L’8 e il 9 luglio 2015 il Comitato per le Regioni ha approvato una risoluzione indirizzata a promuovere un “Approccio sostenibile dell’Ue in materia di migrazione”. Un documento significativo, di per sé e per i contenuti che vi sono enunciati. Di per sé, perché testimonia la raggiunta consapevolezza che solo una presa in carico comune, a livello sia sovranazionale che subnazionale europeo, può proporsi d’intervenire con una qualche efficacia in una materia tanto complessa; ma anche precipuamente per quanto vi è contenuto, perché identifica alcune criticità e necessità che riguardano il nostro territorio e la nostra amministrazione.Trento, 2 marzo 2016
Respingendo “ogni forma di discriminazione e di comportamento razzistico nei confronti dei migranti considerandola non coerente con i principi fondanti dell’UE” il Comitato delle Regioni ha chiarito quanto l’approccio dell’UE in materia di migrazione debba essere al contempo “sostenibile nel lungo termine e solidale”. Sostenibile e solidale non sono evidentemente due parole scelte a caso. Ciò che il Comitato intende affermare è che l’accoglienza dei migranti non può e non deve avvenire solo attraverso azioni straordinarie o eroiche. Ma dev’essere organizzata tenendo conto di criteri di sostenibilità, valutando dunque in modo specifico le diverse possibilità e capacità che i territori e le comunità hanno di organizzare un’accoglienza che sia dignitosa, strutturata e non solo occasionale; e chiarendo che quest’ultima dev’essere solidale, basata dunque “sul rispetto dei diritti dell’uomo”.
Stabilite queste impostazioni di contesto, il Comitato ha chiesto alla Commissione europea e agli Stati membri non solo di lavorare di concerto per fronteggiare efficacemente l’emergenza migratoria, ma di farlo “con la partecipazione degli enti locali e regionali”, potenziando canali di dialogo politico – come appunto quelli tra gli enti locali o regionali e il livello europeo – che appaiono oggi frammentati e occasionali. Le ragioni di questa raccomandazione sono piuttosto evidenti. Non solo infatti gli enti locali e regionali sono portatori di una propria specifica esperienza rispetto alle condizioni di accoglienza, alle procedure di asilo, e nella creazione di reti sociali d’ospitalità, ma si trovano spesso “in prima linea senza tuttavia disporre di mezzi sufficienti”, gravati dalla responsabilità “umana, finanziaria e tecnica” di salvare vite umane, e dalla necessità pratica di offrire sostegno ai migranti nella loro integrazione economica e sociale con il territorio. Nei fatti – chiarisce il Comitato – questi territori sono costretti “a gestire con le proprie risorse una crisi migratoria che colpisce, al di là del Mediterraneo, tutta l’Europa”.
Una sfida non semplice, che in molti casi gli enti territoriali debbono affrontare senza disporre di mezzi sufficienti e senza poter contare su una ripartizione dei richiedenti asilo e dei rifugiati (tra gli Stati, tra le regioni e all’interno di queste) “programmata” e “lungimirante”.
Queste considerazioni, già discusse ed affrontate dalla Quinta Commissione permanente di questo Consiglio, sono state alla base dell’odg n. 170/XV, approvato dall’Aula a larga maggioranza il 17 dicembre scorso. Un testo che impegnava tra le altre cose la Giunta “a continuare le azioni di informazione verso le amministrazioni locali, le comunità e i cittadini, sul progetto di accoglienza dei profughi, al fine di dissipare paure e incomprensioni e in modo da favorire un atteggiamento collaborativo da parte di tutti” e a “proseguire con impegno e serietà il delicato lavoro di accoglienza, anche ricorrendo a forme innovative di ospitalità e di impiego dei profughi durante il periodo per il completamento della pratica di riconoscimento del diritto di asilo”.
Come appare evidente anche solo da questa breve premessa e da quanto in precedenza adottato da questo Consiglio, il dibattito recentemente accesosi sulla manifestata intenzione del Governo austriaco di valutare la possibilità d’erigere una barriera al passo del Brennero per gestire il massiccio afflusso di migranti, appoggia su riflessioni, risoluzioni, mozioni, e prese di posizione piuttosto strutturate, che riguardano tanto questa Provincia quanto gli altri enti locali e regionali europei, e tanto il nostro Paese quanto gli altri Stati membri dell’Unione Europea.
In questo senso, siamo convinti che nella gestione di un’emergenza umanamente tanto delicata e politicamente così significativa come quella che il Governo austriaco è impegnato a gestire, l’Euregio possa e debba rivestire un ruolo di grande rilievo e di attivo protagonismo. E che possa farlo non solo con riferimento alle generali prerogative che il Comitato delle Regioni identificava nella risoluzione approvata, ma proprio a partire dalla specifica storia dell’Euregio, perché in essa vi è la consapevolezza di cosa un confine possa significare, e di cosa comporta il suo superamento. Del resto la riunione della Commissione Interregionale convocata a Trento il 1 marzo scorso ha lavorato espressamente in questa direzione, prevedendo la possibilità della discussione di una mozione unitaria nella seduta del Dreier Landtag programmata per il prossimo 21 aprile 2016 a Trento.
In questo difficile contesto possiamo dunque proporci di essere un esempio per l’Europa, nella direzione di dialogo e reciproca attenzione che in Trentino così come in Alto Adige/Sudtirol ed in Tirolo politici lungimiranti di diversi gruppi linguistici hanno saputo indicare, ancora una volta nella consapevolezza che solo l’apertura di “nuove vie e nuove possibilità” può permettere in contesti di crisi il superamento di radicate incomprensioni e diffidenze reciproche. In particolare, seguendo le riflessioni che animavano l’eurodeputato sudtirolese Alexander Langer, che ribadiva quanto fosse ancora da sviluppare “la qualità e la quantità delle relazioni, degli scambi, e delle iniziative comuni con le regioni vicine, […] con il Tirolo austriaco, con il Trentino, con il Voralberg”, che sosteneva con forza la necessità di consolidare “un tessuto comune, di problemi, di soluzione, di ordinamenti, di valori, di economie, di società”, che invitava a “sviluppare la propria vocazione alpina, pluri-culturale, autonomistica ed europea, lavorando a superare frontiere e divisioni piuttosto che spostarle o addirittura introdurne ex-novo”.
Dobbiamo ripartire da queste convinzioni, senza per questo mettere in discussione il dovere di tutti di rispettare le leggi e le tradizioni fondamentali di ogni Paese e comunità. Comprendendo che proprio nelle difficoltà che viviamo si nasconde una straordinaria possibilità, per la nostra Provincia, per l’Euregio, per il nostro Paese, ed anche – certamente – per l’Europa.
Tanto premesso, il Consiglio provinciale impegna la Giunta a:
a) le persone migranti possano essere accolte e identificate con modalità uniformi per tutti gli Stati membri dell'Unione Europea consentendo alle persone il libero transito in Europa;
b) evitare le modalità di controllo al confine con l'Austria, ma anche tra gli altri Stati membri, siano alternative alle barriere;
a) procedere alla ridistribuzione sull’intero territorio nazionale dei migranti eventualmente respinti al confine;
b) regolare il flusso di migranti sul territorio nazionale tramite hotspot nei luoghi di maggior ingresso;
c) migliorare e velocizzare le procedure di richiesta di protezione internazionale;
cons. Alessio Manica
cons. Lorenzo Baratter
cons.ra Lucia Maestri
cons. Giampiero Passamani
cons. Giuseppe Detomas
Trento, 2 marzo 2016
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