Oggi, con l’approvazione definitiva del testo di riforma costituzionale, giungiamo al termine di un lungo percorso, assai complicato e difficile, iniziato oltre tre anni fa nel pieno della grave crisi politica, economica e istituzionale nella quale era precipitato il paese all’indomani delle elezioni politiche del 2013.
da http://progetto-democratico.com/, 13 aprile 2016
Una crisi dalla quale decidemmo di uscire senza cedere alle sirene del populismo, ma assumendoci la gravosa responsabilità di guidare il paese nella tempesta, e di provare a trasformare quella crisi in una occasione di riscatto della politica, in una occasione cioè per dare al paese le risposte attese da decenni.
Iniziò allora, sotto l’impulso e gli ammonimenti del Presidente Napolitano, il percorso delle riforme di sistema che ci ha portato fino a qui.
Venne immediatamente insediata una commissione per le riforme, formata da tutti i più autorevoli giuristi e costituzionalisti italiani, che riassunse le sue riflessioni in sei capitoli, dedicati ad altrettanti temi di riforma che pressoché unanimemente vennero individuati come i più rilevanti e centrali per riformare e migliorare l’assetto istituzionale del paese: bicameralismo paritario, procedimento legislativo, titolo V, forma di governo, sistema elettorale, istituti di partecipazione popolare.
Il testo di riforma costituzionale che abbiamo approvato, con un consenso che va ben oltre il perimetro del centrosinistra – e che solo per un voltafaccia tutto politico non vede l’adesione di ciò che resta di Forza Italia, che pure lo aveva inizialmente condiviso – affronta esattamente quei capitoli, quelle questioni, con l’unica eccezione della forma di governo, che non è stata toccata, e della legge elettorale, che ovviamente è stata affrontata a parte con legge ordinaria.
Il Parlamento si è cioè concentrato sui temi che per unanime riconoscimento non solo della politica, ma di tutti gli studiosi, rappresentano le obiettive esigenze di aggiornamento e riforma dello nostri meccanismi istituzionali.
Il tutto con alcuni obiettivi. Quelli di snellire, di semplificare i meccanismi istituzionali, di migliorare la qualità della nostra legislazione, di rendere più stabile e meno precario il nostro assetto politico, di dare più strumenti e più efficaci all’azione di governo.
Detto altrimenti, tentare di dare più forza e qualità alle nostre istituzioni, e per questa via più autorevolezza e ruolo alla politica, nella idea che l’instabilità del nostro quadro politico, trasformandosi in debolezza e inettitudine dei nostri governi, non solo ha pregiudicato la capacità riformatrice degli esecutivi, non solo ha indebolito il nostro paese nelle istituzioni sovranazionali e in particolare in Europa, ma ha finito anche per alimentare quel clima di sfiducia nei confronti della politica e delle istituzioni che oggi pare il sentimento prevalente, in un meccanismo perverso che toglie alla politica ogni capacità di visione e la rende sempre più asservita al conformismo.
Noi non abbiamo la presunzione di aver prodotto una riforma perfetta: non è difficile l’esercizio della critica su quanto fatto, anche perché è impossibile la virtù della perfezione.
Ma se, come crediamo, occorre dare una valutazione complessiva, in certo senso politica di ciò che è stato fatto, del punto cui siamo arrivati, della posta in gioco per il nostro paese, allora la critica, quand’anche puntuale, ben argomentata e condivisibile su singoli punti e questioni, deve recedere, e occorre riconoscere che oggi, in modo totalmente insperato se si guarda a quella crisi acuta che abbiamo vissuto a inizio legislatura, abbiamo davanti a noi una occasione unica.
Oggi siamo arrivati in fondo ad un percorso straordinariamente difficile e complesso, e abbiamo la possibilità, mai così vicina prima d’ora, di rinnovare il nostro assetto istituzionale secondo linee direttrici ampiamente condivise, secondo un modello complessivamente equilibrato, non dirompente, che non velleitariamente può consentire un grande passo in avanti nella direzione di quegli obiettivi di semplificazione e stabilizzazione del nostro assetto politico e istituzionale tanto necessari al paese.
Certo, ci siamo assunti una grande responsabilità quando abbiamo intrapreso questo percorso, sappiamo che scelte così impegnative e gravose non sono prive di rischi e azzardi, ed è legittimo avere dubbi quando si affrontano materie così delicate come la riforma dei meccanismi istituzionali, la riforma della carta fondamentale.
Ma era inevitabile, non era e non è il tempo della timidezza, occorre essere all’altezza della crisi che abbiamo attraversato.
Oggi consegniamo nelle mani degli italiani la responsabilità che ci siamo assunti: siamo fiduciosi che sapranno fare la scelta giusta nell’interesse del paese, consapevoli che se fallisce anche questo tentativo, se sprechiamo anche questa occasione, la porta delle riforme si richiuderà per molto tempo a venire.
Da parte nostra ci impegneremo con determinazione nella campagna referendaria che di fatto si apre da domani.
Lorenzo Basso, Alfredo Bazoli, Gianluca Benamati, Marco Bergonzi, Marina Berlinghieri, Luigi Bobba, Enrico Borghi, Piergiorgio Carrescia, Ezio Casati, Paolo Cova, Carlo Dell’Aringa, Michele Nicoletti, Teresa Piccione, Ernesto Preziosi, Francesco Prina, Paolo Rossi, Giampiero Scanu, Angelo Senaldi, Luigi Taranto, Mino Taricco, Giorgio Zanin