Non è questione di appartenenze o di nostalgia, ma nella “politica” dell’oggi manca troppe volte una chiarezza di fondo, la certezza dei valori di riferimento, la coerenza. Una certezza che ancora coltivo è quella legata all’antifascismo; ero convinto che vi fosse uno spartiacque netto, profondo insormontabile e invalicabile. Oggi vedo invece che, anche purtroppo dentro una certa sinistra di governo, questo spartiacque può farsi anche più flebile se serve per mantenere almeno in parte convenienze di equilibrio.
Alessio Zanoni, "Trentino", 22 marzo 2016
Convenienze che sono evidentemente di quilibrio per la propria maggioranza, cercando al contempo di far passare per insensibili quelli che invece trovano ancora ripugnate il saluto fascista e i baci rituali di Predappio. Probabilmente la causa è dovuta anche alla mia formazione troppo rigorosa, la quale mi ha imposto delle “fisse” che non sono in svendita mai. E fra queste “fisse” l’antifascismo era ed è un punto rigorosamente fermo.
Come un punto fermo in Politica era la formazione di una classe dirigente, dove il Partito cercava di garantire l’integrità morale e l’appartenenza all’idea politica. La colpa di ciò che è successo non è certo di chi si è ritrovato come d’incanto a ricoprire un ruolo insperato fino a pochi giorni prima, un ruolo che peraltro gli è stato affidato non certo per il pedigree della sua militanza (proprio l’altro giorno l’artefice della sua elezione si giustificava sulla stampa dicendo: «non sapevo, nessuno dall’Altogarda mi ha mai detto nulla») ma al fine di compiere uno stratagemma politico di “alto profilo” dove il malcapitato del momento altro non era che una pedina mossa dal manovratore. Le cause partono anche da lontano, da quelle “fraterne amicizie” nate dalle militanze attive nelle formazioni politiche di destra che poi, quasi d’incanto, per arrivare dalla parte che fa vincere, sono transitate armi e bagagli sull’altra sponda. C’è chi ha fatto carriera ancora prima, ma ora sembra che la ruota della fortuna - che sempre per lui ha girato a suo favore - per il momento si sia fermata, ma per farla ripartire non esita a giocarsi anche l’ultima carta, che senza scrupolo “usa” nuovamente chi è appena stato usato.
La colpa di tutto ciò risiede nell’avere volutamente abbassato la guardia, nell’avere aperto i recinti che delimitavano l’appartenenza ad un Partito, per farci entrare ogni genere di “non idee” o di idee opposte. Pur che sia al servizio dei numeri; della raccolta! E non a caso chi è maestro in questo si definisce proprio partito di raccolta. Mai come oggi il simbolo di questo Partito appare come un “cembalo che suona a vuoto”, svuotato proprio da improvvisate comparse che hanno sbiadito la figura dell’essere uomo di Partito, non tanto o non solo per occupare spazi e tornaconti, ma spesso per inconsapevolezza del ruolo. Lo abbiamo visto nelle arrembanti campagne elettorali fatte di gadget e di promesse vuote; lo abbiamo visto nella spasmodica attenzione sulle nomine; lo notiamo poi in modo particolare nelle idee che non decollano, perché per volare servono le ali. Oggi assistiamo ad una debacle della Politica senza fine, proprio all’indomani dei Congressi dei due Partiti di coalizione. Dai Congressi ci si attende sempre aria nuova, forza propulsiva, linee politiche da traguardare... invece per ora si nota solo stagnazione al ribasso.
Quello che serve al Centro sinistra oggi non è tanto recuperare il valore della Coalizione ma prioritariamente va recuperato il senso “dell’essere in Politica”. Ora le speranze di ripartenza per questa Coalizione di centro sinistra sono riposte nel futuro Congresso del Partito di maggioranza relativa che si svolgeranno a maggio. La speranza è che questa volta il Partito Democratico faccia un Congresso vero, basato sulle idee e sui valori di fondo e che possa rappresentare anche un punto di riferimento certo per le altre componenti politiche di governo.