Sono state oltre 70.000 le donne organizzate in gruppi di formazioni partigiane dall’8 settembre del 1943 al 25 aprile del 1945, 35.000 furono partigiane con nome di battaglia, 512 le formatrici dei gruppi, 2.750 le donne deportate, 4.635 quelle condannate, torturate ed uccise, 19 le decorate, delle quali due giovani trentine Ancilla Marighetto (Ora) e Clorinda Menguzzato (Veglia).
E. Baiguera Beltrami, "Trentino", 25 aprile 2016
Eppure la Resistenza, come insieme di movimenti politici e militari che ha combattuto per liberate l’Italia dal nazifascismo, è sempre stata declinata al maschile, una storia scritta a metà. Un contributo a colmare questa discriminante durata oltre 70 anni lo ha fornito i giorni scorsi l’iniziativa “Le resistenti – le donne si raccontano”, organizzata da Cgil del Trentino, Coordinamento donne dello Spi, Anpi ed Arci. A ripercorrere un lungo viaggio a ritroso nella memoria, in occasione delle commemorazioni del 25 aprile alle Gallerie di Piedicastello Valeria Fedeli, vicepresidente del Senato della Repubblica e Mara Rossi, vicepresidente ANPI del Trentino, incalzate stimolate e guidate da una moderatrice d’eccezione: la giornalista televisiva Luisella Costamagna.
Molti gli stimoli degli interventi rivolti passato, al lungo lavoro delle “madri costituenti”, ma anche al presente ed futuro delle donne, tenendo nella mano sinistra un libro di storia da riscrivere e nella mano destra la Costituzione, che oltre ad essere ordinamento statuale, grazie agli articoli scritti dalle donne costituenti, fu di fatto un programma sociale. Ed il quesito che Costamagna pone alle due interlocutrici entra ficcante come una lama nel vivo del dibattito, di quanto, dopo 70 anni dall’introduzione del voto alle donne (2 giugno 1946), di quei principi costituzionali di non discriminazione, uguaglianza, diritto al lavoro, rappresentanza negli organismi istituzionali, sia rimasto nell’universo femminile attuale.
E la domanda è stringente: Costituzione tradita? «Se non proprio tradita sicuramente disattesa – afferma la vicepresidente del Senato Fedeli – se pensiamo che le 25 madri costituenti non si discriminarono per appartenenza politica allora, possiamo capire quanto sia attuale il tema oggi. Un tema in cui oggi sono gli uomini a doversi sentire coinvolti. Questo governo - rivendica l’ esponente del PD al Senato – ha comunque in parte mitigato un ritardo culturale varando buone leggi: la rappresentanza di genere alle elezioni europee in primis, la modifica dell’art. 55 della seconda parte della Costituzione che sancisce come non possono esistere organi legislativi elettivi che non rispettino l’ equilibrio di genere. Pena ricorsi per il rispetto della normativa. E’ stata abolita la terribile consuetudine delle “dimissioni in bianco” che obbligava le donne a firmare insieme al contratto di lavoro le proprie dimissioni volontarie in caso di gravidanza. Una pratica indegna di un paese civile, che ostacolava la maternità e quindi la crescita demografica del paese. Con l’Italicum, la nuova legge elettorale, i partiti non possono avere meno del 40% dell’espressione di genere e così dovrà essere nei consigli regionali».
Ed a questo proposito non è mancata la bordata nei confronti del Trentino Alto Adige che ancora non recepisce questa norma. «In tema di femminicidio il Parlamento ha votato all’ unanimità la convenzione di Istanbul – ha proseguito Fedeli – ma la maggior parte dei deputati e senatori non l’ ha mai nemmeno letta. Sul lavoro femminile una priorità non c’ è, perché considerato ancora accessorio, per questo non viene incentivato, nonostante sia spesso il più qualificato, un gap enorme rispetto al resto d’ Europa». Diverse le posizioni di Mara Rossi dirigente ANPI e della senatrice Fedeli in tema di riforma costituzionale, dove ANPI rivendica un percorso che andava fatto con spirito unitario, mentre Fedeli invita a leggere il testo prima di andare a votare per il referendum, si tratta di restituire efficienza alle Istituzioni, eliminando lungaggini anacronistiche.
Toccanti in coda al dibattito le testimonianze delle studentesse che hanno visitato il campo di sterminio di Auschtwitz, con i treni della Memoria e le varie iniziative promosse dalla Provincia e dalla Regione. «Ho respirato la morte – racconta Roberta Corradi – mi è entrata dentro, come se da allora il tempo non fosse passato, ma non mi sono mai sentita così viva. Una sensazione talmente ambivalente da risultare di difficile comprensione per chi in quei luoghi non c’è mai stato. Sono uscita da quel cancello con un convincimento preciso: quelle donne e quegli uomini sarebbero vissuti dentro di me, li avrei portati tra la gente, tra i miei amici e parenti. E forse è soltanto così che possiamo rendere onore al loro sacrificio».