La decisione di chiudere le frontiere è un ritorno al passato. Ne è convinto il presidente del Consiglio provinciale Bruno Dorigatti: «Oggi tutto questo viene messo frettolosamente in discussione e così le idee di sviluppo, di crescita solidale e di reciprocità rischiano di andare in frantumi, lasciando solo una pericolosa scia di conseguenze capaci di alimentare ulteriormente il demone dei nazionalismi e delle xenofobie».
"Trentino", 18 febbraio 2016
«Se è apprezzabile lo sforzo sincero e l’impegno personale e politico compiuto dai presidenti delle Province autonome di Trento e Bolzano e dal Capitano del Tirolo presso il Governo austriaco per una revisione della pesante decisione di ripristinare i controlli alle frontiere, altrettanto la conferma di una assoluta rigidità austriaca su tali tematiche non stupisce, ma anzi segnala ulteriormente il grado di determinatezza di quanti ritengono – e non solo a Vienna, ma anche in Italia e nel resto del vecchio continente – possibile rinunciare ai diritti in nome di una presunta alta soglia di sicurezza.
E’ sulla crescente contrapposizione di queste due visioni del futuro che si gioca il destino dell’Europa, ma anche dei singoli territori che vivono in presa diretta il nodo del confine, non più inteso come un “sottile filo di seta” secondo la lezione di Silvius Magnago, bensì come un invalicabile limite dietro il quale cullarsi in una supposta idea di tutela e di tranquillità. Chiudere le frontiere rappresenta, senza dubbio alcuno, un riavvolgimento del nastro della storia ed una cancellazione di fatto degli ideali e dei valori di pace, tolleranza e cooperazione che mossero, in allora, i grandi padri dell’idea europea nel delineare i tratti anche fisici di quell’unità che, proprio con il Trattato di Schengen, ha definito il suo profilo più moderno. Oggi tutto questo viene messo frettolosamente in discussione e così le idee di sviluppo, di crescita solidale e di reciprocità rischiano di andare in frantumi, lasciando solo una pericolosa scia di conseguenze capaci di alimentare ulteriormente il demone dei nazionalismi e delle xenofobie».