Anche il governo non sapeva nulla del disegno di legge Zeller con cui Arno Kompatscher, Ugo Rossi e i senatori di maggioranza intendevano anticipare almeno una parte della riforma dello Statuto di autonomia. «L’ho appreso dal vostro giornale» fa sapere il sottosegretario agli Affari regionali Gianclaudio Bressa, che aggiunge: «Si tratta di un’iniziativa non destinata a produrre risultati, fuori regia».
T. Scarpetta, A. Papayannidis, "Corriere del Trentino", 9 febbraio 2016
I due presidenti non avevano dunque deciso di procedere con l’importante iniziativa legislativa di rango costituzionale ignorando l’opposizione e non concordandola con la maggioranza perché forti di una sponda nel governo di cui bisognava approfittare con celerità. Su questo, Bressa (Pd) è chiarissimo. «Devo ancora leggere nel dettaglio la proposta, ma posso già dire che mi pare fuori tempo. È stata presentata ora che a Bolzano e Trento sono partite la Convenzione e la Consulta e mentre noi a Roma stiamo cercando di portare in Parlamento una norma comune sulla modifica degli Statuti di autonomia e delle norme di attuazione. Si mette troppa carne al fuoco, con il rischio di creare difficoltà. In ogni caso, non si tratta di un’iniziativa concordata con il governo».
Il disegno di legge Zeller (Corriere del Trentino di domenica), che riprende solo in parte la proposta elaborata a cavallo tra 2014 e 2015 dai «saggi», mira in sostanza a trasformare in competenze esclusive quelle oggi concorrenti di Regione e Provincia. Prevede, però, anche il trasferimento alle Province della competenza regionale sugli enti locali (oltre a quella su enti sanitari e ospedalieri) senza prevedere, come invece sostenuto dal senatore Giorgio Tonini (Pd), una nuova competenza regionale sul personale della giustizia. Un ulteriore impoverimento dell’ente regionale senza «contropartite» voluto dalla Svp e già stigmatizzato non solo dalla minoranza altoatesina, ma anche dalla maggioranza trentina in occasione di analoga iniziativa legislativa di Zeller (emendamento alla riforma dello Statuto del Friuli poi ritirato).
Di qui la risposta piccata del capogruppo del Pd trentino Alessio Manica e del presidente del consiglio provinciale Bruno Dorigatti, all’oscuro, al pari dei membri di giunta, dell’avvenuto deposito del disegno di legge, per altro lo stesso giorno (28 gennaio) in cui a Trento si istituiva la Consulta. «Il gruppo del Pd — si legge nella nota diramata ieri — ribadisce quanto già manifestato in ogni occasione, in tutte le circostanze, e ad ogni interlocutore, e cioè l’inopportunità di un suo deposito in coincidenza con i lavori della Consulta per lo statuto di autonomia». I democratici, pur ricordando la riunione dello scorso autunno cui aveva partecipato tutto il partito regionale, nulla dicono sulla firma di Tonini e concludono: «Si auspica quindi un rapido chiarimento interno alla maggioranza, anche valutando un congelamento del disegno di legge, così da ristabilire le condizioni ottimali per lo svolgimento dei lavori della Consulta». Anche il vicepresidente Alessandro Olivi critica l’iniziativa di Kompatscher e Rossi. «Mentre a Roma spira il gelido vento del centralismo, non mi sembra prudente procedere con la storica tattica della Svp: presentare più istanze possibile, contando sul fatto che qualcuna venga accolta. Lo avevo detto a Rossi. Se questa proposta dovesse arrivare in Parlamento, nessuno ci dice come ne uscirebbe. Piuttosto dovremmo essere capaci di elaborare un nuovo patto con lo Stato forte della massima partecipazione possibile della comunità e, come trentini, dovremmo mostrare di saper prendere iniziative mai in contrasto con Bolzano, ma che rivelino una capacità di pensiero autonomo».
I due governatori, intanto, difendono la loro iniziativa. «Se il timore è che la Consulta risulti ridimensionata, nessuna preoccupazione — afferma Rossi —. Questo disegno di legge si riferisce all’aggiornamento rispetto alla riforma nazionale. Non si occupa infatti di Regione, di politiche legislative, di relazione tra Province e Comuni, di partecipazione dei cittadini.
Tutti temi che saranno oggetto del lavoro della Consulta e della Convenzione. Credo che siano stati utilizzati toni esagerati, sono francamente stupito. Spero che le parole di Dorigatti siano il frutto di un minuto di sconforto. Ho sentito parlare di scontro istituzionale, io non sono andato allo scontro con nessuno. Credo che siano parole eccessive».Sulla stessa linea il collega Kompatscher, che anzi interpreta la famosa mozione (Manica primo firmatario) con cui i trentini accettavano di trasferire alle Province gli enti locali all’interno di un disegno «più ampio» come un via libera all’operazione. «Siccome adesso c’è una situazione politica, forse, favorevole a livello di governo, allora è giusto procedere subito, perché altrimenti rischiamo di arrivare troppo tardi. Allora trovammo l’accordo per ritirare il ddl, prepararne uno più ampio e presentare anche una mozione condivisa su come si coordinano i lavori. L’accordo fu firmato da tutta la maggioranza. Ecco perché i nostri parlamentari hanno presentato questo disegno di legge: era tutto concordato».