«Rispetto agli anni della grande variante al Prg di Busquets, oggi abbiamo molte più aree ed edifici a disposizione. In questa situazione, non è sbagliato prendersi un po’ di tempo per fare la scelta migliore». Alessandro Andreatta conosce perfettamente lo sviluppo urbanistico di Trento. Negli ultimi vent’anni, ha seguito le trasformazioni del tessuto cittadino prima da assessore all’urbanistica e poi da sindaco.M. Giovannini, "Corriere del Trentino", 12 aprile 2016
E ha tenuto sott’occhio quei progetti incompiuti che, periodicamente, tornano ad animare il dibattito del capoluogo (Corriere del Trentin o di domenica). Come la localizzazione dello stadio Briamasco, «di cui si parla — ricorda Andreatta — da almeno 25 anni».
Sindaco Andreatta, il nodo dello spostamento dello stadio è tornato di attualità grazie alla proposta di Quadrostudio di collocare in quella zona il polo fieristico.
«Diciamo che non si tratta di un ragionamento nuovo: che lo stadio non abbia più senso in quell’area lo si dice da anni. Ma nessuno, finora, aveva puntato l’attenzione sulla destinazione dei terreni a nord di Palazzo delle Albere. Ecco, Quadrostudio, per la prima volta, ha messo nero su bianco una proposta concreta: in quella zona il polo espositivo cittadino potrebbe contare su un terreno ampio, in un contesto armonico e armonizzato».
I professionisti hanno insistito molto sull’opportunità di dare una localizzazione urbana al polo fieristico. È d’accordo?
«Quello cittadino non è un polo fieristico, ma espositivo: per questo, ha senso che sia collocato all’interno del tessuto del capoluogo. Dirò di più. In un’area che ha, sempre di più, una vocazione culturale, giovanile e universitaria, questa funzione ci sta bene».
Ma la riflessione sul terreno a nord delle Albere non risolve il problema dello stadio.Si è parlato di Ravina, Mattarello, della cava Italcementi.
«Il Prg individua l’area per lo stadio a Ravina. Ma è vero che negli ultimi anni le attenzioni di molti si sono focalizzate sulle aree di San Vincenzo di Mattarello. Se ne parlerà».
Molte ipotesi per una sola funzione. L’ex sindaco Alberto Pacher considera questa pluralità di idee una ricchezza. È d’accordo?
«Che ci siano tante idee è positivo. Se poi sono convergenti, ancora meglio. Va detto che, rispetto al periodo della grande variante al Prg dei primi anni Duemila, oggi abbiamo molte più aree e più edifici a disposizione rispetto a quelli che ci servono. Allora dovevamo cercare le aree per le funzioni, oggi la situazione è inversa. E questo ci consente di prenderci il tempo per fare la scelta migliore. Penso all’istituto d’arte: ci sono state diverse ipotesi, ma la scelta finale consente di inserire l’istituto in un’area vocata alle funzioni scolastiche».
Quanto ha influito la crisi nella possibilità di concretizzare le previsioni?
«Molto. Lo stadio ne è un esempio: all’inizio c’erano almeno tre realtà interessate a realizzarlo. Poi, negli ultimi anni, più nulla».
Pacher ha ricordato il fermento dei primi anni Duemila, quando si parlava di urbanistica anche nei bar. Ora si apre l’iter del nuovo Prg: quel fermento potrà tornare?
«Sì. Il destino della città, la qualità della vita non possono non coinvolgere. È evidente, però, che in un contesto di maggiore difficoltà si potrà continuare a sognare, ma con più realismo, intervenendo per aggiustamenti più che per grandi stravolgimenti. Sia chiaro: questo non significa non avere coraggio, ma venire incontro alle richieste dei cittadini, che invocano interventi nei sobborghi per aumentare la qualità. L’obiettivo, in sostanza, è quello di trovare un equilibrio tra qualche sogno e gli aggiustamenti per permettere ai cittadini, là dove abitano, di avere una vita di qualità anche se abitano in periferia. Trento parte da una buona condizione: dobbiamo migliorare, non stravolgere».
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