Manica: «No alla Grosse Koalition del Pd, no a un congresso che tiene insieme tutti. Dopo otto anni di divisioni interne, serve un confronto vero tra due linee che stabilizzi il partito. Rimandare il chiarimento a dopo sarebbe un errore».
C. Bert, "Trentino", 20 marzo 2016
Alessio Manica, capogruppo Dem in Provincia, lo ha detto nei giorni scorsi anche a Italo Gilmozzi, che è pronto a candidarsi alla segreteria del Partito democratico se sul suo nome si troverà un’ampia convergenza che va dai renziani (Giorgio Tonini e Elisa Filippi, che lo sostengono), al vicepresidente Alessandro Olivi, includendo anche l’ala critica di Nicoletti, Civico e Borgonovo Re.
Manica, partiamo dalla disponibilità di Olivi che è ancora sul tavolo. Perché no? Sgombriamo il campo. Alessandro ha il profilo e le capacità per essere un ottimo segretario, è una risorsa le cui qualità ho sempre sottolineato anche quando altri lo giudicavano in ben diverse maniere. Non si può però ignorare il ruolo e la responsabilità che gli abbiamo assegnato in giunta, la vicepresidenza è un luogo cardine per il governo del Trentino.
Un altro consigliere Pd prenderebbe comunque il suo posto. Chiunque sostituisse Olivi, il saldo sarebbe negativo, nella presa, nel rapporto con i mondi con cui il vicepresidente ha tessuto in questi anni un rapporto fiduciario, e nella capacità di governare in modo efficace competenze complesse come l’economia e il lavoro.
Olivi sostiene che oggi è prioritaria la guida del Pd, per rilanciarlo e contendere la leadership a Rossi nel 2018. La convince? Se il Pd potrà contendere qualcosa a qualcuno nel 2018, lo potrà fare solo realizzando due obiettivi: dimostrando ai cittadini le capacità di un governo autorevole dell’autonomia, e rilanciando un partito oggi inesistente. Sguarnire la prima dimensione per rafforzare la seconda per me è un errore. Da qui al 2018 cerchiamo di governare, a tempo debito verificheremo se abbiamo le condizioni per rivendicare la leadership. Farlo a due anni e mezzo dalle elezioni sarebbe solo logorante. Se il Pd vuole risollevare la testa deve partire da un bilancio autocritico della sua ultima fallimentare gestione, che ha visto come protagonista anche chi ora vorrebbe determinare i nuovi perimetri.
Gilmozzi si è detto pronto a candidarsi con un’ampia maggioranza che vada fino a Civico e Borgonovo Re. Cosa ne pensa? Lo apprendo dai giornali, faccio fatica a credere che possa reggere.
Perché? La prima cosa che non mi convince è che sia ancora un patto che si regge su ruoli e accordi pre-congressuali. Io resto convinto che questo congresso deve vedere il confronto tra due linee e idee di Pd. Non credo ci serva un congresso unitario, dopo 8 anni in cui il Pd è diviso e soprattutto dopo gli ultimi due, c’è bisogno di un congresso dove ci si confronta e dove prevale una linea. Non mi si dica che il Pd è un territorio omogeneo, o io ho visto un altro film. Se non affronti i nodi al congresso, non credo che riusciremo a gestirli dopo. Questo non significa che Gilmozzi non possa interpretare una tesi congressuale, ma almeno diciamo che tesi è: non basta presentarsi come la persona che non fa litigare nessuno.
Oggi però sembra che sia la stessa area di Civico e Borgonovo a cercare un accordo. E allora? Se così fosse, ne prenderò atto e auspico che ci sia comunque qualcuno che porterà al congresso un’alternativa.
Che si distinguerebbe su cosa? Se da una parte ci sta un po’ tutto, mi auguro che dall’altra ci stia qualche indicazione puntuale. Utilizziamo il congresso per dire quali scelte sono necessarie al Trentino, quali sono le risposte alle emergenze sociali e economiche, quale uso delle risorse intendiamo fare, quale profilo deve avere la coalizione di governo.
Per molti una discriminante sarà il sostegno al governo Renzi e alla riforma costituzionale al referendum. È d’accordo? No, sono contrario. Rilanciare una sorta di adesione fideistica al governo nazionale mi appare un maldestro tentativo di ricacciare nelle maglie della contesa politica interna al Pd nazionale chi - come me e molti altri - ha l’ambizione di governare l’autonomia mantenendo uno sguardo laico sul governo Renzi. Io, come altri, che pure voterò sì al referendum costituzionale, penso di non poter affidare per intero il futuro politico a una linea nazionale in cui non mi riconosco completamente.
Il tentativo dei giovani amministratori è stato etichettato come un’operazione eterodiretta da alcuni big, tra cui c’è lei. Cosa risponde? Confermo il mio giudizio sul percorso di quel gruppo dove ci sono competenze ed entusiasmi oggi più che mai necessari. Sono figure libere da correnti ed etichette passate e questo nonostante ci sia chi, per non stare sul merito, preferisce cercare fantomatici padrini. Oggi quel gruppo di giovani sta distogliendo l’eccessiva concentrazione di tutti sulle parole e sulle sorti delle figure di vertice del Pd e portando aria ad un congresso che rischiava di soffocare. È un tentativo di andare oltre una partita giocata con troppe poche carte, e già viste.