Su Italo Gilmozzi convergono anche i «demo». Sembra prendere forma quel sostegno maggioritario che l’assessore di Trento chiedeva come condizione della sua candidatura. «Mediazione non è compromesso» ricorda Donata Borgonovo Re annunciando la scelta della sua area e la definitiva rinuncia a una propria candidatura. «Una proposta di tipo personale non avrebbe avuto senso».
T. Scarpetta, "Corriere del Trentino", 31 marzo 2016
Consigliera, aveva annunciato che avrebbe parlato dopo l’assemblea di martedì sera. Che idea si è fatta di questo congresso?
«L’assemblea è servita a condividere gli obiettivi che tutti nel Pd ci diamo e a tratteggiare il profilo del prossimo segretario. Mi pare siano emerse due tesi congressuali tra loro non molto diverse. Quello che tutti chiedono è un rinnovato protagonismo del Pd in vista dell’appuntamento elettorale del 2018. I giovani mostrano uno sguardo più fresco, il che non vuol dire che alcune personalità che li sostengono non abbiano anche loro un proprio passato».
Teme possano essere gli strumenti di chi li manovra da dietro le quinte?
«No, ritengo il loro protagonismo sincero. Nella serata di martedì si è chiarito una volta per tutte che la vecchia modalità di divisione per appartenenze è stata abbandonata. L’interesse trasversale alle due candidature è riuscire a intercettare un elettorato pd un po’ scoraggiato. Mi pare si sia trovata anche una condivisione comune sul nodo della riforma costituzionale che aveva agitato qualcuno».
Da come ne parla, pare che l’ipotesi di una sua candidatura sia definitivamente tramontata.
«Sì. È una domanda che mi sono posta a lungo e anche ieri sera più d’uno mi ha chiesto, anche affettuosamente, se intendessi candidarmi. Ho deciso di no, un po’ per una questione di attitudine, un po’ perché una candidatura non può mai essere una scelta personale, deve essere un percorso collettivo».
Avete già deciso chi appoggiare?
«La nostra area, se ha senso esprimersi così, penso a Civico, a Nicoletti, ma anche a tanti altri, compreso Olivieri, ci riconosciamo in Gilmozzi come il filo rosso che ci lega».
Mi perdoni, ma Olivieri non è chi le disse «te la sei cercata» quando Rossi la allontanò dalla giunta?
«Sì, ma è sempre stato un bel nemico. Ci siamo affrontati in campo aperto. Ha le sue caratteristiche, come io ho le mie, ma non provo astio nei suoi confronti».
Non teme che Gilmozzi possa apparire come un segretario di comodo, utile a mantenere lo status quo dell’attuale classe dirigente?
«La mediazione non è per forza un compromesso. Qualsiasi segretario deve essere una persona capace di mediare tra tutti. Il Pd deve avere un’organizzazione solida».
E il rischio che, a congresso finito, Gilmozzi possa essere «ostaggio» dei veti contrapposti di chi lo ha sostenuto?
«Questo è un pericolo reale. Condividiamo tutti il cosa fare, meno il come. L’importante è che i patti siano chiari e rispettati, che si costruisca intorno alla candidatura una squadra ispirata al riconoscimento reciproco».