In una temperie internazionale tragica, ridurre la politica trentina a una guerra tra capitani di ventura com'era tra Medioevo e Rinascimento, significherebbe ritagliare per il Trentino lo spazio della sconfitta. Questo si legge nel pensiero di Giorgio Tonini, senatore del Partito Democratico.
R. M. Grosselli, "L'Adige", 7 marzo 2016
Tonini, come vede la coalizione di governo in Trentino? Upt stracciata, Patt che si azzanna tra governabilità e Andreas Hofer, Pd dai cento, piccoli volti, da Olivi a Borgonovo, da Zeni a Civico.
«L'Italia è alle prese con un'agenda di cambiamenti difficili ma necessari per metterla in grado di affrontare i problemi. Siamo al centro di tre crisi: nel mondo arabo islamico attraversato da due guerre civili, tra sciti e sunniti e nel mondo sunnita. Poi la difficile relazione con la Russia e infine la crisi dell'Europa Unita. Nel frattempo il Paese deve cambiare se stesso, sul profilo economico e istituzionale e nessuno può chiamarsi fuori. Pensare ad un Trentino isolato da queste fratture e riforme, è illusione assoluta. Se qualcuno avesse cullato questo sogno è bastata la crisi del Brennero a risvergliarlo».
La sensazione è di una guerra di gruppuscoli.
«La tradizione di centrosinistra autonomista non ha alternative. Ma la compattezza interna ultimamente si è andata perdendo. In periodo di congressi è normale una certa fibrillazione, però deve essere vissuta per alimentare le ragioni di solidarietà di governo, non per dividere. I risultati sinora sono stati positivi: col governo nazionale abbiamo trovato una cifra di comunicazione che ci mette al riparo da difficoltà. Poi ci sono gli specifici problemi del Trentino: la stagione dei congressi dovrebbe fornire elementi utili per programmare il cambiamento. Io spero che accada».
Il Pd trentino, tanti liderini.
«Sarebbe bene si avviasse ad un congresso non di resa dei conti tra gruppi e gruppetti, costruiti attorno a piccole ambizioni personali, ma verso un dibattito di idee e proposte».
Lei pensa che in Trentino esistano leader...
«Il Papa ha osservato che non c'è classe politica all'altezza in Europa, figurarsi in Trentino! La condizione minima è cercare di affrontare i problemi, dare ai cittadini il senso che si sta lavorando seriamente. A Roma ci stiamo provando».
Upt: Mellarini e Dellai pronti allo strappo.
«Le considerazioni di Dellai sono allarmanti, si assisterebbe ad uno scenario in cui l'Upt negherebbe la sua collocazione nel centrosinistra. Viene da lontano, dal diniego di entrare nel Partito Democratico... Spero che l'analisi di Dellai sia pessimistica: che si possa evitare una scissione nella chiarezza di una prospettiva politica, nel centrosinistra e nel dialogo ravvicinato col Pd».
I singhiozzi del Patt.
«Un partito che ha conosciuto un'evoluzione storica spettacolare, pensiamo al Patt di vent'anni fa. Oggi è forza che governa col centrosinistra, in rapporto strategico col Pd. Vedo nel loro precongresso delle resistenze che riemergono, cosa normale in una forza con radici profonde. Ma credo che il Patt sceglierà la continuità. Esprime la leadership più ampia a livello della Provincia, il presidente del consiglio. Bizzarro se scegliesse la linea politica della marginalità. Sono convinto che non lo farà».
Gruppuscoli e personalismi nel Pd.
«Se si guardano le ambizioni personali il quadro risulterebbe impossibile da comporre. Sui contenuti devono guidarci due stelle: sentirsi parte di un'impresa nazionale, che vede il Pd come architrave del governo che deve far fronte a sfide epocali. E sentirsi una componente essenziale della coalizione di centrosinistra autonomista in Trentino, che guida città come Trento, Riva, Arco. Su questi due punti c'è la possibilità di incontrare un assetto chiaro per affrontare i prossimi anni in modo costruttivo».