Congresso, Olivi c’è «Basta subalternità»

È l' Alessandro Andreatta che non ti aspetti. Inizia a parlare con il suo tono curiale e i suoi lunghi preamboli, ma alla fine sferra il colpo: attacca il governatore Ugo Rossi, demolendone in due parole la determinazione e la capacità di realizzare quanto annuncia, e soprattutto lancia - di fatto - la candidatura del vicepresidente Alessandro Olivi alla segreteria provinciale del Pd.
L. Patruno, "L'Adige", 15 marzo 2016


Il sindaco di Trento è intervenuto per ultimo, dopo due ore di dibattito «al Marinaio», dove ieri sera Olivi aveva invitato i suoi sostenitori, ma anche altri pezzi di partito (consistente la componente renziana), per spiegare le ragioni che lo hanno spinto ad offrire la sua disponibilità al Pd trentino come candidato segretario, anche a costo di dimettersi dalla giunta. «Può non essere sbagliato - ha detto Andreatta - spendere nel partito il pezzo più pregiato che abbiamo in giunta». Il vicepresidente aveva sostenuto nel suo intervento iniziale di ritenere infatti che «occuparsi della guida del Pd non è secondo rispetto al compito in giunta». 
Secondo il sindaco di Trento, chi come il vicepresidente è conosciuto ed è un amministratore può fare un grande lavoro come segretario per rilanciare il partito e sui territori. Poi è partito l'affondo contro la leadership di Rossi: «Esce un'idea e poi appena sorgono problemi la si cambia prestissimo: presentano un plastico a un incontro di professionisti (Not, ndr.) oppure un intervento sulla scuola e i sindacati protestano e si arriva alla mediazione secca. Si diceva che Dellai non mollava mai, qui subito. E questo è segno di debolezza. Ricordo quando si parlava delle tre "O" riferendosi ai problemi che la giunta doveva affrontare: l'orso, gli ospedali periferici e l'omofobia. Riguardo all'orso, vedo che profilicano con nuove cucciolate; sugli ospedali nessuna decisione e riguardo alla legge sull'omofobia hanno fatto tre tentativi e poi basta. Non è la mia politica». Infine Andreatta adombra anche che Rossi stia coltivando «progetti politici di riserva». «Ho prove e sensazioni - ha detto il sindaco di Trento - che ci sia chi si sta muovendo in modo libero per un piano B». Insomma, un'altra coalizione, che metta insieme tutti (tranne la Lega, Fratelli d'Italia e M5S) e fuori il Pd.
A sostenere con forza un'eventuale candidatura di Olivi, anche a costo di dimettersi dalla giunta (resterebbe comunque consigliere provinciale) sono stati anche i sindaci Adalberto Mosaner (Riva del Garda) e Alessandro Betta (Arco), quest'ultimo presente con una nutrita rappresentanza del Pd della sua città. Entrambi, con Andreatta, hanno condiviso l'obiettivo che si lavori perché il candidato alla presidenza della Provincia la prossima volta sia del Pd, dando per scontate le primarie. «Nel 2018 - ha detto Mosaner - il masochismo mettiamolo via: facciamo il partito di maggioranza relativa. Perché - ha aggiunto il sindaco di Riva rispondendo a Dorigatti - il nome di Olivi sarebbe una candidatura di rottura? Semmai di rottura di palle. Dobbiamo fare i bravi alleati e basta?». E Betta ha sottolineato come Olivi sia uno dei pochi leader del Pd trentino: «È bene che Olivi sia qui perché al Pd mancano leader. Serve un Pd con la spina dorsale». E parlando della coalizione ha sottolineato: «Mentre gli altri dicono che sono nel centrosinistra, noi diciamo che siamo il centrosinistra». Anche l'ex segretaria del partito, Giulia Robol si è schierata con Olivi, mentre la renziana Elisa Filippi ha esortato ad «aggregarsi intorno alle idee prima che alle persone» e ha detto di ritenere preferibile che Olivi resti in giunta. Lo stesso messaggio è venuto da Luca Paolazzi coordinatore del Pd di Lavis, mentre Andrea La Malfa ha detto di aver apprezzato che Olivi abbia promosso «la prima occasione di dibattito in vista del congresso» invitando tutti a non dilaniarsi ancora una volta in litigi. Tra il pubblico c'era anche l'assessore comunale Italo Gilmozzi , aspirante segretario, che però non ha parlato (certo ha capito che Andreatta non è dalla sua). Mancavano tutto il gruppo consiliare provinciale al quale Olivi non ha risparmiato frecciate e i parlamentari.
«Aiutare il Pd per evitarne la lenta dissoluzione rispetto al rapporto con il Trentino - ha dichiarato Olivi - è una priorità non una seconda scelta. Io sono disponibile a compiere un gesto di generosità. Spero che qualcuno raccolga la sfida al posto mio. Se nessuno farà un passo avanti mi farò carico io di una scelta che non vorrei fare». E a chi nel gruppo consiliare lo vuole stoppare come Dorigatti e Alessio Manica dice: «Io ho voluto mandare un segnale non ho cercato l'unità come presupposto. Non possiamo stare annidati nelle istituzioni e nei nostri ruoli mentre il progetto politico del Pd e del centrosinistra si sta dissolvendo».

 

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Congresso, Olivi c’è. «Basta subalternità», C. Bert, "Trentino", 15 marzo 2016

Un margine di dubbio lo ha lasciato nel finale: «Sono consapevole del ruolo che sto svolgendo in giunta e so che ho una responsabilità. Questa scelta va ponderata e se esistono persone che si riconoscono nella sfida che ho indicato, si facciano avanti». Ma il vicepresidente della giunta provinciale Alessandro Olivi ieri un passo avanti verso la segreteria del Pd lo ha fatto, e al Bar Marinaio, dove ha convocato una sessantina di esponenti del partito a lui vicini (presenti tra gli altri i sindaci di Trento, Riva e Arco, l’ex segretaria Pd Giulia Robol, Gigi Olivieri, l’assessore comunale di Trento Italo Gilmozzi che viene dato come il papabile candidato alla segreteria dell’ l’area renziana, Elisa Filippi, Andrea Rudari, Andrea Robol, Emanuele Lombardo, Michele Brugnara), ha detto: «Occuparsi della guida del Pd non è una seconda scelta, è una priorità, e io mi metto a disposizione. Non ho anteposto calcoli personali e non ho chiesto deroghe (per candidarsi dovrà dimettersi dalla giunta, ndr), qui c’è solo da rischiare l’osso del collo». E a chi nei giorni scorsi, come il presidente del consiglio Bruno Dorigatti, ha dichiarato che sul suo nome non c’è unità, risponde secco: «Non ho mai cercato l’unità come pre condizione per il mio impegno, l’unità non va cercata nel ceto dirigente, ma con le tante persone che si stanno allontanando dal Pd».

L’analisi del vicepresidente sullo stato del Pd trentino è senza sconti: «Un Pd titubante, spesso assente, che ha lasciato soli i suoi amministratori, con un’azione poco incisiva che lascia praterie agli alleati, a chi dimostra di avere molta spregiudicatezza e usa il governo per capitalizzare il consenso». Un Pd destinato a «una sterile subalternità» e che deve smetterla «di essere prigioniero della coalizione». La sfida è alla sinistra del suo partito: «C’è chi coltiva l’idea di una sinistra minoritaria, per la quale l’obiettivo è doversi alleare con qualcuno. È una posizione che fa comodo, affida ad altri la responsabilità. Ma la scommessa del Pd è essere un partito a vocazione maggioritaria, che non vuol dire autosufficiente. La coalizione non è il fine ma il mezzo per realizzare una politica e oggi il centrosinistra sta perdendo i suoi connotati originari. Noi abbiamo sempre garantito lealtà e responsabilità, ora dobbiamo pesare di più». E pesare, per il vicepresidente, significa essere pronti nel 2018 a contendere la leadership di Ugo Rossi: «Dev’essere la nostra aspirazione o viene meno la ragione stessa del Pd». Olivi incassa il sostegno del sindaco di Arco Alessandro Betta («Giusto che oggi tu sia qui, il Pd è orfano di leader che ha bruciato con le regole, serve uno scatto d’orgoglio» e di quello di Riva Adalberto Mosaner («Perché la sua candidatura dev’essere di rottura? Non possiamo essere per la terza volta partito di maggioranza relativa senza presidente della Provincia»), ma nel finale anche l’endorsement del sindaco di Trento Alessandro Andreatta che prudentemente dice: «Sei leader autorevole del Pd, può non essere sbagliato oggi mettere le persone più preparate alla guida del partito». Poi avverte: «Attenzione a chi tra gli alleati ha progetti politici di riserva, ho sensazioni e qualche prova».

Chi dice no alla candidatura Olivi è invece Luca Paolazzi, vicesindaco di Lavis e esponente del gruppo di giovani amministratori che sta lavorando ad una proposta e potrebbe mettere in campo il nome di Elisabetta Bozzarelli (segretaria cittadina di Trento): «Condivido l’analisi di Olivi ma è indispensabile presidiare le istituzioni, devi restare in giunta». E sui giovani replica duro a Olivieri: «Non siamo marionette nelle mani di padrini politici, è giusto che i giovani che il Pd ha formato esprimano la loro autonomia politica».

 

Olivi, un passo verso la candidatura «Sarebbe un gesto di responsabilità», A. Rossi Tonon, "Corriere del Trentino", 15 marzo 2016

TRENTO «Prendersi cura del Partito democratico non è una seconda scelta». Alessandro Olivi ripete il concetto tre volte, per chiarirlo e per rispondere. Il discorso che ieri sera il vicepresidente della Provincia ha rivolto a una sessantina di iscritti al partito invitati nella sala conferenze de «Al marinaio» è durato tre quarti d’ora. Tra loro vi sono il sindaco di Trento Alessandro Andreatta, quello di Arco Alessandro Betta, quello di Riva del Garda Adalberto Mosaner, gli assessori comunali del capoluogo Andrea Robol e Italo Gilmozzi e altri venuti da Pergine Valsugana, Rovereto e Mori. Ci sono poi Giulia Robol, Emanuele Lombardo, Elisa Filippi, Luigi Olivieri e Andrea Rudari.

Durante quei 45 minuti l’assessore Olivi ha spiegato che «fare un passo avanti» verso un’eventuale candidatura alla segreteria del Pd del Trentino, e il conseguente abbandono del posto in giunta, è «un evidente gesto di responsabilità» per il quale «c’è solo da rischiare l’osso del collo». «La mia ultima volontà è di lasciare la giunta senza un presidio politico importante — spiega Olivi — Se esistono persone, come io credo, che si riconoscono nel bisogno di costruire un Pd con una fisionomia più forte, si facciano avanti».

Olivi c’è, o meglio, ci sarebbe. Dipenderà quindi dalla disponibilità di altri a sposare l’idea di un Pd d’attacco. Perché il vicepresidente provinciale spiega di non voler più vedere «un Pd che parte ancora con l’idea che allearsi con qualcun altro è un obiettivo» e all’interno del quale c’è chi «ritiene comodo essere minoranza dentro la coalizione perché è più facile riservare ad altri la responsabilità di fare sintesi e di governare». Comportandosi così, secondo Olivi il partito sta «lasciando praterie enormi che stanno per essere occupate da chi dimostra di avere più fame e usa lo strumento di governo per capitalizzare», per cui il Pd «dovrà decidere se vuole partecipare da protagonista all’azione per rafforzare il centrosinistra e non disperdere la connotazione originaria, facendo sentire sui prossimi due anni il suo peso e l’incisività sulle politiche».

Pur ammettendo di aver «riscontrato qui e lì delle adesioni», anche se «meno da parte della classe dirigente», Olivi sottolinea di non aver cercato di creare «un’unità ex ante» perché «rischierebbe di essere solo un’unità tra dirigenti di partito» piuttosto che «la condivisione di un progetto». A questo punto, quello verso il quale si sta andando «dovrà essere un convegno di svolta» nel quale, in primis, «si fissa la linea politica».

Dalla sala si alza un caldo applauso e tra i presenti in molti decidono di intervenire, tra cui Robol che riconosce al Pd di «soffrire della sindrome dell’essere succube» e di «non avere mai una linea politica chiara». Prende la parola anche il primo cittadino del capoluogo il quale sottolinea «l’importanza di avere leader autorevoli», ma questo è un problema di cui Olivi non soffre secondo Andreatta: «Tutti ti riconosciamo autorevolezza, altrimenti non saremmo venuti qui». Il punto è allora «capire se questa autorevolezza vada giocata rimanendo lì oppure no». Prima di ciò, tuttavia, è bene fissare una strategia forte: «Dellai aveva i suoi progetti e li portava avanti con forza, sia quando davano risultati buoni, più spesso, sia quando così non era. Invece questa giunta mostra quella che mi pare una forte debolezza, vale a dire la grande facilità di cambiare idea».

 

Congresso, Olivi c’è. «Basta subalternità». Andreatta dice sì, C. Bert, "Trentino", 15 marzo 2016

 Un margine di dubbio lo ha lasciato nel finale: «Sono consapevole del ruolo che sto svolgendo in giunta e so che ho una responsabilità. Questa scelta va ponderata e se esistono persone che si riconoscono nella sfida che ho indicato, si facciano avanti». Ma il vicepresidente della giunta provinciale Alessandro Olivi ieri un passo avanti verso la segreteria del Pd lo ha fatto, e al Bar Marinaio, dove ha convocato una sessantina di esponenti del partito a lui vicini (presenti tra gli altri i sindaci di Trento, Riva e Arco, l’ex segretaria Pd Giulia Robol, Gigi Olivieri, l’assessore comunale di Trento Italo Gilmozzi che viene dato come il papabile candidato alla segreteria dell’ l’area renziana, Elisa Filippi, Andrea Rudari, Andrea Robol, Emanuele Lombardo, Michele Brugnara), ha detto: «Occuparsi della guida del Pd non è una seconda scelta, è una priorità, e io mi metto a disposizione. Non ho anteposto calcoli personali e non ho chiesto deroghe (per candidarsi dovrà dimettersi dalla giunta, ndr), qui c’è solo da rischiare l’osso del collo».

E a chi nei giorni scorsi, come il presidente del consiglio Bruno Dorigatti, ha dichiarato che sul suo nome non c’è unità, risponde secco: «Non ho mai cercato l’unità come pre condizione per il mio impegno, l’unità non va cercata nel ceto dirigente, ma con le tante persone che si stanno allontanando dal Pd». L’analisi del vicepresidente sullo stato del Pd trentino è senza sconti: «Un Pd titubante, spesso assente, che ha lasciato soli i suoi amministratori, con un’azione poco incisiva che lascia praterie agli alleati, a chi dimostra di avere molta spregiudicatezza e usa il governo per capitalizzare il consenso». Un Pd destinato a «una sterile subalternità» e che deve smetterla «di essere prigioniero della coalizione». La sfida è alla sinistra del suo partito: «C’è chi coltiva l’idea di una sinistra minoritaria, per la quale l’obiettivo è doversi alleare con qualcuno. È una posizione che fa comodo, affida ad altri la responsabilità. Ma la scommessa del Pd è essere un partito a vocazione maggioritaria, che non vuol dire autosufficiente. La coalizione non è il fine ma il mezzo per realizzare una politica e oggi il centrosinistra sta perdendo i suoi connotati originari. Noi abbiamo sempre garantito lealtà e responsabilità, ora dobbiamo pesare di più». E pesare, per il vicepresidente, significa essere pronti nel 2018 a contendere la leadership di Ugo Rossi: «Dev’essere la nostra aspirazione o viene meno la ragione stessa del Pd».

Olivi incassa il sostegno del sindaco di Arco Alessandro Betta («Giusto che oggi tu sia qui, il Pd è orfano di leader che ha bruciato con le regole, serve uno scatto d’orgoglio» e di quello di Riva Adalberto Mosaner («Perché la sua candidatura dev’essere di rottura? Non possiamo essere per la terza volta partito di maggioranza relativa senza presidente della Provincia»), ma nel finale anche l’endorsement del sindaco di Trento Alessandro Andreatta che prudentemente dice: «Sei leader autorevole del Pd, può non essere sbagliato oggi mettere le persone più preparate alla guida del partito». Poi avverte: «Attenzione a chi tra gli alleati ha progetti politici di riserva, ho sensazioni e qualche prova».

Chi dice no alla candidatura Olivi è invece Luca Paolazzi, vicesindaco di Lavis e esponente del gruppo di giovani amministratori che sta lavorando ad una proposta e potrebbe mettere in campo il nome di Elisabetta Bozzarelli (segretaria cittadina di Trento): «Condivido l’analisi di Olivi ma è indispensabile presidiare le istituzioni, devi restare in giunta». E sui giovani replica duro a Olivieri: «Non siamo marionette nelle mani di padrini politici, è giusto che i giovani che il Pd ha formato esprimano la loro autonomia politica».