«Non torniamo per l’ennesima volta a dividerci per simpatie e antipatie, a pensarci come pericoli reciproci da neutralizzare. Un grande partito popolare come il Pd ha bisogno di tutti, di Olivi e di Borgonovo Re, e le convergenze si trovano sulla linea politica». Michele Nicoletti, ex segretario del Pd trentino e oggi deputato, rilancia il tentativo di arrivare al congresso del 29 maggio con una maggioranza larga.
C. Bert, "Trentino", 21 marzo 2016
E insiste a non scartare la disponibilità del vicepresidente della Provincia a candidarsi: «In un partito che si vive come squadra si può anche spostare un giocatore».
Nicoletti, cosa risponde a chi, come Manica, obietta che una maggioranza che tiene dentro da Olivi a Borgonovo Re non regge perché rappresentano due approcci al governo e alla coalizione che si sono scontrati per anni? Io penso che chi sostiene questo fa una ricostruzione sbagliata e strumentale. Ci si confronta sulle questioni politiche, e allora uno dovrebbe dire quali sono i nodi politici di frattura. Io posso vedere delle differenze di metodo e di carattere, ma Donata Borgonovo Re quando era assessora attuava un piano della giunta, non certo scelte di tipo non governativo. Francamente quella che è stata una delle brutte pagine di questa legislatura ha avuto ben poco di politico. Se io dovessi mettermi a un tavolo su alcuni punti politici e si trovasse una convergenza, non vedo dove sarebbe il problema, se non nella regressione infantile del Pd alle simpatie e antipatie, amici-nemici, costruita ad arte.
Parliamo allora di politica. Quali sono i nodi che secondo lei il Pd dovrà sciogliere al congresso? Innanzitutto come Pd trentino dovremo pronunciarci sul processo di riforma costituzionale che si concluderà con il referendum. Io penso che ci possono essere alcuni punti discutibili, ma la direzione è positiva dopo tanti anni di stagnazione. E se il processo di riforma dovesse impantanarsi, ci assumeremmo una responsabilità storica. Nel Pd c’è chi come Dorigatti ha detto che non sa ancora come voterà al referendum. È una posizione assolutamente legittima ma è una linea politica alternativa alla mia.
Altre questioni? Il congresso dovrà dire come rilanciamo la nostra specialità, perché l’Italia si aspetta da noi delle buone ragioni per mantenere la nostra autonomia. E sarà importante anche per dimostrare che il Trentino non va solo a rimorchio di Bolzano e della Svp.
Poi c’è il tema della guida della Provincia nel 2018. Giusto porre oggi la questione della contendibilità della leadership di Ugo Rossi? Non per il gusto del contendere, ma perché il primo partito della coalizione ha il dovere di arrivare a quella scadenza con proposte di idee e di persone. Nel 2013 abbiamo fallito, questa volta partiamo per tempo. Per questo il congresso non può limitarsi a trovare di nuovo un traghettatore, sarebbe un’occasione persa.
Teme questa opzione? Il pericolo c’è. C’è chi ha interesse a lasciare tutto nel vago.
Lei ha detto che Olivi è una risorsa per la segreteria. Oggi viene prima l’impegno in giunta o la guida del Pd? Io ragiono in termini di squadra, una cosa che il Pd trentino non ha saputo fare. Una squadra dovrebbe riunirsi e dire: che formazione mettiamo in campo? Ovviamente il vicepresidente della giunta è il numero uno del partito, lo so perché ho fatto il segretario del Pd. Quindi capisco chi dice che quello è il posto di maggiore importanza. Ma capisco anche che dentro un gioco di squadra si possa anche spostare un giocatore, anche perché Olivi non rinuncerebbe al mandato di consigliere che gli è stato dato dal popolo. Se invece vogliamo eternamente riproporre uno schema per cui rappresentiamo dei pericoli reciproci, e il gioco è di neutralizzarci gli uni gli altri, un congresso fatto con questa logica non porterà risultati.
Si riferisce a timori su chi potrebbe subentrare a Olivi? Questo, ma anche a quello che è successo con Borgonovo, dove il tema è stato l’eliminazione invece della valorizzazione. Lo stesso mi pare si stia facendo nei confronti di Olivi, dove c’è la preoccupazione di neutralizzare la sua disponibilità. Chi non capisce che il Pd ha bisogno di tutti, e senza un pezzo il Pd è più povero, è qualcuno che ha una mentalità settaria. I grandi partiti popolari sono plurali e tengono insieme differenze molto significative.