«Quell'ultimatum ormai è un mantra»

Il governatore Ugo Rossi non è nuovo all'uso dell'«ultimatum», come arma di persuasione, per stoppare le espressioni di dissenso. In questi ultimi giorni vi ha fatto ricorso, rivolgendosi al Patt. Ha minacciato di lasciare la presidenza della Provincia se il congresso del partito non confermerà il segretario uscente Franco Panizza, l'unico che secondo il presidente può garantire la continuità della linea politica.
L. Patruno, "L'Adige", 1 marzo 2016


In precedenza, si era rivolto invece più volte con toni ultimativi alle altre forze della coalizione, in particolare al Partito democratico, ma anche allo stesso Patt, per sedare distinguo o intemperanze, con espressioni del tipo: «O così o andiamo tutti a casa», o ancora «se non vi va bene, me ne torno al mio lavoro», che in un sistema che prevede l'elezione diretta del presidente della Provincia vuol dire appunto si torna ad elezioni. «Ormai - commenta Alessio Manica, capogruppo del Pd in consiglio provinciale, - questo è il suo mantra. Ce lo ha detto talmente tante volte e in così tante occasioni che non ricordo più quali. In genere ce lo dice in dialetto: " chi nen' tuti a casa ". E così finisce ogni discussione». Lo ha detto, ad esempio, quando sostituì Donata Borgonovo Re con Luca Zeni all'assessorato alla salute, oppure a tutti i consiglieri di maggioranza riguardo al disegno di legge contro l'omofobia bloccato dall'ostruzionismo (e ancora impantanato).
Ma a parte questo, nella coalizione inizia a crescere una certa preoccupazione per quanto sta accadendo nel Patt, che è il partito del presidente Rossi, anche se nessuno oggi pensa che possa perdere la linea del governatore. Certo, un risultato non netto potrebbe indebolire non solo la leadership dell'attuale governatore ma la stessa coalizione che oggi non è in gran forma. «Penso - dichiara Manica - che Rossi con le sue parole abbia voluto lanciare un segnale chiaro al congresso del Patt per dire cosa c'è in gioco. Per noi se cambia la linea politica ed esce un Patt che guarda più a destra o che non si riconosce più in alcuni temi fondamentali è chiaro che rischia di saltare il governo, perché cambierebbero le ragioni per cui stiamo insieme».


Anche il vicepresidente Pd della Provincia, Alessandro Olivi, è un po' perplesso sulle dinamiche tra Rossi, la coalizione e quanto sta accadendo nelle Stelle alpine: «All'inizio di questa legislatura il presidente Rossi aveva più volte insistito sulla sua volontà di rendersi via via più indipendente ed autonomo rispetto alle questioni interne al Patt, in modo da affrancarsi dalle strette maglie di un partito di cui egli è stato il leader. Oggi è di tutta evidenza, anche per il suo consapevole pieno coinvolgimento nelle dinamiche del congresso, che ciò non è avvenuto. Che Rossi poi - aggiunge Olivi - cerchi di evitare una deriva conservatrice e sostanzialmente una virata a destra del suo partito è un fatto politicamente importante, anche se il mezzo usato, ossia la minaccia di un disimpegno dal ruolo istituzionale che ricopre, la dice lunga sulla difficoltà di una ampia parte dell'elettorato autonomista a riconoscersi nel centrosinistra». E il vicepresidente conclude: «Uno dei problemi è che Rossi ha troppo spesso considerato la coalizione un accordo di programma di natura prevalentemente negoziale mentre io vado sempre ripetendo che il centrosinistra è prima di tutto una comunità di pensiero, di valori condivisi e di prospettiva politica per il futuro».
Per l'Upt, l'assessore provinciale ai lavori pubblici, Mauro Gilmozzi , dice: «Mi pare che con questo ultimatum Rossi voglia porre i suoi davanti alla responsabilità di esprimere una linea politica chiara, che è quella che ha portato il Patt a fare parte della coalizione di cui dal congresso ci si aspetta la riconferma».

 

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Olivi: «Pericolosa commistione tra partito e istituzioni», C. Bert, "Trentino", 1 marzo 2016

Il doppio ultimatum di Rossi e il suo coinvolgimento nel congresso del Patt preoccupa gli alleati di coalizione. Il vicepresidente della Provincia Alessandro Olivi (Pd) parla di «una pericolosa commistione tra politica e istituzioni». «Ci sta chiedere coerenza rispetto a una linea politica che si sta portando avanti, ma all'inizio di questa legislatura il presidente Rossi aveva più volte insistito sulla sua volontà di rendersi via via più indipendente e autonomo rispetto alle questioni interne al Patt in modo da affrancarsi dalle strette maglie di un partito di cui è stato il leader.

Oggi è di tutta evidenza, anche per il suo consapevole pieno coinvolgimento nelle dinamiche del congresso, che ciò non è avvenuto». «Che Rossi poi cerchi di evitare una deriva conservatrice e sostanzialmente una virata a destra del suo partito è un fatto politicamente importante - riconosce Olivi - ma il mezzo usato, ossia la minaccia di un disimpegno dal ruolo istituzionale che ricopre, la dice lunga sulla difficoltà di una ampia parte dell’elettorato autonomista a riconoscersi nel centrosinistra. La verità è che una fetta consistente della base del Patt si sente altro rispetto a questa coalizione». «E uno dei problemi - conclude Olivi - è proprio il fatto che Rossi ha troppo spesso considerato la coalizione un accordo di programma di natura prevalentemente negoziale, mentre io vado sempre ripetendo che il centrosinistra è prima di tutto una comunità di pensiero, di valori condivisi e di prospettiva politica per il futuro». Diversa la lettura di Mauro Gilmozzi, assessore Upt: «Rossi ha detto che non può accettare un cambiamento di linea politica, mi sembra un dato evidente. Se il presidente venisse sconfessato dal suo partito sugli elementi principali del programma di governo, si porrebbe un problema e il presidente dovrebbe prenderne atto. Ma non mi sembra - aggiunge Gilmozzi - che questa eventualità abbia molte chance di concretizzarsi. Piuttosto - incalza - il dibattito interno ai partiti ci dice che bisogna riprnedere un impegno forte per rilanciare la coalizione».