Aggregare i medici di base sul territorio trentino, ricercare efficienze nell’assistenza agli anziani e far entrare la protonterapia tra le cure sostenute dal sistema sanitario nazionale. Ecco le priorità dell’assessore provinciale, Luca Zeni, per la sanità trentina che si prepara a fare i conti con un calo di risorse importante.A. Selva, "Trentino", 13 marzo 2016
Assessore Zeni, nel bilancio dell’azienda sanitaria si legge la difficoltà di garantire i servizi con le risorse in continuo calo. A cosa dobbiamo prepararci? E’ evidente che le risorse generali sono in calo e che bisognerà cercare un punto di equilibrio. Ma è anche evidente che il mantenimento della spesa sulla sanità dovrà essere uno dei punti fondamentali su cui si misurerà la politica, assieme ovviamente alla ricerca di efficienze.
Da dove si comincia? Dagli operatori sanitari e dai medici. In primo luogo quelli sul territorio. E’ a loro che a brevissimo presenteremo il piano per le “aggregazioni funzionali territoriali” (Aft) che metteranno in rete i medici di base con l’obiettivo di migliorare i servizi per il cittadino ma anche di alleggerire il resto della rete sanitaria, ad esempio i reparti di pronto soccorso, dove gli accessi di pazienti che non hanno bisogno di assistenza urgente devono diminuire. E’ chiaro che non rimarrà la situazione attuale, è una questione di buon senso: una presidio di guardia medica ci costa 300 mila euro e ci sono situazioni con appena 3 accessi a notte. Gli amministratori devono capire che con le aggregazioni non si impoverisce il servizio.
L’azienda sanitaria ha sostenuto che la Provincia deve supportare eventuali tagli alla spesa. Ci sono altri possibili risparmi in vista? Vediamola da un punto di vista diverso. Dal ministero ci è stato garantito che prontonterapia sarà inserita nei livelli essenziali di assistenza. Attualmente il reparto costa 12 milioni all’anno e ne entrano solo 2. Con l’ingresso nei “lea” contiamo di andare in pareggio, con una differenza in positivo di 10 milioni di euro. Qui il punto è come sarà l’ingresso nei “lea”: noi contiamo che sia ampio, rivolto a molti pazienti e non a una ristretta nicchia di pazienti a cui saranno garantite le nostre cure. Su questo sta lavorando un gruppo di lavoro in cui è rappresentata anche la nostra provincia, con il primario del reparto, Maurizio Amichetti. Servirà qualche settimana.
In attesa che i pazienti arrivino a protonterapia da fuori, troppi trentini vanno altrove. Stiamo lavorando su questo. Anche con soluzioni nuove: dal settore delle terapie termali, ad esempio, il Trentino può avere grandi soddisfazioni.
Le case di riposo sono preoccupate dall’ipotesi avanzata in autunno di una rsa unica sul territorio provinciale. Stiano tranquilli. Le nostre rsa sono una risorsa importante sul territorio e non hanno nulla da temere. Ma bisogna concentrare sull’assistenza risorse che attualmente vengono spese in burocrazia. Su questo lavoreremo assieme (un incontro con l’Upipa è previsto il 15 marzo) anche con l’aiuto dei consulenti dell’università Bocconi a cui ci siamo rivolti. E non abbiamo soluzioni pre-configurate nella ricerca di un nuovo assetto.
Tra i medici c’è la convinzione che i punti nascita negli ospedali di valle siano un costo, senza garanzia di servizi di qualità. Chiudendo i reparti periferici il costo non si azzera, perché i servizi vanno comunque garantiti a Trento e Rovereto. E per questo serve il personale. Ma qui il ragionamento è politico: la scelta è stata quella di tenerli aperti e siamo in attesa della deroga del ministero: è lì che stabiliscono i criteri di sicurezza. Se decideranno che alcuni punti nascita vanno chiusi, concentreremo le risorse sui reparti che resteranno aperti. La condizione imprescindibile è comunque l’apertura 24 ore su 24.
Un anno fa c’è stato lo scontro con i medici sugli stipendi, che sono la principale voce di spesa dell’azienda sanitaria. Il caso è chiuso? Il Trentino ha bisogno di medici e - essendo in periferia - ha qualche problema ad essere attrattivo. Non è solo questione di soldi, ma bisogna tenerne conto. Il tema ora non è riproporre la riduzione degli stipendi, ma avviare un percorso per premiare i risultati raggiunti, quantificabili in termini di esiti. Insomma legare lo stipendio al miglioramento dell’efficienza del sistema.
L’azienda sanitaria sostiene che in Trentino c’è un “eccesso di prestazioni”. I cittadini devono aspettarsi riduzioni? Stiamo lavorando sul pronto soccorso, che registra troppi accessi. Non è solo questione di ticket, per raggiungere una maggiore appropriatezza delle cure, anche al di là del pronto soccorso, contiamo sulla rete dei medici di base.
Ha citato più volte il ruolo della politica. I medici accusano invece la politica di non fare scelte. Dove sta il problema? Sui punti nascita, piaccia o no, la scelta è stata fatta con la richiesta di deroga al ministero. In questa fase delicata i tecnici possono indicare le possibili direzioni, ma le scelte è giusto che le faccia la politica.
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