TRENTO «Settant’anni dal primo traguardo e ancora tanti buoni motivi per cui lottare». Valeria Fedeli, vicepresidente del Senato, è una che le piazze le conosce bene. «Ero e resto una sindacalista, almeno nell’anima». Perché è questo il piglio con cui guarda alle cose, alla politica così come «alla vita reale». Lo stesso con cui discuterà de «Le resistenti. Le donne si raccontano» a Le Gallerie di Piedicastello questo pomeriggio alle 18, per un appuntamento voluto da Cgil del Trentino, Coordinamento donne dello Spi, Anpi e Arci in vista del 25 aprile.S. Pagliuca, "Corriere del Trentino", 21 aprile 2016
Presidente, settant’anni fa per la prima volta il voto alle donne, attivo e passivo. Cosa rimane di quelle battaglie?
«Molto, moltissimo! L’impegno delle resistenti durante e dopo la guerra è stato fondamentale per l’emancipazione femminile e, più in generale, per l’intera democrazia. Gli articoli più belli e più importanti della nostra Costituzione, sull’uguaglianza, sulla parità giuridica dei coniugi e dei genitori verso i figli, e sull’accesso alle cariche pubbliche, sono frutto proprio del volere politico di quelle donne».
Oggi rendiamo onore a questa eredità?
«Abbiamo un Parlamento composto per il 30% da donne e un governo finalmente paritario. Ma ancora tanto c’è da fare, soprattutto sul lavoro, dove essere una donna e dunque una possibile madre, è ancora un ostacolo».
Si colmerà mai questo gap?
«La volontà c’è: nella legge di stabilità abbiamo superato le dimissioni in bianco, una forma urticante di discriminazione. Ma il percorso è molto più ampio: dobbiamo passare dal concetto di “conciliazione” declinato solo in termini femminili a quello di “condivisione” prevedendo un congedo di paternità più simile a quello dei paesi anglosassoni».
Un cambiamento anche culturale. Lei è firmataria del disegno di legge sull’insegnamento dell’identità di genere nelle scuole, progetto che viene attuato anche in Trentino, non senza critiche…
«Percorsi di questo tipo fanno sempre difficoltà a inserirsi nella società. Eppure, in Parlamento abbiamo ratificato all’unanimità la Convenzione di Istanbul con cui ci siamo impegnati a superare gli stereotipi di genere. Anche questa è una forma di violenza».
La questione femminile ha a che fare sempre di più anche con l’immigrazione. Come si favorisce l’integrazione da questo punto di vista?
«Con l’informazione. Non dobbiamo dare solo case e rudimenti linguistici alle persone che accogliamo, ma fornire loro gli strumenti per comprendere che devono riconoscere i nostri valori. Non religiosi, ma laici e democratici».
Il 25 aprile è alle porte: festa della Liberazione e richiamo fortissimo alla democrazia. La fine del bicameralismo perfetto, su cui gli italiani si esprimeranno con il referendum in autunno, mette a rischio questa identità?
«Direi di no. Tutta la riforma e lo stesso referendum sono pensati per favorire una maggiore partecipazione dei cittadini alla vita politica».
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