Pd trentino, il male sono i particolarismi

Il Partito Democratico del Trentino ha di fronte un percorso congressuale importante. Un percorso che chiude una fase difficile, nella quale è emersa - più nettamente rispetto ad ogni altro momento della sua breve storia - una domanda urgente rispetto alla natura, al ruolo, al senso stesso di questo nostro Partito.
Elisabetta Bozzarelli, Paolo Bisesti, Patrizia Caproni, Cristina Frassoni, Gabriele Hamel, Tommaso Iori, Andrea La Malfa, Luca Paolazzi, Giacomo Pasquazzo, Vera Rossi, "L'Adige", 10 marzo 2016

 

Noi, che siamo impegnati a vario titolo nel Partito e nelle Amministrazioni locali, questa domanda ce la siamo posta e continuiamo a porcela, senza alibi o soluzioni semplicistiche.
La domanda non è quale Partito serva a noi, quale Partito serva a consiglieri e assessori, quale Partito serva a deputati e senatori: ma di quale Partito abbia bisogno il Trentino, la sua comunità, il suo territorio. Questa è la vera e unica domanda.
Chi propone oggi un Congresso tutto basato sul dibattito nazionale «con Renzi o contro Renzi», minimizzando la dimensione locale, è lo stesso che diceva nello scorso congresso che il futuro del Pd era «solo territoriale». Per noi sbaglia comunque: questa tensione tra territoriale e nazionale (e europeo, aggiungiamo noi) non è una contraddizione da risolvere a seconda delle convenienze, ma un impegno dialettico che costituisce l'essenza stessa del nostro Partito.
Impostare il dibattito interno al Partito Democratico del Trentino come un plebiscito su Renzi non solo è strumentale, ma è inutile e dannoso. Strumentale, innanzitutto, perché Renzi è il segretario di tutti gli iscritti del Pd, e pensare di usare il renzismo come una bandiera, in questo momento, è un riflesso condizionato, ma ritardato di qualche anno. È inutile, perché non è solo sull'azione del Governo nazionale che in Trentino il Partito Democratico dovrà misurare le proprie capacità, ma sulle risposte che saprà dare alle urgenze sociali, economiche, culturali di questa terra.
È dannoso, perché serve solo a spostare l'attenzione lontana dai nostri problemi e a dare risposte di maniera a questioni complesse che hanno profondamente a che vedere con la nostra organizzazione, con i rapporti interni al gruppo dirigente, con le scelte prese o non prese in questi anni.
Abbiamo avviato più di un mese fa, negli spazi di The Hub, un percorso di condivisione e ascolto, aperto e inclusivo, che è proseguito in diversi circoli: il primo, vero, unico tentativo di portare il dibattito dai vertici alla base, nei circoli e non in segrete stanze, non negoziando spazi e ruoli, ma investendo in prima persona sul futuro stesso del Partito Democratico. Nella consapevolezza che è questo il principale spazio politico nel quale agire per garantire stabilità, governabilità e benessere al Trentino.
Abbiamo condiviso con decine di iscritte ed iscritti il bisogno di un partito radicato sul territorio, che sappia mettere a valore l'impegno dei suoi amministratori locali e che ponga al centro il ruolo dei circoli, dando a questi una giusta rappresentanza negli organismi provinciali e facendoli diventare il perno nella costruzione della riflessione e dell'azione politica.
Un partito aperto, in grado di integrare le proprie competenze interne con le intelligenze che la società esprime, nelle sue forme organizzate o in modo individuale.
Un partito che sappia decidere, facendo sintesi delle diversità, componendo i conflitti, con iter deliberativi partecipati, trasparenti, certi. Un partito che riconosca la sua dimensione di articolazione territoriale di un soggetto nazionale non come un limite, ma come il suo principale valore: non confinati nel localismo e non schiacciati supinamente sulle dinamiche nazionali, perché solo questo ci permetterà di essere realmente utili - per fare solo l'esempio più rilevante - nel processo di riforma dello Statuto di Autonomia.
Troppo spesso il dibattito viene ridotto ad uno scontro di personalismi dentro al quale i fattori si invertono continuamente, ma producendo il medesimo risultato, almeno apparente: zero. Questo meccanismo ha fallito in modo evidente, e non è più replicabile: oggi il Trentino ha bisogno di un Partito Democratico che definisca, in modo aperto e condiviso, un progetto politico riconoscibile dentro ad una coalizione dai confini chiari, sapendo che l'azione di governo dei nostri rappresentanti sarà tanto più forte quanto più credibili, organizzati e sani saranno i partiti chiamati a sostenerla.
Più risorse vanno impiegate per il lavoro di costruzione di una proposta politica per il Trentino, meno risorse vanno disperse nell'affermazione di posizioni individuali o di sterili polemiche fuori tempo massimo. Quella che stiamo vivendo è un fase di mutamenti profondi, a cominciare dalla riduzione progressiva delle risorse dell'Autonomia.
Il Partito Democratico del Trentino deve cogliere questa sfida: lo faccia in campo aperto, confrontando le visioni, smettendola una volta per tutte con i tatticismi che, fuori dal quadrilatero delle Istituzioni, risultano totalmente incomprensibili ai trentini.