrata in un quadro di relazioni industriali mature, per ridistribuire ricchezza e recuperare produttività. Secondo, rivedere il sistema dei contributi premiando sempre di più chi innova e investe con ricadute sociali. Infine investire in politiche di contesto che non sono solo le infrastrutture, ma anche formazione continua, investimenti in ricerca, l’innovazione organizzativa e del prodotto».
«Cultura, test per un Paese» MICHELE LANZINGER, direttore del Muse: «Quale ruolo per le istituzioni culturali del territorio?». Bozzarelli. «Il Trentino è un laboratorio ideale per coniugare innovazione e tradizione, penso ai centri di ricerca e alla difesa delle minoranze. Bisogna credere sempre di più nel prodotto immateriale come volano di sviluppo, al pari dell’agricoltura e dell’artigianato. Occorre fare sistema, tra musei, castelli, centri di ricerca, distretti culturali allargati a nord e a sud, partendo dalle vocazioni». Gilmozzi. «Mi ha colpito Salvatore Trainotti (general manager dell’Aquila Basket) quando dice che il livello di un Paese si vede da come gestisce la cultura e lo sport. Sono convinto che la cultura sia un volano. Realizzare il Muse ha voluto dire ampliare l’offerta turistica. Noi abbiamo un grande museo che è l’ambiente. Ai turisti non interessa più andare in val Rendena per la gita in malga, cercano ambiente, agricoltura, cultura».