ARCO - BETTA: «Cementificatori un corno. C'è qualcuno che cerca di farci passare per ciò che non siamo, anche travisando la realtà dei fatti, ma adesso è ora di ripristinare la verità: in questi sei anni, prendendo dentro anche la passata legislatura, abbiamo ridotto in maniera considerevole le cubature agendo sui vincoli e sulle destinazioni urbanistiche. Erano volumi sulla carta, certo, ma adesso non ci sono più. Lo avessero fatto anche altri...».
Gianluca Marcolini, "Trentino", 8 marzo 2016
Alessandro Betta, domani, festeggia il suo secondo anniversario di quando gli arcensi hanno deciso di affidargli la fascia tricolore e le chiavi della città. Il 9 marzo del 2014, oltre 5.500 elettori – il 70% di chi si recò alle urne in quella domenica scossa dalla tremenda frana del Brione – scelsero l'allora vicesindaco “facente funzioni” come successore di Paolo Mattei. Oggi Betta ha qualche capello bianco in più (ma anche diversi chili in meno: la sua ultima passione sportiva è il nuoto) ed è una persona profondamente diversa rispetto al giovanotto che due anni fa, in queste ore, si apprestava a vincere le elezioni.
Sindaco Betta, il suo mandato è iniziato con la frana del Brione ed è proseguito non senza difficoltà e sussulti. Oggi qual è il suo bilancio di questi primi due anni? «È molto positivo. Sono soddisfatto dei risultati che abbiamo ottenuto, ad incominciare proprio da come abbiamo fronteggiato l'emergenza della frana. Ma nel computo ci vanno dentro anche il parco delle Braile, gli enormi lavori sulle scuole, la palestra di via Nas, la caserma dei vigili del fuoco, il centro giovani, l'asilo nido, la ciclabile sul Sarca. Lasciassi oggi lascerei un Comune che ha i conti in regola, con meno debiti di quanti ne abbia io, un contesto sociale molto buono e che guarda al futuro a testa alta, con grandi potenzialità in campo turistico».
La sua legislatura rischia di venire ricordata anche per un utilizzo dell'urbanistica che molti definiscono “spregiudicato”. Fin dove vuole spingersi? «Siamo in cammino verso la cementificazione zero. Ci arriveremo gradualmente, nel giro di una legislatura o forse qualcosa in più. Nel frattempo abbiamo da affrontare ancora delle partite e ci sono delle risposte da dare alla cittadinanza in termini di ulteriore sviluppo e di servizi da migliorare. Con la variante 15 vogliamo trovare un punto di incontro fra le diverse esigenze agendo soprattutto sull'urbanizzato, riqualificando e crescendo in maniera sostenibile».
È preventivabile che prima o poi si raggiunga un limite oltre il quale non si potrà più andare nell'espansione delle aree urbanizzate? «Arriverà certamente e anche presto. Ci sarà un momento in cui si dovrà agire solo sull'edificato, riqualificando, liberando spazio, demolendo l'esistente e rinnovando le zone non centrali mentre il centro storico rimarrà un'identità immutabile, da preservare. Ci si arriverà gradualmente, nel corso di questa legislatura e della prossima. Arriverà, forse, anche il momento in cui si passerà dallo sviluppo orizzontale a quello verticale, ma è presto, non siamo ancora pronti. Se ne parlerà fra 30 anni».
Variante 14, ex Argentina, Villa San Pietro: come vive l'attenzione pressante che l'opinione pubblica riserva alla sua amministrazione? «Normalmente, senza ansia, con il giusto grado di preoccupazione e conscio di svolgere al meglio e correttamente il mio ruolo di sindaco. Dopodiché mi domando perché non venga riservata la stessa attenzione al resto del territorio. A Riva, ad esempio, non si è costruito neppure un metro cubo, in questi anni? E' sparito tutto il cemento?».
A proposito di Riva: come sono i rapporti con i “cugini”? Le riunioni congiunte funzionano? «Le riunioni fra le due giunte sono fondamentali perché il dialogo va continuamente alimentato, anche se i risultati non sempre sono all'altezza delle aspettative. Il traguardo finale è in prospettiva, bisogna volgere lo sguardo ad un orizzonte temporale più lontano e non limitarci a pensare a quello che succede solo oggi».
Il riferimento è al comune unico: il traguardo è vicino o lontano? «Adesso è molto più vicino ma non per merito della politica. È la comunità che ormai è pronta e alla fine anche la politica dovrà adeguarsi. Ci vorrà del tempo ma ci si arriverà».
Perché la politica non è ancora pronta a questa trasformazione? «Diciamo che non tutti i politici lo sono. Molti sono bravissimi nel gestire il quotidiano ma ne vedo pochi proiettati sul lungo periodo. Di alcuni, poi, ho scarsissima stima. C'è qualcuno, ad esempio, verso il quale nutrivo grande considerazione e che ha finito per deludermi tantissimo quando ho capito che il solo obiettivo era ed è il proprio tornaconto politico. Ma non farò mai i nomi».
Si riferisce a qualcuno della sua maggioranza? La coalizione di governo necessita di un tagliando? «No, la mia delusione nasce altrove, non qui. Ma non dico altro. Nella mia coalizione si respira un'aria buona, anche se talvolta si bisticcia come in ogni famiglia. Al momento non ci sono motivi che mi facciano pensare che non arriveremo fino in fondo ma in politica le certezze assolute non esistono. I miei alleati sanno benissimo che il giorno in cui non dovessero esserci i numeri per governare il giorno dopo ce ne andiamo tutti a casa. Oggi le cose vanno bene ma non escludo nulla, neppure di arrivare a fare qualche cambiamento oppure di allargare la giunta, ovviamente a costo zero per le casse del Comune».
È la festa della donna: quanto è ancora maschilista la politica? «Tanto, come del resto quasi tutti gli ambiti lavorativi. Mi hanno accusato di avere dalla mia molte elettrici, come fosse un difetto, mentre per me è un onore. Lo devo, forse, al mio carattere che ho maturato anche per aver avuto accanto, nella mia vita, sempre donne molto importanti. Un augurio a tutte le donne».