L' annuncio da parte del ministro Delrio dei prossimi cantieri; la condizione posta dagli spagnoli per l'acquisto della Serenissima, cioè la realizzazione della Valdastico; le dichiarazioni del governatore del Veneto e le rassicurazioni del governo provinciale che non c'è un legame con il rinnovo della concessione dell'A22: tutto ciò aggiunge ulteriore confusione al capitolo riguardante la Valdastico.
Roberto Pinter, "L'Adige", 20 maggio 2016
Quella che sembrava la pietra tombale sul vecchio progetto autostradale si svela per quello che è in realtà: cioè il primo passo verso la realizzazione di una strada che sembrava archiviata.
Per la prima volta, dopo che l'opposizione in Trentino e la mancanza di risorse a livello nazionale aveva accantonato il completamento a nord della Valdastico, è stato messo su carta quello che non si vuole ammettere e cioè la disponibilità del Trentino a realizzare una nuova strada che collega il Veneto al Trentino e che ne permetta lo sbocco sull'asta dell'Adige.
Non si parla di autostrada ma la Serenissima che ha bisogno della Valdastico per il rinnovo della concessione continua a perseguire il vecchio progetto.
Che si tratti di un'autostrada o di una superstrada, di fatto si tratta di un nuovo collegamento stradale, e se è vero che i cantieri desiderati dal governo Renzi non sono imminenti in assenza di una conformità urbanistica da parte della Provincia di Trento, è comunque evidente che lo spiraglio tenuto aperto in questi ultimi anni da molti politici trentini rispetto ai desideri veneti oggi è diventato una breccia nella quale sarà più facile lo sfondamento da parte degli interessi della Serenissima e degli appetiti dei gruppi affaristici.
Con tutto il rispetto per chi preferisce appigliarsi al no all'autostrada, io penso che i decenni di dibattito e di scontro sulla Valdastico non siano mai stati volti al tipo di opera stradale ma al senso e all'utilità oltre al costo economico e ambientale di un nuovo corridoio stradale tra il Veneto e il Trentino.
Se l'opera non è mai stata sostenibile economicamente, ancor meno lo sarà se ne togliamo il pedaggio perché ne aumenterà l'utilizzo in un'ottica di convenienza per il trasporto su gomma e in evidente concorrenza rispetto al potenziamento del trasporto su rotaia, che naturalmente viene indicato come prioritario ma che in realtà rimane come specchio per le allodole venendo nel contempo dirottate le risorse progettuali e finanziarie sulla strada.
In altre parole non la raccontano giusta! Si riempiono di belle parole i documenti ma gli atti vanno in tutt'altra direzione.
E allora, come ha scritto Elisabetta Bozzarelli, interrogandosi sull'A22 e il significato delle recenti nomine, il problema è capire quale politica della mobilità si vuole perseguire, perché non è più accettabile l'ipocrisia di chi parla di elettrificazione della ferrovia della Valsugana e della ferrovia del Brennero mentre subordina il rinnovo della concessione della A4 al completamento della Valdastico.
Se il governo Renzi vuole cantieri per far ripartire l'Italia perché non apre i cantieri di ammodernamento della rete ferroviaria, perché non investe sull'intermodalità, perché non si collega all'Europa pensando al futuro del nostro paese piuttosto che ai piccoli e sciagurati interessi di bottega? E perché non tratta con l'Europa e con l'A4 per un rinnovo della concessione che prendendo esempio da quello dell'A22 lo subordini al recupero di risorse per la ferrovia?
Ci può consolare il fatto che al Veneto la Valdastico interessi solo strumentalmente o che in Trentino per decenni i politici l'abbiano usata come pretesto per uno scontro ideologico sull'idea di sviluppo, ma non ci consola l'ostinazione con la quale perseguendo altri obiettivi si progetta una nuova strada.
Sembrava che in Trentino, e nel PD in particolare, fosse finalmente cresciuta la consapevolezza che occorresse cambiare direzione, che la bellezza fragile del nostro territorio imponesse una idea della mobilità sostenibile economicamente e ambientalmente, ma a quanto pare la disinvoltura con la quale il presidente Rossi ha aperto alla Valdastico (bypassando lo stesso programma del centrosinistra) non promette niente di buono.
Io la chiamo «indifferenza», quella per cui una strada o un'opera infrastrutturale non la si fa perché è indispensabile ma perché è un'occasione per qualche gruppo di interesse, o perché così si ottiene una concessione, o perché fa parte di una trattativa politica con lo Stato o con le regioni confinanti.
È irresponsabile l'indifferenza di chi in questi anni si è opposto ad un progetto o lo ha sostenuto per ragioni di consenso elettorale. È irresponsabile che si valuti la convenienza immediata e non le conseguenze per le future generazioni, che si consideri il limite solo un'asticella che basta alzare a piacimento. La responsabilità per il bene comune che un amministratore dovrebbe assumere richiederebbe una valutazione dei costi e dei benefici alla luce dell'idea di futuro che si vuole per il proprio territorio.
Ecco quello che manca quando si parla di Valdastico, un'idea di futuro, preferendo ad essa il tornaconto immediato dei cantieri e degli interessi che gli stessi attraggono, degli utili ricavati da una concessione, dello sventolio di una bandiera che chiamano crescita quella cosa che rischia invece di impoverire un territorio e di comprometterne un futuro di qualità.
Nella confusione generata anche per la mancanza di trasparenza sarebbe utile provare a fare chiarezza su cosa si vuole realmente.