L' ipotesi della costruzione di una barriera al Brennero sta assumendo sempre più i caratteri di una rappresentazione paradossale. L'insieme di drammatici paradossi contemporanei che speriamo possa venire scongiurata.
Elisa Filippi, "L'Adige", 10 maggio 2016
Provo ad individuarne tre, per chiarire meglio quali siano le ragioni, dal mio punto di vista, e la possibile via di uscita.
Il primo è il paradosso che questa ipotesi rappresenta in sé. Sono già state spese molte parole in merito. Il Brennero ha ospitato la fine di due guerre mondiali, e da lì proprio grazie all'integrazione europea ha smesso di essere un elemento di divisione, per diventare il cuore di una collaborazione transfrontaliera. Da confine è diventato ponte per la convivenza e per lo scambio anche commerciale: una via di comunicazione privilegiata, la porta d'accesso al mercato unico europeo.
Il paradosso è plasticamente rappresentato dall'idea di costruire una barriera sulla stessa superficie sotto la quale stiamo realizzando un tunnel per il quale l'Europa ha stanziato alcuni miliardi di euro.
I danni che potenzialmente questo paradosso potrebbe produrre complessivamente sono ben descritti nell'ultimo rapporto dell'Istituto Delors, che stima in quasi 63 miliardi di euro all'anno per l'intera Europa, i costi di una mancata attuazione dell'accordo di Schengen (sommando i danni arrecati al commercio, al turismo, ai trasporti etc.).
A questo paradosso se ne aggiunge, a ben guardare anche un secondo: quello che a sostenere la creazione di questa barriera sia, tra gli altri, anche una buona parte del partito socialista austriaco SPÖ, oggi impegnato in un governo di coalizione insieme ai conservatori. Le conseguenze di tale posizione, razionalmente difficile da comprendere, si sono palesate nel primo turno delle elezioni presidenziali di domenica scorsa: la sinistra che rincorre la destra con le sue stesse argomentazioni è destinata a perdere. Ora i socialisti austriaci hanno solo tempo per correre ai ripari di fronte all'avanzata delle destra nazionalista sostenendo van der Bellen al ballottaggio, ma soprattutto scegliendo di offrire una risposta politica e non populista; si tratta di un compito certo difficile, ma doveroso per una forza progressista che intenda risultare credibile.
Vi è poi un terzo paradosso, se vogliamo più «territoriale» e che riguarda da vicino la popolazione che sul territorio di confine vive. I sudtirolesi hanno storicamente subìto il confine del Brennero come «imposizione» italiana, nel corso della prima guerra mondiale. Si trovano oggi a vedere ripristinato questo confine, questa volta da parte austriaca, con la quale peraltro condividono tuttora un rapporto «rafforzato» anche in ragione dell'Accordo Degasperi-Gruber. Non solo. Nei giorni scorsi a Trento il Dreier Landtag, ovvero la riunione congiunta delle assemblee legislative delle Province di Trento, Bolzano e del Land Tirolo, ha approvato una mozione che conteneva la contrarietà alla costruzione di una barriera al Brennero ed esprimeva un richiamo all'Europa ad intervenire per affrontare la questione migratoria in maniera congiunta.
Insomma, come alcune di queste riflessioni dimostrano, il tema sta facendo emergere diversi paradossi e quando troppe contraddizioni si sovrappongono il risultato non può che determinare una situazione folle e pericolosa.
Questo non è il momento della retorica, è il momento del realismo. Ed è proprio il realismo a suggerirci che questo deve essere il tempo dell'Europa, perchè il ripristino di controlli alle frontiere interne non è una «minaccia» per l'Italia, è un affronto per l'Europa tutta. Lo è in termini ideali, lo è in termini economici. L'Italia ha presentato una proposta, il Migration Compact, per affrontare il tema in maniera strutturale e non emergenziale, raccogliendo prime reazioni positive. È tuttavia oggi cruciale che, come ha chiesto anche il governo italiano, l'Europa si impegni a passare dalle parole ai fatti, dimostrando di essere in grado di proteggere se stessa, preservando il patrimonio di convivenza e civiltà sul quale si fonda. Questo impegno passa attraverso ad esempio un'azione congiunta per un'efficace controllo delle frontiere esterne, la creazione di canali d'immigrazione legale, una ripartizione vera tra i Paesi europei dei richiedenti asilo e rifugiati e la volontà di sostenere finanziariamente queste misure. La volontà e la capacità di investire sul nostro futuro.