Le riflessioni del vicepresidente Olivi, pubblicate su questo quotidiano, hanno il merito di sollecitare l’intervento su temi di grande rilevanza, quasi di filosofia politica prima ancora che di strategia partitica o congressuale. Donata Borgonovo Re, "Trentino", 5 marzo 2016
Immagino che l'occasione sia ghiotta per coloro che ancora confidano in una rapida ripartenza del dibattito politico alla ricerca di quelle affascinanti connessioni sentimentali tra il Partito Democratico, come luogo dinamico di sintesi delle speranze e delle passioni partecipative, e le persone “che vogliono un Trentino più moderno e più giusto”.
Un ragionamento alto che – mi sia concesso – potrebbe coinvolgere tanto più le voci femminili, ricco com’è di richiami alla sfera affettiva e sentimentale nella quale l’esperienza che possiamo vantare in quanto “genere” è millenaria. Che il centrosinistra sia “una comunità di pensiero” e non “uno spazio politico indeterminato” è una bella immagine, e da qui vorrei ripartire. Oggi non appare infatti solo poco chiaro quale sia e quale debba essere il ruolo del Partito Democratico dentro questa comunità. Ma è così confuso il rapporto con la comunità trentina, che non è semplice nemmeno capire esattamente cosa questa comunità veda nel Partito Democratico.
Siamo un loro casuale compagno di strada? Una forza di governo che troppo spesso vedono appiattita sulle decisioni prese da altri, ancorché suoi alleati? Siamo un coacervo “litigioso di personalismi”, come amano esprimersi quelli che non vogliono vedere la fatica di fare sintesi tra le fisiologiche diversità delle persone? Siamo un sogno che ha già tradito tante aspettative e che altrettante ne tradirà (almeno se non si riannoderanno le “connessioni sentimentali” a partire dal sentimento cardine di ogni sana relazione umana: la fiducia!)?
Da questo punto di vista, le riflessioni di Olivi indicano una strada condivisibile, o meglio un condivisibile obiettivo, perché la strada attraverso cui giungervi è invece tutta da tracciare e va disegnata con pazienza, dialogo e collaborazione. È vero però che serve “una nuova elaborazione del tempo in cui viviamo”. Le ragioni che ci possono spingere a stare insieme, a fare insieme politica, a partecipare convintamente nei vari organi del nostro partito, non stanno e non possono stare nella pur necessaria individuazione della persona adatta per il tal ruolo da ricoprire, o nella trattativa per questo o quell’incarico da ottenere, o ancora nelle tante piccole e grandi decisioni amministrative che ciascun eletto ad ogni livello è costantemente chiamato a prendere (ma che talvolta, per eccesso di prudenza o per calcolo spudorato, non prende affatto).
Tutto questo esiste, è sempre esistito e forse farà sempre parte della politica. Ma è solo altrove che possiamo costruire le ragioni per stare assieme, ed è quindi solo nella condivisione politica e – appunto – nella “connessione sentimentale” che possiamo elaborare le idee, i contenuti, le speranze che riguardano “il tempo in cui viviamo”. Bene, io credo che questo compito solo un partito lo possa assolvere, e che solo le tante attività che animano la sua vita interna possano portare al raggiungimento di quel risultato.
Perché solo attraverso un costante lavoro di chiarimento rispetto a quale sia il significato, il senso e il contenuto della “parte” di società alla quale abbiamo scelto di aderire, potremo riconoscerci gli uni con gli altri, costruire la fiducia necessaria a mantenere alta la testa, e non temere le mediazioni che saremo obbligati a prendere, perché in alcun modo queste esauriranno la nostra identità o le ragioni del nostro impegno e del nostro stare insieme. È un lavoro questo che nessun gruppo consiliare da solo e tantomeno nessuna giunta politica potrà mai fare. Perché amministrare significa confrontarsi ed accettare limiti che talvolta non vorremmo esistessero (e lasciatelo dire a me, che sui limiti posti da altri mi sono letteralmente andata a schiantare!).
Tra pochi mesi ci sarà il nostro congresso. Se l’obiettivo è condiviso, sono un tempo sufficiente per pensare di fare quell’“indispensabile salto di qualità” che anche il collega Olivi auspica, e per riempire di contenuti un partito che vorremmo riconoscere come casa accogliente, senza finalmente gli spifferi e le travi sconnesse che oggi lo rendono a malapena abitabile... Stiamo solo attenti alle parole, ed evitiamo le trappole del “politichese”, che riesce a dire qualsiasi cosa, su qualsiasi cosa, senza mai dire niente.
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Partito Democratico del Trentino