«Non entro nel merito del disegno di legge». Ugo Rossi non commenta il secco «no» alla proposta Zeller arrivato dal governo per bocca del sottosegretario altoatesino Gianclaudio Bressa e non replica alle numerose critiche sollevatesi dentro e fuori la sua maggioranza sull’opportunità dell’iniziativa parlamentare in concomitanza con la nascita della Consulta.
T. Scarpetta, "Corriere del Trentino", 10 febbraio 2016
Preferisce tornare sullo scontro con Bruno Dorigatti: «Le sue parole non sono rispettose della carica istituzionale che riveste» dice.
All’indomani dello stop a un’iniziativa «non destinata a produrre risultati», Bressa è ancora più netto. «È carta straccia, non va da nessuna parte. È stata fatta da qualcuno che voleva mettere il bollino sull’iniziativa, ma non arriverà nemmeno mai all’ordine del giorno della commissione Affari regionali del Senato. Non farà un metro, è una castroneria assoluta».
Rossi non replica. «Non credo sia opportuno parlare del merito di questa cosa di cui peraltro ho gia detto ampiamente il senso. Invece spero che, dopo un comunicato con quei toni, il presidente Dorigatti voglia chiarire se i giudizi espressi nei confronti sia miei che del presidente Kompatescher sono confermati o meno. Sono toni che non gli appartengono e quindi voglio sperare siano solo frutto di una esagerazione del momento». Ai suoi interlocutori Rossi continua a ripetere che la mozione approvata (primo firmatario Manica) il 17 giugno 2015 in consiglio regionale era un via libera alla presentazione del disegno di legge. La maggioranza giudicava «ragionevole avviare il processo di trasferimento degli enti locali» dalla Regione alle Province, aggiungendo: «L’avvio della discussione su questo obiettivo avverrà congiuntamente agli altri temi oggetto della riforma organica e strutturata dello Statuto di autonomia». Si impegnava la giunta a «perseguire questo obiettivo» prima delle prossime comunali. Per i democratici, che sostengono di aver ribadito più volte in seguito di essere contrari al ddl Zeller, significava solo che «l’avvio della discussione» sugli enti locali doveva coincidere con quella sul nuovo ruolo della Regione, per non correre il rischio di toglierle una delle ultime competenze rimaste rendendola un ente pericolosamente inutile.
Uno scenario che l’opposizione denuncia da molti anni. «Rossi — commenta il senatore trentino della Lega Sergio Divina — fa quello che ha fatto prima di lui Dellai e accetta di assecondare la Svp nell’antico progetto di chiudere la Regione. Ai trentini, però, va ricordato che senza Regione non quella dell’Alto Adige, ma la nostra autonomia sarebbe finita. Non basterà avere mocheni e cimbri per rivendicarla». Sulla vicenda, Divina è ovviamente molto critico. «Trovo biasimevole che sulla riscrittura della nostra carta costituente la maggioranza non si sia degnata non dico di confrontarsi, ma nemmeno di informare l’opposizione, una sorta di menefreghismo istituzionale. Vedo, però, che un confronto non c’è stato nemmeno in maggioranza, il che è preoccupante. Aver agito poi senza nemmeno cercare di coinvolgere il governo li ha esposti a una figura francamente barbina». Ma perché Rossi asseconda le richieste della Svp e mostra tanta irritazione per le critiche a Kompatscher? Perché considera lo stretto legame con il collega sudtirolese l’unica reale garanzia per l’autonomia del Trentino giudicata «inutile» a Roma. Kompatscher va assecondato per sostenerlo nello scontro con la destra tedesca, che vorrebbe scaricare i trentini.
Un gioco delle parti che indirettamente conferma il senatore «indipendente» Francesco Palermo riducendo la portata del disegno di legge Zeller a mera testimonianza politica. «I due presidenti hanno chiesto ufficialmente alla delegazione parlamentare di presentare questo testo e ci è sembrato opportuno farlo. Bisogna specificare una cosa molto importante: questo testo non andrà da nessuna parte, non ha nessuna possibilità di essere approvato essendo un disegno di legge costituzionale. Serve a creare le condizioni per un clima più favorevole alla riforma dell’autonomia e serve a dare un’indicazione rispetto ai lavori che stanno andando avanti in parallelo a Trento e a Bolzano sulla riforma dello Statuto. A differenza delle altre Regioni, noi riusciamo a muoverci in modo coordinato e compatto e diciamo : attenzione che vogliamo andare in una direzione di maggiore autonomie, non minore».
Intanto, a Trento, il capogruppo del Pd, Alessio Manica, cerca di spegnere l’incendio scoppiato tra i due presidenti. «Credo che Rossi e Dorigatti debbano incontrarsi e sgombrare il campo da queste tensioni. Il no del governo mostra le ragioni della nostra contrarietà. Non credo sia difficile ritrovare un’intesa che salvaguardi i legami stretti con Bolzano senza dimenticare le ragioni dell’autonomia trentina». Per Giorgio Tonini, che ha chiarito di non voler ritirare la sua firma al ddl, parole dure: «Prendo atto che per il senatore raccordarsi con il territorio che lo ha eletto non sia importante».
A dimostrare che le divisioni non attraversano solo la maggioranza, il comunicato del consigliere Claudio Cia (Civica trentina), che difende Dorigatti e attacca il vicepresidente Walter Viola (Pt): «Mi sento più garantito da Dorigatti che da lui».